Gabriele Frigerio Porta: da Cantù alla Nuova Zelanda
"In Nuova Zelanda ho valorizzato le mie competenze"
Da Cantù alla Nuova Zelanda: la nuova vita di Gabriele Frigerio Porta.
Il trentottene canturino nel 2014, dopo la laurea magistrale ha deciso di iniziare una nuova avventura all'altro capo del mondo.
Il racconto
Spiega così la prorpia scelta Gabriele:
"Nel 2014, dopo la laurea magistrale in Scienze statistiche attuariali all’Università Cattolica, notavo poche opportunità di lavoro in Italia, sia per me sia per la mia attuale moglie, al tempo compagna, così è venuta fuori l’idea di spostarci all’estero. Io precedentemente avevo già fatto un’esperienza in Australia, ma questa volta, dopo attente valutazioni, la scelta è ricaduta sulla Nuova Zelanda. Inizialmente siamo approdati ad Auckland e pian piano abbiamo costruito il nostro percorso nella realtà neozelandese, che, a differenza dell’Italia, ci ha dato la possibilità di crescere, soprattutto a livello professionale. Attualmente, invece, siamo a Wellington, dove si vive abbastanza bene, non dico che è tutto perfetto, ma qui si avverte un certo senso di comunità, che porta ad avere attenzione per i bisogni delle altre persone".
La differenza tra le due città
Wellington è la capitale, ma Auckland è la città più popolosa:
"Nel metterle a confronto le differenze sono nette, in generale la Nuova Zelanda è molto verde e ci sono grandi spazi tra i centri abitati, ma Auckland è l’unica vera metropoli. Noi, con il tempo, abbiamo scelto Wellington perché si tratta di una città suggestiva. Spesso passeggiamo nella zona dell’oceano e osserviamo delfini, pinguini e anche balene. La bellezza della natura splende in tutta la sua magnificenza".
La passione per i viaggi
Gabriele ha sempre visto l’estero come un mondo da scoprire:
"Di base amo viaggiare e relazionarmi con le altre culture, quindi penso di avere la giusta predisposizione per stare bene fuori dall’Italia. Ho girato tanti Paesi, soprattutto in Europa, e inoltre ho avuto il piacere di andare negli Stati Uniti per presentare una mia ricerca in una conferenza. Negli ultimi anni, però, purtroppo il Covid ha un po’ limitato tanti spostamenti che avevo previsto".
Il lavoro in Nuova Zelanda
In Nuova Zelanda, Gabriele è riuscito a incastrare le sue competenze all’interno di una professione che gli dà tante soddisfazioni: "Attualmente io sono un analista statistico per il ministero dell’Istruzione e lavoro nell’ambito dell’educazione terziaria, quindi nel mondo universitario. In particolare mi occupo del sistema dei prestiti per gli studenti che desiderano proseguire il proprio percorso di studi. Tra l’altro, mia madre è un’insegnante, quindi mi fa piacere poter applicare la mia materia nel campo educativo".
I progetti per il futuro
Per quanto riguarda il suo futuro, Gabriele tiene aperte ancora tutte le possibilità:
"Non voglio precludermi nulla, al momento mi trovo bene in Nuova Zelanda e quindi penso di restare qui, perché sento di poter fare ulteriori step, anche a livello di carriera. Ma non escludo, nei prossimi anni, di intraprendere nuovi e stimolanti percorsi, anche in altri Stati. Magari un rientro definitivo in Italia sarà difficile, però non lo considero impossibile. Sicuramente l’Italia rappresenta un mercato molto diverso rispetto ai Paesi anglosassoni, quindi ho qualche dubbio che il mondo del lavoro italiano, attualmente, sia ricettivo nell’inserire figure professionali come la mia".
Il legame con l'Italia
Il legame affettivo con l’Italia rimane vivo sopratutto con la realtà di Cantù:
"I miei genitori e mio fratello si trovano lì e quindi, quando posso, rientro sempre volentieri. Proprio l’anno scorso, dopo qualche anno di assenza per il Covid, ci siamo rivisti a Cantù. Poi, nonostante la distanza, mi piace sempre seguire le notizie locali e soprattutto la Pallacanestro Cantù, che rappresenta una mia grande passione. Inoltre, mio padre è il presidente del Carnevale canturino e perciò seguo, con piacere, anche quest’attività. Chiaramente non è facile interagire in modo continuativo, in generale, con l’Italia, perché ci sono ben 12 ore di differenza, ma faccio quel che posso".
Anche il viaggio in aereo per arrivare nel nostro Paese è molto lungo:
"Comprendendo gli scali, dalla Nuova Zelanda all’Italia ci vogliono circa 30 ore, serve più di un intero giorno. Sicuramente è uno spostamento non da poco. Servono 6 ore per arrivare solo negli Emirati Arabi. Purtroppo non c’è un volo diretto".
Gli italiani in Nuova Zelanda
In Nuova Zelanda si trovano pochi italiani:
"Una piccola comunità c’è, ma è molto raro incontrare nostri connazionali, io personalmente ho degli amici italiani ad Auckland, che provengono dalle zone di Chiesa in Valmalenco. Ma ho costruito più legami con i sudamericani. Nelle mie relazioni c’è un po’ un “melting pot” di culture".
Sulle differenze tra l’Italia e la Nuova Zelanda, Gabriele evidenzia:
"Fin da subito, nei neozelandesi mi ha colpito l’approccio alla vita, completamente diverso rispetto a noi italiani. Qui nessuno giudica gli altri. Se uno volesse andare in giro a piedi nudi per strada, può benissimo farlo, anzi veramente accade. Si può anche andare al supermercato in pigiama. Tutto ciò da un lato è positivo, perché si percepisce libertà, ma sotto un altro punto di vista risulta eccessivo, manca un po’ il senso del limite in alcune circostanze. Per quanto riguarda il clima, invece, qui si usa l’espressione “Quattro stagioni in un solo giorno” per indicare la grossa variabilità all’interno delle 24 ore. Stando vicini all’oceano, dipendiamo molto dai venti. Magari si può ritrovare qualche somiglianza con Trieste, dato che qui il vento può essere veramente dirompente e se arriva dal Polo Sud è anche piuttosto gelido. Quando è molto forte, non si può neanche uscire di casa. Inoltre, qui è anche zona sismica e si verificano pure delle frane. Su questi aspetti sicuramente non è facile vivere sereni. Io, tra l’altro, ho fatto anche il mio dottorato sui terremoti e la loro interazione con gli altri rischi naturali. L’ultima scossa forte l’abbiamo avuta nel 2016 e ha provocato grossi disastri. Poi tante differenze, ovviamente, riguardano anche l’alimentazione. In Nuova Zelanda arrivano veramente pochissimi prodotti italiani. Per fortuna posso dire di cavarmela bene ai fornelli, quindi soffro meno il problema. Ma di base non c’è una grandissima cultura culinaria, forse giusto negli ultimi anni i neozelandesi stanno iniziando a scoprire meglio le pietanze che si trovano nelle altre parti del mondo, però un piatto di pasta è meglio non prenderlo qui. L’Australia, per quanto riguarda la cucina internazionale, è decisamente più evoluta. Il punto forte della Nuova Zelanda è sicuramente la carne, che spesso viene esportata, pure in Italia".