‘Ndrangheta a Cantù: così si muovevano i criminali

Molti episodi, per paura, non sono stati nemmeno denunciati.

‘Ndrangheta a Cantù: così si muovevano i criminali
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Nelle prime ore della mattina odierna, nelle province di Milano, Monza e Brianza, Como, Pavia e Reggio Calabria, si è conclusa una vasta operazione di contrasto alla ‘ndrangheta condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Milano, in esecuzione di 3 provvedimenti applicativi di misure cautelari personali emessi nei confronti di 27 soggetti dal G.I.P. del Tribunale di Milano.

‘Ndrangheta a Cantù, i reati

I destinatari delle misure cautelari (21 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 3 misure interdittive della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio) sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione per un atto d’ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale.

Indagini dal 20015

L’attività trae origine dagli approfondimenti avviati nel 2015 dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Milano sui noti summit di ‘ndrangheta tenutisi a Legnano (MI) e a Paderno Dugnano (MI), già oggetto di indagini nell’ambito dell’operazione “Infinito”. L’investigazione ha consentito di identificare gli elementi di vertice della locale di Limbiate (MB) e di individuare un sodalizio dedito al traffico di ingenti quantitativi di cocaina, con base nel comasco, composto prevalentemente da soggetti originari di San Luca (RC), legati a cosche di ‘ndrangheta di notevole spessore criminale.

A Cantù diversi episodi violenti

Le investigazioni condotte dalla Compagnia Carabinieri di Cantù (CO), nell’alveo della più articolata indagine milanese, hanno avuto inizio a partire dall’ottobre 2015 all’indomani di una serie di episodi violenti che hanno interessato il centro cittadino di Cantù e che hanno destato un forte allarme sociale nella popolazione. Nella piazza centrale della città, infatti, si trovano i più frequentati locali pubblici e d’intrattenimento dell’area geografica di riferimento, in grado di richiamare la principale “movida giovanile” della provincia di Como e, di conseguenza, di muovere importanti interessi economici.

Il raid all'interno dello "Spazio"

Il complesso impianto investigativo, in particolare, ha inizio immediatamente dopo gli eventi che portarono, il 4 ottobre di quell’anno, ad un raid all’interno della Discoteca “Spazio” di Cantù, organizzato da un gruppo di personaggi originari della Provincia di Reggio Calabria e legati da stretti vincoli di parentela con una delle più potenti famiglie della ‘ndrangheta, quella dei “Morabito” di Africo (RC). Nella circostanza, vennero devastati il mobilio e le attrezzature, nonché aggredite alcune persone presenti nel locale. Ne conseguì l’intervento del personale addetto alla sicurezza che, conoscendo la fama del gruppo, mantenne comunque un atteggiamento prudente. Ad esporsi maggiormente, invece, fu MUSCATELLO Ludovico, il quale, forte del suo nome, reagì con determinazione, mettendo alla porta gli esagitati e ferendone uno al capo con un oggetto contundente. L’episodio in questione destò subito stupore e preoccupazione, soprattutto per il fatto che, fino a quel periodo, la discoteca Spazio, locale simbolo della “movida” canturina, non era mai stata teatro di particolari eventi criminosi. Tutti erano a conoscenza, infatti, del fatto che nel locale era presente la figura di MUSCATELLO Ludovico, nipote di Salvatore cl. 1934, capo della locale di Mariano Comense e personaggio ai vertici della ‘ndrangheta. Egli, con la sua presenza, esercitava un’azione di vero e proprio controllo e protezione all’interno del locale dove, pertanto, nessuno avrebbe mai osato creare problemi. Quello che, in un primo momento, all’occhio della cittadinanza, poteva apparire come uno dei frequenti episodi di violenza che accadono frequentemente nelle discoteche, si rivelò presto un fatto ben più grave ed assolutamente significativo. Il 10 ottobre successivo, infatti, MUSCATELLO Ludovico venne pubblicamente “gambizzato”, a colpi di pistola, all’esterno di un locale sito sulla via Al Monte di Cantù, proprio mentre si trovava in compagnia, al termine della giornata lavorativa, dei dipendenti della discoteca Spazio e degli addetti alla sicurezza, colpevole di aver osato contrapporsi a personaggi appartenenti alla famiglia “Morabito” di Africo.

La famiglia Morabito

Ben conoscendo gli equilibri criminali della zona, per gli investigatori questi fatti rappresentarono un importante segnale: alcuni personaggi appartenenti e contigui al ramo della famiglia “MORABITO”, direttamente discendente dal noto Morabito Giuseppe cl.34, alias “TIRADRITTO”, pur rispettando la suddivisione territoriale delle Locali di ‘ndrangheta, stavano tentando, con metodi sicuramente meno prudenti di quelli sinora adottati dai familiari del vecchio boss e più simili a quelli utilizzati in Calabria, di assumere in seno alla Locale di Mariano Comense un ruolo di maggior rilievo. Al ferimento del MUSCATELLO, infatti, malgrado la gravità dell’affronto, non seguirono altre ritorsioni o vendette tra i due gruppi antagonisti. Dopo le sue dimissioni dall’ospedale di Cantù, MUSCATELLO Ludovico non tornò più a lavorare nella discoteca canturina, preferendo spostarsi nel milanese. Nella discoteca “Spazio”, invece, presero piede gli odierni indagati, iniziando a comportarsi da veri e propri conquistatori: entravano a qualsiasi orario senza pagare le consumazioni, provocando risse e disordini, con il chiaro scopo di dimostrare pubblicamente la loro supremazia sul territorio. Il gruppo criminale in questione giunse, ben presto, a sottomettere gli addetti alla sicurezza ed a decidere, addirittura, chi potesse o meno accedere al locale.

