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Coronavirus in Uganda, l'ospedale Ambrosoli avamposto della prevenzione per 500mila persone

L'ospedale voluto dal comasco padre Giuseppe Ambrosoli si sta attrezzando per l'arrivo dell'infezione da Covid-19.

Coronavirus in Uganda, l'ospedale Ambrosoli avamposto della prevenzione per 500mila persone
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Il coronavirus, dal Marocco al Sudafrica, avanza nel continente africano: superati i 10mila casi con 500 morti. Il primo caso in Africa risale al 14 febbraio: si trattava di un cittadino cinese in Egitto. Da allora il contagio si è diffuso, anche se si tratta di numeri limitati considerato che in Africa vivono 1,3 miliardi di persone. Il problema è che secondo l’OMS in Africa è presente solo il 3% del personale medico mondiale – siano del tutto inadeguati ad affrontare una pandemia globale.

Coronavirus in Uganda, già 54 malati e soli 55 posti di terapia intensiva

Anche l’Uganda non viene risparmiata nonostante le misure restrittive imposte dal governo: è salito a 54 il numero di persone affette da coronavirus, le unità di terapia intensiva sono solo 12 in tutto il Paese, con un totale di 55 posti letto.

A Kalongo il personale medico e sanitario del Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, fondato dal comasco padre Giuseppe Ambrosoli, sta lavorando alacremente a un piano di emergenza per fronteggiare l’epidemia con il sostegno della Fondazione e dei medici italiani rientrati in Italia; in prima linea Tito Squillaci, medico pediatra. La scuola di ostetricia è stata chiusa, seguendo le disposizioni governative.

Impossibile avere tamponi e dispositivi di sicurezza

I principali problemi che l’ospedale si trova ad affrontare sono da un lato di prevenire l’infezione degli operatori sanitari vista la scarsissima disponibilità di dispositivi di protezione individuale. Dall’altro di evitare il contagio tra i pazienti, considerando la quasi impossibilità di effettuare tamponi e la necessità costante di assistere pazienti che soffrono di polmonite e difficoltà respiratorie dovute ad altre patologie, soprattutto nel reparto pediatrico. Diventa cruciale garantire l’apporto di ossigeno, in quanto il numero di concentratori non è già sufficiente in condizioni normali. A Kalongo non c’è la terapia intensiva né è possibile allestirla perché servono attrezzature costose e oggi difficilmente reperibili, ma soprattutto manca il personale specializzato.

Si lavora sulla prevenzione: 100mila euro dalla Fondazione

Il piano di emergenza dell’ospedale è attivo dal 25 di marzo. Sono stati organizzati dispositivi per il lavaggio delle mani in tutte le aree dell’ospedale, avviato un programma di formazione continua per il personale sanitario, promossi momenti di sensibilizzazione della comunità locale. È stata istituita una prima task force composta da sei infermieri, un medico, un paramedico, un tecnico di laboratorio. Sono stati allestiti nuovi spazi e percorsi interni ed esterni all'ospedale, per valutare e gestire i casi sospetti, predisposta una nuova unità d’isolamento per accogliere le persone contagiate. Gli interventi chirurgici non urgenti sono stati posticipati, rinviate le missioni mediche e le attività di assistenza sanitaria sul territorio.

La Fondazione Ambrosoli ha predisposto un invio straordinario di fondi di oltre 100mila euro per consentire all’ospedale l’approvvigionamento immediato di dispositivi di protezione per il personale, strumentazione di supporto per la cura dei pazienti con difficoltà respiratorie, materiali sanitari e farmaci, ma anche pulsiossimetri e concentratori di ossigeno.

“L’allerta è altissima, perché a differenza dei nostri ospedali che, per quanto in affanno, hanno mezzi, strumenti e risorse, l’ospedale di Kalongo la battaglia contro il Covid19 si giocherà tutta sulla prevenzione – afferma Giovanna Ambrosoli, presidente della Fondazione Ambrosoli - Con la Fondazione siamo impegnati con tutti gli sforzi possibili per garantire strumenti, dispositivi di protezione e farmaci, per supportare l’ospedale e la popolazione locale, in particolare la prevalenza di persone affette da malnutrizione e HIV, epatite e altre patologie importanti, con un sistema immunitario già debole che le espone a un maggior rischio di contrarre il virus. Ogni contributo è vitale per evitare il diffondersi della pandemia in un’area che vive da sempre nell’emergenza quotidiana”.

L'area per l'isolamento

L’ospedale di Kalongo Hub Covid per un bacino di 500mila persone

L’ospedale di Kalongo è stato identificato come Hub Covid, centro di riferimento distrettuale per i casi sospetti e per il trattamento dei casi moderati, mentre i casi più gravi dovrebbero essere riferiti agli ospedali con letti di terapia intensiva. Il Dr. Godfrey Smart, medico chirurgo e CEO dell’ospedale, è parte della task force distrettuale per l’emergenza Covid.

Il Ministero della sanità ha inoltre stabilito un programma di outreach, che prevede da parte del tecnico di laboratorio dell’ospedale l’effettuazione del tampone a domicilio. È in fase di definizione un piano di decentralizzazione anche dell’analisi dei test, oggi esaminati centralmente dall’Uganda Virus Research Institute di Kampala per il quale l’ospedale di Kalongo diventerebbe Hub di riferimento distrettuale anche per le analisi.

Il piano è stato attuato con estrema urgenza nella consapevolezza che il virus può iniziare a diffondersi nella comunità circa 7-10 gg prima che venga rilevato il primo paziente. Al momento della prima diagnosi affidabile l’epidemia può essere già fuori controllo. Non va dimenticato che il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital è l’unico centro di riferimento sanitario per un’area popolata da più di 500mila persone e dove non esiste nessuna reale alternativa di cura, un’ancora di salvezza per la popolazione del distretto di Agago e dei 6 distretti confinanti.

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