I 30 km/h nelle città sono il limite della discordia per il Partito Liberale di Como
"Un automobilista che percorre una strada urbana con attenzione, a 50 km/h rappresenterà un rischio estremamente più basso di un automobilista che guida stressato e/o distratto a 30 km/h", si legge nel testo
"Il DL 76/2020 ha definito le “strade urbane ciclabili”. Il “bonus” monopattino ha scatenato l’uso di questo mezzo nelle nostre città. L’introduzione del limite dei 30 km/h, pensato per ridurre i rischi di incidente in alcune strade di quartiere, è stato adottato in modo generalizzato, come a Bologna, o per strade nelle quali la convivenza fra veicoli a motore, biciclette e monopattini è assai problematica, come viale Monza e Corso Buenos Aires a Milano.
L’ossessione di raggiungere obiettivi “green” ha generato flussi di traffico con pedoni, ciclisti, veicoli a motore obbligati a condividere le stesse strade, a incrociarsi continuamente, flussi caotici che si sovrappongono e aumentano il rischio di collisione su strade “non pensate e strutturate” per sopportarli".
Comincia così la lettera scritta dal Partito Liberale di Como che protesta contro la tendenza a sostenere l'utilizzo della mobilità dolce o della micromobilità elettrica nella maggior parte delle città italiane e con il conseguente abbassamento a 30 km/h del limite di velocità in strade non pensate e costruite per ospitare tutti questi veicoli contemporaneamente.
La protesta
"Dopo aver creato il caos occorre, ora, dare delle risposte. La risposta più semplice è attribuire la colpa al traffico a motore, citando modelli di riferimento e studi fatti per città molto diverse, urbanisticamente parlando, e provando ad applicarli, in maniera molto goffa, con un copia-incolla.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Basta percorre, ad esempio, viale Monza o corso Buenos Aires per comprendere le troppe criticità emerse. L’anarchia spesso regna sovrana fra le due categorie più “fragili”, i pedoni e ciclisti, i veicoli a motore sono in difficoltà nel nuovo flusso per l’enorme attenzione richiesta, anche a bassa velocità. Esistono comportamenti, facilmente individuabili, che rendono il traffico pericoloso: ad esempio, un ciclista che viaggia in contromano sulla carreggiata, un pedone che non presta attenzione al traffico, un conducente che usa il cellulare o le app installate sul proprio veicolo o fuma una sigaretta.
La distrazione è la prima causa di incidenti. Le statistiche lo confermano abbondantemente. Il non rispetto di regole e comportamenti e la mancanza di buon senso, da qualunque parte arrivino, aumentano il rischio d’incidente. Segnaletiche orizzontali e verticali non chiare o illeggibili, mal posizionate o confusionarie, pavimentazioni stradali dissestate -talvolta vere e proprie trappole mortali anche a bassa velocità- sono ulteriori elementi che contribuiscono alla pericolosità di una strada. Anche regole troppo stringenti possono produrre effetti di rimbalzo.
Un automobilista che percorre una strada urbana con attenzione, a 50 km/h rappresenterà un rischio estremamente più basso di un automobilista che guida stressato e/o distratto a 30 km/h. Un monopattino elettrico che procede a 20 km/h sul marciapiede, in presenza pedoni e/o bambini, è pericoloso e basta.
Più un veicolo è pesante più saranno gravi le conseguenze in caso di incidente; ad esempio, un veicolo che pesa 2 tonnellate e viaggia a 30 km/h avrà una forza d’urto superiore a quella di un veicolo che pesa una tonnellata e viaggia a 50 km/h (la fisica degli urti lo insegna). L’impatto di un pedone o un ciclista con un camion o un autobus ha spesso conseguenze fatali anche a velocità molto bassa velocità.
E allora perché, data la difficoltà a regolare questi nuovi flussi di traffico, senza proporre soluzioni dogmatiche e ideologiche, non ci si siede attorno ad un tavolo con i cittadini, per identificare le criticità e adottare risposte condivise? Le imposizioni standardizzate rischiano di essere solo un “pastrocchio” buono per i mediocri.
Ognuno faccia la sua parte, adotti comportamenti rispettosi degli altri e le soluzioni siano condivise, non imposte.
Ci auguriamo che, almeno nella nostra provincia, le amministrazioni pubbliche si confrontino con i propri cittadini per condividere le soluzioni, dimostrando capacità nel governo del territorio. Conoscenza, consapevolezza, responsabilità e condivisione sono fondamentali per la risoluzione di ogni problema".