Un decennio di crisi economica: come ha reagito la provincia di Como

Il modesto saldo positivo che matura nel decennio (+4mila occupati) è dovuto per intero alla componente femminile.

Un decennio di crisi economica: come ha reagito la provincia di Como
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Fare i conti con un decennio di crisi economica e di rilevanti trasformazioni della struttura produttiva e del mercato del lavoro significa misurarsi, anche a Como, con tre temi generali che si dispiegano e si combinano: la progressiva terziarizzazione dell’economia, il crescente ingresso delle donne nel mercato del lavoro e la precarizzazione del lavoro. La Cisl dei Laghi nella conferenza ha presentato la ricerca “La struttura produttiva e il mercato del lavoro nel territorio Cisl dei Laghi (Como e Varese). Una fotografia del presente e le dinamiche negli anni della crisi 2008-2018” del Prof. Elio Montanari.

Un decennio di crisi economica: connotazione industriale

Como, nonostante l’incremento registrato nel corso degli anni dal settore terziario, resta una provincia a forte connotazione industriale, con un ruolo rilevante delle industrie manifatturiere che, nel secondo trimestre 2019, rappresentano ancora il 14% delle sedi di impresa e il 32,1 % degli addetti. Nel comparto industriale contano un rilevante peso le costruzioni in cui operano il 16,8% delle sedi di impresa e il 9,7% degli addetti. Nel confronto con il contesto regionale le sedi di impresa registrate che, in provincia di Como, rappresentano il 5% del totale lombardo, sono relativamente più numerose per il comparto industriale (6%) e per le costruzioni (5,5%).

Ciò premesso la lettura dei dati Istat relativi agli occupati offre una sintesi efficace delle trasformazioni manifestatesi tra il 2008 e il 2018. Gli occupati della provincia di Como, nella media del 2018, ammontano a 262 mila unità dei quali 149 mila maschi (56,9%) e 113 mila femmine (43,1%).

Stabili gli occupati

Nel corso dell’ultimo decennio gli occupati in provincia di Como, considerando i due estremi temporali, risultano in sostanziale stabilità, con un aumento, tra il 2008 e il 2018, di 4 mila unità pari al +1,5%, un valore inferiore al dato medio regionale (+3,6%). Giova considerare che il modesto saldo positivo che matura nel decennio (+ 4mila occupati) è dovuto per intero alla componente femminile poiché i maschi
rimangono sostanzialmente sullo stesso livello.

La composizione degli occupati per posizione professionale rileva come, nel 2018, in provincia di Como i lavoratori dipendenti sono 208 mila, mentre coloro che sono occupati nelle diverse posizioni indipendenti stimati complessivamente in 55mila unità. Nel corso dell’ultimo decennio risultano in aumento i lavoratori dipendenti che, confrontando tra i due estremi del periodo, segnano un aumento di 5 mila unità (+2,5%) mentre i lavoratori indipendenti diminuiscono di mille unità (-1,8%). Giova osservare che l’aumento dei lavoratori dipendenti (+5 mila) determina per intero il saldo occupazionale del decennio (+4 mila unità).

Interessante osservare come a fronte di una dinamica generale positiva dei lavoratori dipendenti nel caso dell’industria in senso stretto questi diminuiscono di 6 mila unità mentre nelle attività dei servizi, tra il 2008 e il 2018, i dipendenti aumentano di 12mila (+10,3%).
I dati dell’Istat ci offrono una prima prospettiva generale sulle dinamiche settoriali dell’occupazione. Il modesto saldo occupazionale è la sommatoria di un incremento delle attività dei servizi (+14 mila occupati, pari al +9,1%) e di una riduzione degli occupati nell’industria (- 9 mila, -8,7%), che interessa sia le attività industriali in senso stretto che le costruzioni.

Le attività industriali in senso stretto (manifattura + utility) conoscono nell’arco del decennio una flessione per 6 mila occupati, pari al -7,1%, mentre le costruzioni perdono 2 mila occupati (-10,5%). Il complesso delle attività del terziario (commercio e servizi) guadagna 14 mila occupati (+9,1%) che sono la somma dell’incremento di 4 mila unità (+8,7%) nelle attività del commercio e della accoglienza (alberghi, ristoranti, ecc) e di 10 mila occupati (+9,3%) nelle “altre attività dei servizi”.

La composizione dell’occupazione per macro settori si è quindi modificata nell’arco del decennio con un incremento percentuale degli occupati nel terziario, che salgono dal 59,3% del 2008 al 63,5% del 2018, e una riduzione degli occupati nell’industria di pari entità che li porta dall’essere quasi il 40% nel 2008 al 35,7% del 2018, un valore comunque rilevante e decisamente superiore al dato medio regionale.

