il racconto

Ghassan Abu Ghanem in Parlamento per parlare della situazione in Palestina

"Israele ha ucciso persone a cui volevo bene", ha detto il giovane

Ghassan Abu Ghanem in Parlamento per parlare della situazione in Palestina

Dalle poesie scritte sulle note del cellulare alle conferenze in piazza, fino alla Camera dei deputati per raccontare quello che vivono i palestinesi e denunciare i crimini internazionali di Israele. Ghassan Abu Ghanem, 24 anni, residente a Mariano Comense, studente di Medicina italo-palestinese dalla Cisgiordania – papà di Jenin, madre di Ramallah – il 4 novembre ha parlato di Palestina nella sala stampa della Camera dei Deputati. Su invito della deputata Carmen Di Lauro, ha portato la propria testimonianza sull’impunità di Israele, la complicità e il doppio standard europeo e un giornalismo internazionale spesso influenzato dalla propaganda di guerra dello stato ebraico.

“Israele ha ucciso persone a cui volevo bene”

L’attivismo per la causa palestinese fa parte della sua vita da sempre: «Da quando ho cinque anni affermo con convinzione che Israele è uno stato terrorista perché mi ha allontanato dalla mia famiglia, ha fatto perdere la vita a delle persone care e non mi permette di vivere in pace in Italia e nel mondo. Da allora ho iniziato a parlare del mio popolo a scuola», ha raccontato. Proprio qui Abu Ghanem si è scontrato con una visione xenofoba e lontana dalla realtà che viveva: «Il mio popolo è stato denigrato e disumanizzato molte volte. In terza media stavo tenendo un intervento in classe sulla situazione tra Palestina e Israele. La professoressa mi chiese di confermare che Tel Aviv aiutasse il mio popolo con cibo ed energia – ha ricordato – Le risposi che lo stato ebraico ha in mano tutte le risorse idriche, energetiche, fonti di carburante, calore, alimenti, case, terreni, produzione, e che questo era parte del suo piano di oppressione della Palestina».

La Cisgiordania

La Cisgiordania, ha raccontato, è un «esperimento» di Israele: «I soldati e i coloni disturbano e assaltano chi va a lavorare o in ospedale, distruggono i raccolti e profanano luoghi di culto e di sepoltura. Se la Striscia di Gaza è considerata una prigione a cielo aperto, in Cisgiordania Tel Aviv mette alla prova la pazienza dei palestinesi, che nonostante tutto continuano a vivere e a crescere i figli con dignità e resistenza».

“Serve giustizia per un popolo che sta subendo un genocidio”

Negli ultimi due anni l’attenzione del mondo sulla Palestina si è alzata, ma le voci dal basso di chi conosce e denuncia il meccanismo di oppressione di Israele non vengono ascoltate: «Chiunque abbia cercato di portare avanti la causa palestinese è stato insultato e messo alla gogna pubblica, basti considerare quanto succede ogni giorno a Francesca Albanese – ha continuato l’attivista – Quando si fanno dei trattati di pace non bisogna considerare solo Trump e Netanyahu, ma il popolo oppresso. Dove sono i palestinesi in tutto ciò? Apprezzo gli sforzi degli italiani e di coloro che parlano di Palestina ricordando il diritto internazionale, ma credo che sia il popolo occupato ad avere diritto ad esprimersi sulla soluzione di pace. Affinché esista, deve esserci giustizia per un popolo che sta subendo un genocidio. Da palestinese dico: uno stato, due popoli».

La fine del conflitto, secondo Abu Ghanem, non parte solo dai tavoli negoziali ma soprattutto dall’istruzione: «Se ci avessero insegnato la storia contemporanea in prospettiva decoloniale, non saremmo arrivati a questo punto. È fondamentale insegnare il rispetto verso la cultura degli altri. La nuova Italia non è un paese razzista».