“A Erba mia figlia è nata due volte”. Inizia così il racconto che Michela Musante, professoressa di lettere residente a Cermenate, ci fa per introdurre il suo libro “L’ospite. Storia di un trapianto”.
“Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli”
La donna è la mamma di due gemelli nati ormai 17 anni fa all’ospedale Fatebenefratelli di Erba:
“Io sono di Milano e sono cresciuta a Como, ma mia cognata lavora da sempre al Fatebenefratelli come attrezzista in sala operatoria e uno dei migliori amici di mio marito era anestesista lì, così quando si è trattato di scegliere dove far nascere i nostri due gemelli abbiamo scelto Erba: qui mi sentivo ‘a casa’”.
E così non ci sono stati dubbi su dove fare riabilitazione una volta operata lei stessa di anca anni dopo, nel 2019:
“Ero in riabilitazione al “Sacra Famiglia” e sentivo mia figlia Lucrezia al telefono un po’ stanca e strana: lei era una supersportiva, faceva pattinaggio agonistico e danza classica, e così davamo la colpa alla stanchezza e alla preadolescenza, ma in pochissimi giorni la situazione è peggiorata e quando mi sono venuti a trovare in ospedale mi sono spaventata: era gialla e aveva macchie di porpora sulle gambe. L’ho portata in Pronto Soccorso ed è stata subito ricoverata in Pediatria”.
Dopo i primi accertamenti che hanno escluso epatite, leucemia e meningite, furono il pediatra storico del Fatebenefratelli, Giancarlo Calligari, e le colleghe Rosanna Taibi e Silvia Dalmazzone ad avere il sospetto:
“In poche ore il fegato di Lucrezia non funzionava più – continua la mamma – Calligari mi disse di sospettare una malattia genetica rarissima. Mi disse di averla vista raramente ma di averla studiata con i colleghi di Bergamo. Per questo ci suggerirono il trasferimento proprio lì”.
Lucrezia finì in Terapia intensiva, attaccata alle macchine che la tenevano in vita e in poche ore, alla conferma della diagnosi sospettata, il morbo di Wilson, iniziò “la discesa agli inferi”, come la chiama Michela Musante:
“Lucrezia stava morendo e non ce ne eravamo accorti: se a Erba non avessero intuito la diagnosi e allertato subito Bergamo, Lucrezia non sarebbe qui”.
La sera stessa del ricovero a Bergamo la ragazzina fu messa in cima alle liste trapianti ed esattamente una settimana dopo, il 19 aprile, fu sottoposta a un trapianto totale di fegato, l’unica soluzione per salvarle la vita.
Dagli appunti presi in ospedale quasi per poter capire cosa stesse succedendo e forse anche metabolizzarlo, mamma Michela ne ha tratto un libro, in qualche modo catartico:
“Un’esperienza così forte può essere un’importante testimonianza per sensibilizzare sui trapianti, ma volevo anche lasciare a Lucrezia una memoria di quei giorni”.
E giovedì sera si sono ritrovati tutti dove tutto è iniziato: Michela Musante ha presentato il suo libro proprio nell’aula magna dell’ospedale, insieme a Enrica Atzori della biblioteca, e Fabio Focarile, attuale primario di Pediatria, ma anche Calligari, Taibi e Dalmazzone:
“Per me essere qui è una grande emozione, ho sentimenti di dolore e gioia insieme – ha sottolineato Musante – Ma una cosa è certa: Lucrezia qui è nata due volte, alla sua nascita e quando le è stata salvata la vita”.
“Lucrezia è stata uno degli eventi più impegnativi e drammatici della nostra vita professionale – ha sottolineato Calligari – La nostra forza è stato collaborare ed è una grande emozione vederla qui davanti a noi”.