Un cappuccino perfetto grazie ai consigli di Gualtiero Marchesi STORIE SOTTO L'OMBRELLONE

Il Giornale di Erba regala ai lettori di Giornaledicomo.it le più belle storie raccontate nel corso del 2019 sulle pagine del nostro settimanale. Una piacevole lettura sotto l'ombrellone.

Un cappuccino perfetto grazie ai consigli di Gualtiero Marchesi STORIE SOTTO L'OMBRELLONE
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Sulla piazza Colombo di Costa Masnaga, in provincia di Lecco, si affaccia un bar apparentemente ordinario ma che, in realtà, nasconde storie molto più ricche e suggestive di quanto si possa pensare. Si tratta del Mary’s bar, un locale storico del paese già noto dagli inizi per la prelibatezza del suo caffè, fondato alla fine dell’800 dalla famiglia Sala e attualmente gestito dal padre Achille con i figli Roberto e Silvana, senza contare il contributo offerto dagli altri membri della famiglia.

Un cappuccino perfetto grazie ai consigli di Gualtiero Marchesi

Particolarmente interessante è la storia di Roberto, classe 1972, che senza mezzi termini può essere considerato un vero paladino dell’espresso e del cappuccino, grazie a una serie di numerosi incarichi ed esperienze che porta con sé come un vasto bagaglio da condividere con gli altri. «Ho cominciato a lavorare in diversi locali della zona a partire dall’età di 19 anni, una volta finito il militare, acquisendo progressivamente una grande quantità di conoscenze in merito all’attività del barista». Con queste parole comincia a raccontare Roberto, occupato a servire con entusiasmo i clienti tra un tavolo e l’altro. «La svolta è arrivata tramite una serata di presentazione del caffè a Milano, durante la quale ho potuto conoscere l’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e l’Istituto Nazionale Espresso Italiano, due associazioni all’avanguardia».

La formazione di Roberto

Uno stimolo che ha permesso a Roberto di conoscere una realtà nuova, consentendogli di estendere il proprio raggio di attività ben oltre il bar di famiglia. «Ho effettuato un master di specializzazione come docente, grazie al quale, tramite diverse collaborazioni con numerose torrefazioni locali (i luoghi dove viene tostato il caffè), tengo attualmente diversi corsi di caffetteria, riguardanti tutto ciò che concerne il cappuccino e l’espresso, nelle varie dinamiche di produzione e di servizio».

Un altro step importante è stata la fondazione, insieme a diversi colleghi, dell’Italian Barista School, una scuola di insegnamento dell’Italian Coffee Art, che comprende diverse preparazioni a base di caffè in chiave rigorosamente italiana. «Il progetto è nato soprattutto per soddisfare l’esigenza di molti asiatici di conoscere la preparazione del cappuccino perfetto: da qui la nascita di scuole in diversi Paesi dell’Asia, in cui si tengono corsi di formazione con tanto di esame finale tramite un personale altamente specializzato e appositamente scelto per il ruolo, una caratteristica fondamentale dato che il progetto è sempre più in espansione». A partire da ciò, due delegazioni straniere, una proveniente dal Giappone, l’altra dalla Corea del Sud, sono giunte nel bar dei Sala, per affinare la preparazione dei prodotti e per rafforzare un legame culturale di estensione internazionale. Una lunga lista di traguardi dunque, in cui non va dimenticato quello forse più suggestivo per Roberto: la partecipazione alla cerimonia di certificazione del Cappuccino Italiano a Montecitorio, il 19 dicembre 2006, dopo un concorso indetto da Gualtiero Marchesi presso la Reggia di Colorno. «È stata un’esperienza indimenticabile, che mi ha procurato una grande soddisfazione», ricorda il barista visibilmente emozionato. Durante l’intervista la gente va e viene continuamente attraverso il bar, ed è questa una delle cose sicuramente più gratificanti per la famiglia Sala.

Il bar come luogo di incontro

«Il bar rappresenta prima di tutto un luogo di incontro per i clienti – precisa Roberto – ci consociamo tutti, ridiamo e scherziamo insieme. Al mattino il bancone è sempre pieno, le mamme si ritrovano qui dopo aver accompagnato i figli, i ragazzi si riuniscono insieme a bere la cioccolata la domenica, insomma è davvero un locale in cui si può fare comunità».

(Giornale di Erba, 2 febbraio 2019)

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