L'azione dei criminali

L’azione dei nuovi soggetti “subentrati”, a dimostrazione dell’esistenza di un piano preordinato e ben strutturato, perfettamente in linea con le modalità tipicamente utilizzate dalla criminalità organizzata per assumere il controllo del territorio, non si limitò a prendere di mira la sola discoteca Spazio. Contestualmente, come è ben noto alla cittadinanza ed agli organi di stampa che, al riguardo, hanno diffusamente scritto, sulla piazza Garibaldi di Cantù ebbe inizio una serie interminabile di risse e di atti intimidatori che portò il gruppo criminale ad estendere la propria fama a tutti i locali della piazza, alla popolazione e, più in generale, nei territori della provincia ed in quelle limitrofe. Sino all’estate del 2016, il gruppo calabrese poteva entrare in qualsiasi locale della piazza senza pagare le consumazioni e facendo da padrone, terrorizzando i proprietari che, nella maggior parte dei casi, preferivano assecondare in silenzio il gruppo criminale.

Gli eventi

Nel periodo in argomento, solo per fare un esempio, tenuto conto che molti episodi, per timore, non sono stati neppure denunciati, si verificarono i seguenti significativi eventi utili per comprendere il clima venutosi a creare:
• il 15 ottobre 2015, il titolare del Bar Commercio, situato in Piazza Garibaldi, rinvenne, alla chiusura del locale, sul tettuccio della sua macchina, un proiettile cal. 9 mm parabellum;
• il 26 novembre 2015, un passante, a bordo della sua autovettura, dopo aver avuto un diverbio verbale con il gruppo di calabresi che ingombrava prepotentemente la strada impedendo il passaggio dei veicoli, venne fatto segno di vari colpi di pistola esplosi al suo indirizzo che attinsero la carrozzeria della macchina senza ferirlo;
• il 10 gennaio 2016, all’esterno della discoteca “Spazio Renoir”, avvenne una grossa rissa, con feriti, tra alcuni giovani avventori che vennero senza motivo provocati da un gruppo di persone risultate poi essere gli stessi indagati;
• il 15 gennaio 2016, il gestore della discoteca “Spazio Renoir” denunciò che ignoti avevano incendiato con una “molotov” l’insegna del locale;
• il 31 gennaio 2016, avvenne un’altra rissa all’interno del locale tra il gruppo di delinquenti e alcuni ragazzi, presi di mira e provocati senza alcun motivo.

Associazione mafiosa

Le indagini, in stretto rapporto sinergico con l’Arma di Milano e Monza, coordinate dalla D.D.A. di Milano, hanno quindi permesso di contestare ai seguenti soggetti, tutti con pregiudizi di polizia, il reato di cui all’art. 416 Bis del C.P. (associazione di tipo mafioso), in qualità di partecipi della Locale di Mariano Comense capeggiata da Salvatore Muscatello, cl. 1934, attualmente in carcere:

1. MORABITO Giuseppe, nato a Locri (RC) il 03 ottobre 1986, residente ad Africo (RC) via Nazionale s.n.c., di fatto domiciliato in Cantù (Co) via Milano n. 51, celibe,
2. STAITI Domenico, nato a Africo (RC) il 02 febbraio 1973, residente a Cantù (Co) via Milano n. 89, coniugato, pregiudicato per armi, attualmente detenuto per tentato omicidio;
3. DEPRETIS Rocco, nato a Melito di Porto salvo il 30.12.1995, residente a Cantù via Peschiera nr. 27, attualmente detenuto per tentato omicidio.

Alle seguenti persone, tutte con pregiudizi di polizia, assoldate ed apertamente schieratesi dalla parte dei succitati soggetti per i pestaggi e le intimidazioni, sono stati invece contestati i reati di estorsione, rissa, lesioni personali, con l’aggravante di aver commesso i reati per fini mafiosi:

1. SCORDO Andrea, nato a Melito di Porto Salvo il 22.02.1985, residente ad Africo in via Nazionale nr. 31;
2. ZUCCARELLO Manuel, nato a Napoli il 26.12.1989, residente a Cermenate, via Carlo Moreschi nr. 11;
3. MANNO Antonio, nato a Polistena il 20.07.1995, domiciliato a Cantù (CO), via Grandi nr. 7;
4. TORZILLO Valerio, nato Cantù (CO) il 07.10.1994, residente Cermenate via Virgilio nr. 65;
5. DI BELLA Luca, nato Lecco 11.12.1990, residente Vertemate con Minoprio (CO) via SS giovi nr. 48;
6. DUZIONI Jacopo, nato Como 15.09.1992 residente a Cermenate via Matteotti nr. 39.

Manno sparò a Giacalone

Una nota particolare è per MANNO Antonio. E’ il giovane che il 4 agosto del 2016 sparò due colpi di fucile a canne mozze ferendo gravemente GIACALONE Andrea, un barista di Cantù. L’evento si verificò nei pressi della piazza Garibaldi, più precisamente in via Corbetta, di fronte al locale pubblico “Grill House” (uno dei locali presi di mira dagli indagati), alla presenza di numerose persone. Si accertò che il motivo del tentato omicidio era stato causato da dissidi per motivi passionali. MANNO, che faceva parte del citato, che proprio in quel periodo stava affermando la propria supremazia territoriale, non poteva dunque permettere che qualcuno potesse insidiare pubblicamente la propria compagna. Decise, così, di infliggere pubblicamente la punizione al suo contendente nel modo più plateale e con stile inequivocabilmente mafioso.

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stefano

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