“Sotto i cavalli del sole”, mostra alla ex Tintostamperia Val Mulini
Nei week-end dal 20 aprile al 19 maggio sarà possibile visitare l’antologia di e con Gaetano Orazio.
“Sotto i cavalli del sole” è l’esposizione che narra la storia dell’artista Gaetano Orazio. Inaugurazione sabato 20 aprile alle 17, alla ex Tintostamperia Val Mulini, a Como.
Il caso Orazio
La mostra “Sotto i cavalli del sole”, un’antologia di e con Gaetano Orazio, sarà negli spazi della ExTintostamperia Val Mulini nei week-end dal 20 aprile al 19 maggio. Protagonista dell’esposizione, la narrazione di un artista che ha vissuto la propria vita a regola d’arte. Quarant’anni di pittura, ripercorrendo i principali periodi: dalla fabbrica alle carte bruciate e al torrente, fino al Trovante si vuole raccontare Gaetano e la sua favola fatta da persone e incontri, luoghi e animali.
L’evento fa parte di Gener-Azioni 24, il programma di azioni temporanee per la rigenerazione del comparto industriale dismesso della ex Tintostamperia Val Mulini voluto da Confcooperative Insubria e dal Consorzio Abitare. In queste settimane è stato avviato il percorso amministrativo per le necessarie autorizzazioni per iniziare i lavori di recupero dell’area. Il progetto ha fatto proprie esperienze ed esigenze maturate nel corso di Gener-Azioni.
Il programma di “Sotto i cavalli del sole"
Inaugurazione sabato 20 aprile alle 17. La mostra è visitabile tutti i fine settimana dalle 16 alle 19 o su appuntamento contattando il numero 339-52352202. Inoltre, il primo maggio, a cura di Pietro Berra e Sentiero dei Sogni, “Le vie del Lavoro”, passeggiata dall’ex Tintostamperia Valmulini al Museo della Seta. Il 5 maggio “Nel mezzo del cammin della mostra”, un’improvvisazione di Sergio Sironi con Gaetano Orazio. Il 12 maggio Action painting con le salamandre e il 19 finissaggi sensoriale.
Cenni sulla storia dell’artista
Gaetano Orazio nasce ad Angri (Salerno) nel 1954. Si trasferisce in Brianza e, nei primi anni Ottanta, mentre lavora come operaio in fabbrica, si scopre pittore. Comincia a dipingere da autodidatta per rispondere a un bisogno espressivo interiore. Inizia trasportando su tela ciò che vede durante le sue giornate: la fatica del lavoro, il grigiore delle periferie, l’alienazione provocata dalla fabbrica. La figura umana sarà poi il filo rosso che unirà tutta la sua arte. In questi anni, avviene l’importante incontro con Giovanni Testori che vede in lui quella capacità di sporcare il colore e di entrare in stretto contatto con la materia pittorica, che è per Gaetano necessità viscerale. All’inizio degli anni Novanta, Gaetano e la sua famiglia si trasferiscono a Cremella (Lecco). Nel 1993 avviene l'incontro con il torrente. Quando Gaetano va per la prima volta a dipingere sul fiume che scorre da San Pietro al Monte a Civate, parte e non ritorna più uguale a prima. In quel luogo si riconosce, impara a scorrere sulle cose, così come il fiume fa scendendo dalla montagna. Gaetano sente un’attrazione fanciullesca dentro di sé e inizia a dipingere il microcosmo del bosco. Per anni i soggetti dei suoi quadri sono salamandre, rocce, alberi, castagne d’acqua e li dipinge appoggiando il supporto sul letto del fiume, in qualsiasi condizione climatica, in un rapporto primordiale e intimo con la natura.
Negli anni Novanta incontra Maurizio Cecchetti, con il quale realizza a Cesena la sua prima mostra personale dedicata alle “carte bruciate” e ai primi lavori del torrente. In questo periodo, in bilico tra fabbrica e torrente, Gaetano continua a riflettere sulla condizione umana e sperimenta con la tecnica, usando carta catramata, colorata con china, carboncini e poi bruciata, strappata. Nelle carte bruciate il nero è il colore prevalente che, però, non è da intendersi come l’assenza totale di colori, ma come il punto dal quale inizia la luce. Grazie a una mostra allestita nella galleria milanese di Jean Blanchaert, nel 2000 incontra Philippe Daverio, con il quale instaura un’amicizia profonda e duratura. Daverio, che definisce Gaetano “un artista sciamano”, comprende che i suoi quadri vanno oltre la pittura e raggiungono una ricerca interiore profonda e ancestrale. Nel 2003 si tiene una mostra dal titolo Il Trovante, il cui soggetto principale delle opere torna a essere l’uomo, raffigurato di nero, senza braccia e nel quale Gaetano si identifica. La parola “trovante” è un termine utilizzato nell’Ottocento da Antonio Stoppani, geologo lecchese, il quale definisce “trovanti” i massi erratici che, a causa del disgelo, rotolano a valle. Facendo il percorso inverso, che dal Meridione lo ha portato in Brianza, allo stesso modo Orazio si sente adagiato sul letto del fiume intento a trovare il senso ultimo del cosmo. Nel 2016 realizza una mostra personale presso il Palazzo Delle Paure di Lecco dal titolo A grandi bracciate nell’oscurità, nella quale affronta il tema dell’identità. Nel 2018 avviene forse l’incontro più importante di tutti, quello con il vero Trovante. È un’ombra che si vede sul fianco del Corno Birone e che appare per circa due ore al giorno. Se la si osserva, si comprende come questa sia la stessa forma che Gaetano dipingeva già da anni, ma senza conoscerla. Il Trovante rappresenta il suo daimon, quella figura umana con cui tutto è iniziato, senza le braccia, ma con un’ala che gli permette di trovare il senso della sua chiamata. Con il Trovante si chiude il cerchio. E Gaetano si mette in mostra