il personaggio

Chiara Cazzaniga inviata per "Chi l'ha visto?"

Dal 2013 lavora con Federica Sciarelli per il programma Rai

Chiara Cazzaniga inviata per "Chi l'ha visto?"
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Attraverso il suo microfono dà voce alle storie degli altri e le porta a «Chi l’ha visto?», storico programma targato Rai. Lei è l’inviata Chiara Cazzaniga, 46 anni, orgogliosamente marianese anche se il lavoro l’ha portata a trasferirsi a Roma.

Chiara Cazzaniga inviata per "Chi l'ha visto?"

Qual è stato il suo percorso per approdare in Rai?

«Ho vissuto a Mariano fino a 19 anni, poi mi sono laureata all'Università Ca' Foscari di Venezia in arabo, alla facoltà di Lingue e civiltà orientali. Successivamente mi sono trasferita a Urbino dove ho frequentato la scuola di giornalismo. In quel periodo ho fatto uno stage a Roma all'interno del Tg5, all'epoca il direttore era Enrico Mentana. Quando ha lasciato il telegiornale si è ricordato di me, in quanto ero l'unica a sapere l’arabo e quelli erano gli anni della guerra in Iraq. Nel 2005 mi sono trasferita a Roma per lavorare a Matrix. Dopo Mediaset sono passata in Rai dove ho lavorato in diverse trasmissioni, dal 2013 sono a “Chi l'ha visto?”».

Qual è la parte più impegnativa del suo lavoro?

«Sono impegnativi sia il lavoro d'inchiesta, sia il dover affrontare e condividere il dolore delle persone. Per noi tutte le storie sono importanti, non ci sono scomparsi di serie “a” e scomparsi di serie “b”. Serve sempre cercare di capire cosa c'è dietro le storie e mostrarle nella loro complessità».
Trattate sempre di temi delicati, come riesce ad affrontarli dal punto di vista emotivo senza poi trasportare il peso di questi casi anche nella vita privata?
«Si cerca di dividere la sfera professionale da quella privata per non portare a casa il lavoro, anche se a volte è più difficile. Ci sono alcuni casi dove si instaurano anche dei rapporti che vanno al di là del lavoro. Mi viene in mente la vicenda di Piera Maggio (la mamma di Denise Pipitone, la bambina rapita nel 2004 a Mazara del Vallo, ndr) di cui mi occupo da oltre 10 anni. La maggior parte dei familiari si affida a noi, ci fa entrare nelle loro case e a loro noi chiediamo di raccontarci tutto, anche ciò che poi come giornalisti decidiamo di non rendere pubblico perché non strettamente necessario».

Il caso

Nel 2015 ha seguito il caso dell'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo cineoperatore Miran Hrovatin, uccisi nel 1994 in Somalia, riuscendo a intervistare il supertestimone che poi, di fatto, ha portato alla revisione del processo che aveva ingiustamente condannato un innocente, Hashi Omar Hassan. Come si è svolta l'inchiesta?

«Ho la fortuna di lavorare insieme a Federica Sciarelli che in quell'occasione mi diede un anno di tempo per portare a termine un'inchiesta. Si trattava di trovare Ali Ahmed Rage detto Gelle, somalo che si era trasferito in Inghilterra e con la sua testimonianza aveva ingiustamente accusato un innocente che si trovava in carcere. Fino all'ultimo non ho avuto la certezza che si sarebbe presentato all'intervista, ma lo fece. E' stato un successo professionale e umano sia per me che per la trasmissione, perché insieme abbiamo ridato libertà a un uomo che per 17 anni era stato ingiustamente in carcere. Prima di mandare in onda il servizio ero stata in Procura e il giorno dopo gli uomini del Ros erano in redazione per avere il girato. Hashi in Tribunale venne assolto per non aver commesso il reato. Ricordo il suo abbraccio nell'aula del Tribunale, siamo rimasti in contatto fino alla sua scomparsa (è stato ucciso nel 2022 in Somalia, ndr). Con questa inchiesta ho vinto il premio Articolo 21, il Testimone del Premio Roberto Morrione nel 2022 e nel 2023 il premio speciale “Giornalista dell’anno” ai Forensic Awards».

La giornalista Chiara Cazzaniga mentre ritira il premio speciale «Giornalista investigativo dell’anno» alla quinta edizione dei Forensic Awards

Di recente c’è un caso particolare che l’ha colpita di più?

«Tutti i casi che affrontiamo, per un motivo o per l'altro, ci colpiscono. Dei fatti recenti mi viene in mente la storia di Andrea Prospero (studente universitario per la cui morte un giovane di 18 anni, conosciuto tramite Telegram, è indagato per istigazione al suicidio, ndr). La sua storia fa molto riflettere perché parliamo di un ragazzo di soli 19 anni che ha confidato in rete il proprio disagio. Molte volte ci occupiamo di famiglie con figli psicologicamente fragili che faticano ad avere supporti, quindi si trovano in difficoltà a gestirli e aiutarli».

"Prima delle notizie, vengono sempre le persone"

Spesso fate un lavoro fondamentale per risolvere dei casi o, comunque, dare un supporto concreto alle Forze dell'ordine impegnate nelle indagini. C’è collaborazione?

«Cerchiamo sempre di collaborare e andare nella stessa direzione, se una Procura ci chiede di consegnare un girato delle nostre interviste, lo facciamo. Poi, la cronaca giudiziaria si fa sulle carte, ma anche sul campo. Noi abbiamo la fortuna di avere alle spalle un programma come “Chi l'ha visto?” e una professionista come Federica Sciarelli, che sono sinonimo di autorevolezza. Non cerchiamo lo scoop a tutti i costi. Prima delle notizie, vengono sempre le persone».

C’è un servizio di cui le piacerebbe occuparsi in futuro?

«Al momento sto lavorando su diverse cose, tra cui una storia di malagiustizia che vorrei fare in modo di portare verso un lieto fine. Ricordiamoci, però, che tutto ha dignità di essere raccontato, sta a noi giornalisti trovare il modo di raccontarlo. E' quella la differenza».

Mariano è la sua città d'origine, ha mantenuto un legame?

«Sono legatissima alla città e super orgogliosa di esserci cresciuta. Qui torno almeno una volta ogni 2 mesi, ci sono la mia famiglia e le mie amiche storiche. A capodanno, ad esempio, non faccio mai viaggi ma vengo a Mariano. Anche mio marito, che è romano, adora la Brianza. Ogni tanto viene anche senza di me. Un domani ci piacerebbe tornare a vivere qui, in una dimensione che è più a misura d'uomo rispetto a Roma».

Arianna Sironi

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