Il sessimo dell'App Immuni e gli italiani che guardano il dito e non la Luna
Il vero problema qual è: che la donna venga rappresentata come madre o che lo Stato non la sostenga in questo ruolo e in quello di lavoratrice?

L'app Immuni non è praticamente ancora partita che ha già scatenato polemiche di ogni sorta. Non certo sul suo funzionamento, vorrebbe dire parlare nel merito di un argomento, bensì sulle immagini utilizzate per la promozione. L'app infatti è stata accusata di sessimo, visto che ritrae in modo stilizzato una donna che culla un neonato e un uomo che (presumibilmente) lavora al pc da casa.
Il sessimo dell'App Immuni: la polemica di cui non avevamo bisogno
Ora da più parti, dall'ex deputata Dem Anna Paola Concia a Enrico Letta, questa immagine è stata bollata come stereotipata. Insomma, le donne non sono solo mamme. Vogliono essere viste e apprezzate anche in altri ruoli, soprattutto quello lavorativo. "Questa immagine fuori dal tempo e dalla storia" è stata l'accusa.
Ministra @elenabonetti la prego gentilmente di parlare con la Ministra @PaolaPisano_Min perchè questa immagine fuori dal tempo e dalla storia deve essere cambiata. Ho scritto #deve, si, perché lo dovete alle donne italiane che non meritano tutto questo. Grazie. #ImmuniApp pic.twitter.com/fJl5ihfUhO
— anna paola concia (@annapaolaconcia) June 3, 2020
Uno "scandalo" che non è piaciuto ad esempio al deputato comasco di Fratelli d'Italia, Alessio Butti, che scrive: "La sinistra riesce a polemizzare pure sulla immagine utilizzata dalla nota app Immuni. La sinistra giudica stereotipata la più bella immagine che la natura possa offrire: una mamma con in braccio un figlio (che, ripeto, vedrei benissimo anche rovesciata con il figlio amorevolmente cullato dal papà)".
Probabilmente in un Paese in cui si permette a una donna di essere madre e lavoratrice senza difficoltà, una polemica di questa natura non sarebbe mai sorta. Il problema non è raffigurare una madre che culla il suo bambino se quella donna sa che può fare anche altro nella vita senza che le venga rimproverato nulla. Soprattutto se lo Stato che la raffigura in questo modo le permette di lavorare, di seguire le proprie ambizioni, la spinge a non ricoprire solo quel ruolo e a esprimere le proprie capacità e competenze, supportandola nell'essere (anche) mamma con servizi adeguati. Sembra quasi che le polemiche (inutili) servano a coprire i servizi (assenti): insomma, guardiamo il dito e non la Luna.
Un tema più che attuale, al tempo del Covid-19, delle scuole e degli asili chiusi. Se tra sei mesi scopriremo che un'alta percentuale di donne ha perso il lavoro in questo periodo perché loro sole sono state chiamate ad accudire i figli, avremo la conferma di vivere in uno Stato che ci raffigura e vuole solo madri. Forse sarebbe meglio fare meno polemiche sterili e dare più supporto concreto a chi desidera essere non solo madre.
Stephanie Barone
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