Fatture false ed estorsioni: 34 arresti tra Lombardia e Calabria VIDEO
L'inchiesta fa emergere anche rapporti tra gli indagati e alcuni personaggi legati alla ‘ndrangheta.
La Guardia di Finanza e la Polizia di Stato, sin dalle prime ore di oggi, stanno eseguendo, in Lombardia e in Calabria, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di trentaquattro persone (22 in carcere e 12 ai domiciliari), la maggior parte italiane, ritenute responsabili, a vario titolo, di reati tributari e fiscali, estorsione ed indebito utilizzo di carte di pagamento.
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Fatture false ed estorsioni: 34 arresti tra Lombardia e Calabria
Sequestrati beni per oltre 13 milioni di euro, comprese abitazioni riferibili ad un commercialista già tenutario di scritture contabili di società della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Milano e dai Militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Como e delle Compagnie di Como e Olgiate Comasco della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica lariana, hanno consentito di fare luce su un complesso sistema fraudolento che, mediante lo sfruttamento strumentale e illecito di numerose società cooperative e il ricorso massivo allo strumento dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, garantiva ingenti guadagni agli indagati, alcuni dei quali contigui alla criminalità organizzata calabrese.
Le accuse sono di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, occultamento e distruzione di documenti contabili, bancarotta per distrazione e documentale di 12 cooperative e 3 Srl, falso in bilancio, emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti, indebiti utilizzi di carte di credito, turbativa di due gare pubbliche. Le illecite dinamiche sarebbero state ideate da due professionisti Massimiliano Ficarra (commercialista titolare dello studio MA.GI.SA con sede a Gioia Tauro) e Cesare Giovanni Pravisano (ex funzionario della banca Commercio ed Industria di Milano), i quali utilizzando le loro competenze nel settore bancario hanno ideato ed attuato un sistema di frode finalizzato all’evasione fiscale, ininterrottamente replicato dal 2010, attraverso la sostituzione di società dolosamente e preordinatamente destinate al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuovi veicoli societari costituiti con la medesima finalità.
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Venivano costituite società cooperative di lavoro, quali soggetti giuridici di comodo intestati a prestanome e di fatto gestite da consorzi, nonché utilizzate come meri contenitori di forza lavoro e soggetti fiscali su cui dirottare gli oneri tributari e previdenziali, mai assolti nel decennio di attività. I due professionisti hanno abusato dello schema societario cooperativo non perseguendo alcuna
finalità mutualistica ma sfruttando la normativa di favore prevista per le cooperative soggetti al fine di effettuare operazioni commerciali con evidente scopo di lucro, a proprio vantaggio e non dei soci delle cooperative, relegati a sostanziali ruoli di meri lavoratori dipendenti.
Le cooperative oggetto di indagine erano tali solo sulla carta, ma di fatto erano vere e proprie società operanti prevalentemente nel settore delle pulizie e facchinaggio, ufficialmente intestate a cittadini italiani risultati essere dei meri prestanome, ma in realtà tutte riferibili ai due professionisti. Le pseudo-cooperative, che lavoravano in subappalto per conto dei consorzi, riferibili agli stessi Pravisano e Ficarra, rimanevano in attività per circa due anni generando volumi d'affari piuttosto consistenti, mediamente oltre 1 milione di euro, che però venivano completamente nascosti al Fisco in quanto le cooperative non presentavano alcuna dichiarazione fiscale.
Trascorso il periodo di operatività, le cooperative venivano lasciate inattive e ne venivamo costituite di nuove che operavano nel medesimo modo, con gli stessi clienti e nelle quali venivano trasferiti i soci/dipendenti i quali, nella gran parte dei casi, non erano neanche a conoscenza di essere inquadrati come tali. Tutti i guadagni delle cooperative venivano man mano prosciugati dai conti societari e fatti confluire attraverso bonifici e prelievi a conti intestati a terzi ma collegati ai due ideatori della frode. Erano oltre 200 le carte di credito e i conti intestati a cittadini romeni fatti arrivare appositamente in Italia per l'apertura di questi strumenti finanziari poi oggettivamente nelle disponibilità di Ficarra e Pravisano.
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