Pallacanestro Cantù: Sodini, Chappell e Tassone a scuola dai Salesiani

I giocatori hanno raccontato le proprie esperienze, soffermandosi sui propri sacrifici sportivi e scolastici.

Pallacanestro Cantù: Sodini, Chappell e Tassone a scuola dai Salesiani
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I giocatori della Pallacanestro Cantù tornano a scuola. Il capo allenatore Marco Sodini, Jeremy Chappell e Maurizio Tassone hanno fatto visita agli studenti delle "Opere Sociali Don Bosco" di Sesto San Giovanni. Cinque le classi presenti in aula magna, per un totale di oltre 150 ragazzi, all'ascolto dei membri del team canturino. I giocatori hanno raccontato le proprie esperienze, soffermandosi sui propri sacrifici sportivi e scolastici.

Le esperienze di Tassone

Dopo l'apertura di coach Sodini che ha messo a proprio agio gli studenti, poi è stato il turno di Tassone, uno dei pochi cestisti laureati nel massimo campionato italiano. Il playmaker è infatti laureato in Scienze Motorie a Torino, dove a fatto la triennale, per terminare la specialistica a Pavia.

"Fin da bambino, sognavo di poter giocare un giorno in Serie A. Nonostante io sia riuscito a realizzare questo mio grande desiderio, vi dico di non perdere mai contatto con la realtà. Anche se non vi va di studiare dovete farlo, ne va del vostro futuro. Se sono andato avanti con gli studi lo devo ai miei genitori, magari l’avrei fatto ugualmente, ma sono stati loro a indirizzarmi verso la strada giusta".

Tassone ha raccontato anche i molti sacrifici al di fuori del campo, con le rinunce alle uscite serali, alle difficoltà di frequentare le ragazze per il poco tempo libero.

Il racconto di Chappell

Capitan Jeremy Chappell, particolarmente emozionato, prende in mano il microfono e rivela:"A 16 anni ero già padre e per frequentare l’università ho dovuto fare tanti sacrifici, dovendo rinunciare anche a vedere mia figlia. Ai tempi vinsi un’importante borsa di studio per una buona università che, però, distava 4 ore e mezza da casa, lontano dalla mia famiglia. Fu molto dura. Ricordo che nelle prime due settimane chiamavo mia madre ogni giorno, dicendole che avevo bisogno di vedere mia figlia e che avrei mollato tutto per vederla. Fu proprio mia madre, però, ad incitarmi a non lasciare l’università, dicendomi che dovevo farlo per il mio futuro e per quello di mia figlia".

Non era facile, poi, studiare ed allo stesso tempo giocare a pallacanestro: "Mi alzavo sempre alle cinque del mattino per fare pesi – prosegue Chappell con il suo racconto - alle sei mi allenavo e dalle otto alle dodici andavo a scuola, poi dalla una alle quattro mi allenavo di nuovo e riprendevo a studiare fino alle sei. Tutto questo per 4 anni, tutti i giorni. Della mia famiglia ero, e sono tuttora, l’unico ad aver fatto l’università. A differenza di mio fratello ho sempre preso la scuola seriamente, non volevo fallire in nessun modo. L’esperienza universitaria mi ha aiutato a prendermi delle responsabilità, cosa che mi è servita nel corso della mia carriera da cestista".

Il capitano biancoblù ha concluso il suo intervento con un consiglio molto prezioso: "Qualsiasi cosa fatela bene, non al 50 o al 70%. Date sempre il massimo di voi stessi, si vive una volta sola". La giornata è finita in palestra, tra schiacciate e tiri da metà campo, con gli studenti che hanno riservato al termine dell’incontro tantissimi applausi ai protagonisti, senza dimenticare ovviamente selfie e autografi.

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