Nuovo progetto solidale

In missione in Libano consegnando aiuti umanitari grazie alla generosità di benefattori comaschi e non solo

Distribuzione insieme a Mediterranean Hope a Beirut e a Tripoli, documentando storie di sopravvivenza e progetti che seminano opportunità di riscatto.

In missione in Libano consegnando aiuti umanitari grazie alla generosità di benefattori comaschi e non solo
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Più di tre anni di viaggi di solidarietà raggiungendo da Villa Guardia la martoriata Ucraina, ora una missione umanitaria anche in Libano.

In missione con "Frontiere di Pace"

Distruzione causata dai bombardamenti nella zona sud di Beirut

Il progetto definito nei mesi scorsi in risposta all’emergenza in Libano, è stato pensato a favore della popolazione libanese sfollata e in fuga dai bombardamenti israeliani e anche a sostegno di chi in Libano vive in condizioni di totale precarietà: come i palestinesi e i siriani, come le 20.000 persone concentrate nel campo rifugiati di Shatila, a Beirut. In viaggio con Giambattista Mosa, coordinatore del gruppo di volontari "Frontiere di Pace", anche il Giornale di Olgiate, presente con Nicola Gini, documentando la complessa realtà libanese e gli sforzi per innestare un messaggio di speranza.

Gli aiuti umanitari

Nicola Gini, responsabile del Giornale di Olgiate: in Libano con Frontiere di Pace
Giambattista Mosa durante la prima giornata di distribuzione di aiuti umanitari a Beirut

Il progetto dei volontari che hanno base nella parrocchia di Maccio, a Villa Guardia, ha suscitato empatia e condivisione: raccolti generi di prima necessità e fondi nel periodo prenatalizio e all’inizio di gennaio. Così è stato possibile concretizzare una fondamentale e profonda sinergia in Libano con Mediterranean Hope, il programma della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia per rifugiati e migranti. In questi giorni, quindi, la distribuzione degli aiuti.

La sinergia con Mediterranean Hope

Marta Barabino e Giambattista Mosa

"Frontiere di Pace" ha ricevuto accoglienza sabato 12 aprile da Mediterranean Hope, dal 2016 in Libano. Grazie a Marta Barabino, 27 anni, presente sul campo, in particolare responsabile dello specifico progetto denominato Medical Hope: “Ci occupiamo di corridoi umanitari, supporto alla salute e accesso a qualunque procedura sanitaria per le persone in difficoltà economica. Durante la guerra ci siamo occupati e ci occupiamo anche di distribuzione di pacchi famiglia e beni di prima necessità per la popolazione rifugiata e migrante”. Attività affiancata in questi giorni da "Frontiere di Pace": tramite una miriade di benefattori del territorio comasco e non solo, messi a disposizione 6.000 chilogrammi di cibo e prodotti per l’igiene personale, più una preziosa scorta di farmaci.

La distribuzione

Ben 300 sacchi, ognuno con 20 chilogrammi di aiuti umanitari: distribuzione avviata nella mattinata di sabato nella zona sud di Beirut, a Sabra e Shatila. Poi, nel pomeriggio, altre famiglie bisognose arrivate alla sede di Mediterranean Hope, nel quartiere Geitaoui a Beirut. Mamme, papà, bimbe e bimbi palestinesi, libanesi, siriani, eritrei. Cibo e prodotti per l’igiene consegnati anche domenica 13 aprile, facendo tappa al convento francescano nella città di Tripoli. Gli aiuti sono per chi ne ha bisogno: senza differenze, abbattendo barriere.

“Ringraziamo tutti i donatori che hanno contribuito alla raccolta per il progetto in Libano - sottolinea Giambattista Mosa - La missione in Libano è iniziata mentre stava per concludersi la 34esima missione in Ucraina. Davvero la nostra gratitudine è per chi continua a sostenere i nostri progetti, come la Caritas diocesana di Como”. La distribuzione prosegue anche nel corso della giornata odierna, lunedì 14 aprile.

Il campo rifugiati di Shatila

Majdi Majzoub nel campo rifugiati di Shatila

Tra le visite a Beirut, quella nel campo rifugiati di Shatila. Dove Majdi Majzoub, 53 anni - il capitano - incarna un progetto eccezionale: lo sport come veicolo per abbattere ogni barriera. Il campo è una concentrazione di esseri umani - 20.000 persone - cresciuto precariamente un piano sopra l’altro.

Non c’è fognatura, i cavi elettrici penzolano sulle teste di chi si insinua nel dedalo angusto tra un edificio e l’altro. Non filtra luce del sole per chi vive in basso.

In alto, al sesto piano di una costruzione connessa da un livello all’altro da ripide scale a sbalzo, spunta una palestra, anche un piccolo centro aggregativo, educativo e ricreativo per bimbe e bimbi, ragazze e ragazzi. Il sogno trasformato in realtà da Majdi: calcio, basket, boxe. E col progetto “Basket Beats Borders” ha creato una squadra di pallacanestro femminile. Opportunità in un luogo dove la sopravvivenza è il primo obiettivo. Un’occasione per respirare speranza e coltivare anche il riscatto sociale delle ragazze, non relegandole in casa. Frontiere di Pace ha raccolto la storia e l’impegno di Majdi, che attraverso lo sport ha liberato risorse inespresse. E disegnato orizzonti che scardinano logiche disumane. Un percorso che, ora, diventa di reciproca amicizia.

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