"Vi racconto la mia vita dopo il trapianto di cuore"
Il Giornale di Cantù regala ai lettori di Primacomo.it le più belle storie raccontate nel corso del 2021 sulle pagine del nostro settimanale. Una piacevole lettura sotto l'ombrellone.
«Vorrei ringraziare la famiglia di colui che mi ha donato il suo cuore. So solo che era una persona più giovane di me di una decina di anni. Penso che avere l’opportunità di vivere a seguito della scomparsa di un’altra persona non è una cosa da poco. E’ questo l’aspetto che mi emoziona di più in questa mia storia». Alvaro Colombo, 60 anni, è tornato a camminare solo ieri. A distanza di due settimane dal trapianto di cuore al quale è stato sottoposto, ha iniziato un lento percorso di riabilitazione. Ci vorrà ancora del tempo perché possa tornare a vivere la sua vita normale. Quella prima dei due infarti, l’ultimo dei quali a luglio dell’anno scorso, che hanno rischiato di ucciderlo. Ma ora, con il cuore nuovo, questo sarà possibile.
"Vi racconto la mia vita dopo il trapianto di cuore"
«Sabato 23 gennaio è entrata nella mia camera d’ospedale l’infermiera - ha raccontato, con la voce ancora provata dall’emozione - Mi ha passato al telefono il dottor Peverelli, il quale mi ha comunicato che aveva trovato il cuore e che stava andando a prenderlo. Mi ha chiesto il consenso all’operazione».
E lei non ci ha pensato due volte...
«Ho detto subito sì. A quel punto mi hanno trasferito dal Maugeri all’ospedale San Matteo di Pavia».
Cosa ha provato in quel momento?
«Un’emozione incredibile, che sento ancora adesso quando ci ripenso».
L’operazione si è svolta il giorno successivo.
«Sì. E’ durata dodici ore. Poi mi hanno tenuto sedato fino al lunedì pomeriggio e in Terapia intensiva, trattandomi con oppiacei e sedativi per contenere i dolori che sentivo».
Ricorda cosa ha pensato negli istanti precedenti di addormentarsi a seguito dell’anestesia?
«Ero felice perché volevo che quel momento arrivasse il prima possibile e questo stava succedendo».
Quale è stato invece il primo pensiero quando si è svegliato?
«Ho cercato di capire come stavo, cosa sentivo. Ma in realtà gli effetti degli oppiacei non mi consentivano di essere lucido, con il vantaggio di non sentire in quel momento alcun dolore»
Dopo l’operazione cosa è successo?
«Il martedì pomeriggio mi hanno portato in reparto. Però quella notte ho iniziato a non star bene e ad avere dolori molto forti».
Cosa hanno fatto i medici a quel punto?
«Hanno deciso di riportarmi in sala operatoria e mi hanno sottoposto a un’altra operazione. Mi hanno riaperto perché ho avuto un simil rigetto, abbastanza frequente in questi casi ma che i medici hanno risolto lavorando ancora sul cuore».
Superata questa operazione ha iniziato a stare meglio?
«Purtroppo no. Ho iniziato ad accusare dolori fortissimi, per i quali hanno iniziato a darmi farmaci e ancora oggi ne assumo una ventina al giorno. Per di più non riuscivo a dormire più di un’ora per notte. Però devo dire che sono stato monitorato e seguito da tutto il personale medico e infermieristico dell’ospedale in maniera eccezionale».
E’ stata dura in questa fase anche dal punto di vista psicologico?
«Sì, decisamente. E’ stato difficile con questi dolori affrontare la giornata, tenere alto il morale. Facevo anche fatica a parlare».
Quando ha iniziato a stare un po’ meglio?
«Direi giovedì, quando è venuto il fisioterapista. Mi ha tirato in piedi. Mi ha portato dal letto al bagno. Poi mi ha fatto fare un paio di esercizi di respirazione perché il torace non riesco ancora a dilatarlo bene».
Ieri, venerdì, c’è stato un altro passo in avanti, che ha voluto anche riprendere attraverso un video.
«E’ vero. Il fisioterapista ha provato a vedere se ero in grado di fare una piccola camminata, anche per misurare l’ossigenazione, e ci sono riuscito».
Quale sarà il prossimo step?
«Lunedì mi faranno una biopsia per controllare il mio cuore. Dovrebbero ripeterla la settimana successiva. Dopodiché potrebbero trasferirmi nuovamente al Maugeri dove inizierò la riabilitazione».
Ha idea di quando potrebbe uscire dall’ospedale?
«Dipende da come reagirà il mio corpo. Non penso comunque prima di un mese».
In questi giorni ha sentito la vicinanza delle sue persone care?
«Moltissimo. In modo particolare vorrei ringraziarne due, Dario Tagliabue e Katia Paonazzi, che mi sono stati molto vicini. Ma non solo loro...».
Chi altro?
«Faccio solo un esempio. Ho ricevuto gli auguri per la mia operazione dagli Stati Uniti d’America, dove c’è una signora americana che ho conosciuto e che, a dispetto della distanza, mi ha aiutato, come molti altri, a non sentirmi mai solo».
Sa già quale sarà la prima cosa che farà uscito dall’ospedale?
«Andrò a mangiare una pizza e a bere una birra».
(Giornale di Cantù, sabato 6 febbraio 2021)