‘Ndrangheta a Cantù il direttore del Progetto San Francesco: "Testimoni impauriti, è grave"
"A Cantù esiste l'omertà, esiste la 'Ndrangheta, c'è paura a denunciare, a raccontare del malaffare" spiega Benedetto Madonia.
‘Ndrangheta a Cantù. Durante queste settimane, in Tribunale a Como, si sta svolgendo il processo contro i presunti ’ndranghetisti accusati di avere tentato di mettere le mani sulla movida di piazza Garibaldi tra il 2016 e il 2017. Dopo le ritrattazioni del titolare di un bar di Cantù sulle abitudini dei clienti accusati di ‘ndrangheta (QUI I DETTAGLI), emerse durante l’udienza di lunedì, commenta l'accaduto anche Benedetto Madonia, direttore Centro Studi Sociali contro le mafie del progetto San Francesco.
‘Ndrangheta a Cantù il direttore del Progetto San Francesco: "Testimoni impauriti, è grave"
"Anche a Como, Erba, Canzo, Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco, Cermenate, Milano, in quasi tutta la Lombardia, in Italia e nel mondo intero si mangia la 'Nduja. A Cantù esiste l'omertà, esiste la 'Ndrangheta, c'è paura a denunciare, a raccontare del malaffare, c’è l’obbligo di chiudere un esercizio pubblico, aperto con tanti sacrifici, perché non si fanno affari, perché bisogna pagare il pizzo alla “locale di zona”e pagare l’assicurazione del boss per non avere problemi. A Cantù come in altri paesi della provincia di Como si deve mangiare la 'Nduja e non parlo di quel nobile insaccato della tradizione calabrese, non parlo dei lavoratori calabresi che hanno lasciato la loro terra per venire qui a lavorare per riuscire a migliorare la propria situazione familiare. Queste persone rappresentano la cultura, le sane tradizioni e l’ottima gastronomia della bellissima Calabria. Allo stesso tempo non parlo dei canturini instancabili lavoratori, generosi, ospitali e che hanno saputo far conoscere il mobile Made in Italy in tutto il mondo, ma parlo della conquista del territorio ad opera di quella parte malata, marcia di ndranghetisti sempre alla ricerca di nuovi territori da dissanguare, dove affossare l'economia, il lavoro e la dignità delle persone" spiega.
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"Dichiarate cose completamente diverse per paura"
"Perché andare nelle aule di Tribunale, come è successo nei giorni scorsi a Como, e dichiarare cose completamente diverse, da quelle verbalizzate dalle forze di polizia, perché si ha paura, si farfuglia, perché si vuole proteggere quella parte malata del territorio è molto grave e ci deve far riflettere. Dobbiamo riflettere perché la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, nell'ultima relazione presentata all'inaugurazione dell'anno giudiziario, ha rivelato che Como è seconda solo a Milano per le infiltrazioni mafiose. Un primato decisamente inquietante. Allora dobbiamo mobilitarci tutti quanti. La parte buona del Paese, che è la maggioranza , deve prendere posizione contro questa realtà che si é radicata sul nostro territorio e in quasi tutta la Lombardia da più di sessant’anni. Non dobbiamo vergognarci se nei nostri paesi ci sono le mafie, ma dobbiamo fare in modo che siano i delinquenti che ne fanno parte e che vogliono dissanguare il nostro paese a doversi vergognare. Dovrebbero essere additati come appestati ed essere emarginati da tutto il contesto sociale, non dovrebbero mai più essere cercati per ottenere aiuti di vario genere perché, se abbiamo bisogno, c'è lo Stato".
La lotta alla mafia, un movimento culturale
"Dobbiamo credere nello Stato, nelle istituzioni ed essere sempre decisi a denunciare e a far intervenire sempre e comunque lo Stato. Dobbiamo continuare a parlare con i ragazzi nelle scuole per informare e coinvolgere le nuove generazioni che rappresentano il nostro futuro. Educare alla denuncia i nostri figli deve essere la parola d'ordine, deve essere la normalità, non si diventa eroi solo se si dice la verità o solo se si denuncia! “La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità” ebbe a dire Paolo Borsellino".