Il tasso di disoccupazione

Il numero dei disoccupati in provincia di Como, in media, nel 2018, è stato pari a 21 mila persone unità, di cui 11 mila maschi e 10 mila femmine. Rispetto al 2008 il numero delle persone in cerca di lavoro è decisamente in aumento. Nel corso del decennio i disoccupati in provincia di Como sono quasi raddoppiati, passando dagli 11 mila del 2008 ai 21 mila del 2018, con un aumento percentuale nell’ordine del + 90%, un dato relativamente peggiore rispetto al +73,2% della media regionale.

Il tasso di disoccupazione in provincia di Como, nel 2018, è di oltre un punto percentuale superiore al dato medio regionale sia per i maschi (6,6% contro il 5,2% della media lombarda) che per le femmine (8,2% contro il 7,1%). I dati del Registro Imprese-Infocamere ci offrono immediatamente uno spaccato delle trasformazioni in corso.

Tipologia d'impresa

Le attività per cui, tra il 2008 e il 2018, si registra il maggiore incremento del numero delle imprese sono, nell’ordine: “attività di servizi per edifici e paesaggio”, “attività dei servizi di ristorazione”, “altre attività di servizi per la persona”, “attività di supporto per le funzioni d'ufficio e altri servizi di supporto alle imprese”, “commercio all'ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli”.

Per contro le attività in cui si registra la maggiore diminuzione del numero delle imprese sono, nell’ordine: “lavori di costruzione specializzati”, “costruzione di edifici”, “commercio all'ingrosso (escluso quello di autoveicoli e di motocicli)”, “fabbricazione di mobili”, “industrie tessili”, “fabbricazione di prodotti in metallo (escluse apparecchiature)”.

Allo stesso modo, considerando gli addetti alle attività economiche, questi aumentano in misura più consistente nelle “attività dei servizi di ristorazione”, nelle “altre attività di servizi per la persona”, nei “servizi di assistenza sociale residenziale”, nelle “attività di servizi per edifici e paesaggio” e nella “istruzione (privata)”. Gli addetti diminuiscono in misura più rilevante nelle “industrie tessili”, nelle “industrie alimentari”, nella “costruzione di edifici”, nelle “confezioni di articoli di abbigliamento”, nei “lavori di costruzione specializzati” e nella “fabbricazione di mobili”.

Una ulteriore prospettiva delle trasformazioni in atto si ricava dalla lettura dei dati relativi alle Comunicazioni Obbligatorie che si riferiscono alle pratiche di avviamento e cessazione dei rapporti di lavoro. Allargando lo sguardo agli ultimi cinque anni si osserva come la gran parte degli avviamenti al lavoro, il 73,8%, si realizza nelle attività del terziario mentre nelle attività industriali in senso stretto si realizzano, nella media 2014-2018, il 19,1% degli avviamenti.

Quote residuali del totale delle pratiche di avviamento al lavoro sono dovute alle costruzioni (5,4%) e all’agricoltura (1,7%). In altri termini delle 311 mila pratiche di avviamento al lavoro in provincia di Como registrate negli ultimi cinque anni 229 mila sono nel terziario, 59 mila nell’industria, 16 mila nelle costruzioni e meno di 6 mila in agricoltura. Negli ultimi cinque anni il saldo tra le pratiche di avviamento al lavoro e quelle di cessazione, è tendenzialmente positivo.

Giova tuttavia considerare come i numeri assoluti riferiti all’ultimo quinquennio che definiscono un saldo cumulato (avviamenti/cessazioni) per l’intera economia nell’ordine del +10.758 pratiche. Questo valore è la risultante di un + 12.031 per le attività del terziario, di saldi negativi per l’industria (-681) e per le costruzioni (-720) e di un bilancio positivo per l’agricoltura (+129).

Guardando alle tipologie contrattuali possiamo osservare come, tra il 2014 e il 2018, il 55,1% sia riferita a contratti di lavoro a tempo determinato a fronte di un 26,1% per i contratti a tempo indeterminato, al 12,4% per il lavoro in somministrazione, al 3,7% per
l’apprendistato e al 2,7% per i contratti a progetto.

Se poi consideriamo, nell’arco del quinquennio, i saldi annuali tra pratiche di avviamento e pratiche di cessazione osserviamo come i saldi positivi siano maggiormente concentrati per i contratti a tempo determinato (+15.051) mentre il saldo è decisamente negativo per il lavoro a tempo indeterminato (-8.037).

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