Un canturino è stato in Afghanistan con Emergency
Il protagonista è Paolo Rodi, 29 anni
E’ stato in Afghanistan per due settimane, dal 22 settembre sino al 6 ottobre, con l’obiettivo di partecipare a un progetto di Emergency e di Crimedim - l’Istituto di ricerca in medicina dei disastri dell’università del Piemonte Orientale - per tracciare un report sulla situazione sanitaria dello Stato da poco uscito dalla guerra. Paolo Rodi, 29 anni, canturino doc, è laureato in Medicina e sta proseguendo nel percorso di specializzazione all’ospedale di Zurigo. Malgrado la giovane età può vantare un curriculum d’eccellenza, che lo porterà tra l’altro, tra pochi giorni, a proseguire il suo percorso di ricerca sempre all’interno del Crimedin.
Un canturino è stato in Afghanistan: il racconto
«Ho frequentato il liceo scientifico Fermi e durante il quarto anno sono stato negli Stati Uniti per migliorare il mio inglese - ha raccontato - Con il diploma in mano, mi sono iscritto alla International Medical School, ossia il corso in inglese in Medicina dell’università Statale di Milano. E’ un indirizzo che ovviamente prevede la possibilità concreta del laureando di intraprendere una carriera professionale non necessariamente in Italia. Tanto è vero che ho svolto anche due anni in Erasmus a Monaco di Baviera, dove ho perfeziona il tedesco».
Conseguito il diploma di laurea nel 2020, ha iniziato la specializzazione a Berlino per un anno, per poi proseguirla a Zurigo.
«Nel frattempo ho frequentato un master di due anni in Medicina dei disastri al Crimedim, vale a dire sull’organizzazione e prevenzione sanitaria in caso di disastri e maxi emergenze, nel momento in cui il numero di pazienti da assistere è di fatto di gran lunga maggiore rispetto alla capacità del sistema sanitario locale». Anche grazie a questo master, gli è arrivata la proposta di prendere parte al progetto di ricerca di Emergency in Afghanistan. «Questo perché tra i miei interessi di studio c’è anche la cosiddetta Chirurgia globale, che ha l’obiettivo di garantire l’accesso alle cure chirurgiche e di emergenza a tutti gli esseri umani. Così sono partito con il team per l’Afghanistan, dove Emergency ha tre ospedali rispettivamente ad Anaba, Kabul e Lashkar Gah. A queste si affiancano 42 piccole cliniche, che garantiscono cure primarie, soprattutto nelle zone rurali».
"Il 70% della popolazione ha rinunciato a cure mediche"
La squadra ha girato 11 province dello Stato e il report sarà pubblicato tra alcuni mesi. «Abbiamo visitato anche ospedali pubblici. La Nazione sta vivendo un momento di grave difficoltà economica. Un dato è estremamente rilevante quanto alle Sanità. Il 70 % della popolazione, infatti, ha rinunciato alle cure mediche perché troppo costose o le prestazioni difficilmente erogabili».
Rodi ha fatto anche alcuni esempio.
«Spesso i pazienti delle zone rurali si trovano a dover percorrere a piedi 2-3 ore di strada prima di riuscire a trovare un passaggio in automobile. Questo solo per raggiungere una struttura ospedaliera. Da un lato ci sono i problemi economici delle famiglie e le cure mediche costose, ma dall’altro vi è anche semplicemente la difficoltà di raggiungere gli ospedali».
Manca poi un’educazione sanitaria nella popolazione.
«E’ successo recentemente che un ragazzino sia stato morso da un serpente. Il padre, per evitare che il veleno raggiungesse il cuore e in attesa di arrivare in ospedale, ha fatto un’azione corretta, ossia quella di applicare un laccio emostatico al braccio. Il problema è che, differentemente da quanto dovrebbe avvenire, non lo ha tolto ogni 2-3 ore per consentire al sangue arterioso di riprendere a circolare. Cosicché, giunto in ospedale, il braccio del ragazzino era in cancrena e hanno dovuto amputarlo».
Una situazione di grande difficoltà dal punto di vista sanitario è anche quella che vivono le donne, «che fanno fatica a essere ascoltate circa il loro reale stato di salute».
Il nuovo percorso
Ora, mentre prosegue il percorso di specializzazione, Paolo Rodi intraprenderà un nuovo percorso di ricerca al Crimedim, su un tema a lui particolarmente caro:
«Nell’ambito della Chirurgia globale, l’idea è quella di indagare circa le strategie politiche e governative per migliorare l’accesso alle cure chirurgiche in contesti fragili o di conflitto. Perché la soluzione in questi casi può non essere solo costruire un nuovo ospedale, ma mettere anche i pazienti nelle condizioni di accedere a quelli già esistenti. Poi in futuro mi piacerebbe continuare a collaborare con Emergency».