La cerimonia

A Perticato intitolato il parco ai Martiri italiani delle foibe istriane

Questa mattina, domenica 16 febbraio in via dell'Orto

A Perticato intitolato il parco ai Martiri italiani delle foibe istriane
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Un parco intitolato ai Martiri italiani delle foibe istriane e in particolare a don Angelo Tarticchio e Norma Cossetto, entrambi infoibati. E' stata questa la scelta dell'Amministrazione comunale di Mariano Comense che oggi, domenica 16 febbraio 2025, ha celebrato il momento all'interno dell'area verde della frazione di Perticato, in via dell'Orto, presto protagonista di una riqualificazione attraverso lo strumento del bilancio partecipativo.

Intitolato il parco ai Martiri delle foibe, il sindaco: "Il passato sia guida per il futuro"

A prendere parola è stato in primis il sindaco di Mariano Comense, Giovanni Alberti.

"La memoria è uno strumento potente: ci permette di onorare le vittime, di riconoscere il loro sacrificio e di imparare dalle lezioni del passato. È attraverso il ricordo che possiamo costruire un futuro migliore, fondato sui valori della pace, della giustizia e della solidarietà. Sono passati ottant’anni dai terribili avvenimenti che investirono le zone del confine orientale e oltre vent'anni dall’istituzione del Giorno del ricordo, deliberato dal Parlamento a larghissima maggioranza. Un giorno dedicato alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo Dopoguerra. Milioni di persone, in quei paesi, si videro allora espulse dalla terra che avevano abitato, costrette a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova patria. Un muro di silenzio e di oblio – un misto di imbarazzo, di opportunismo politico e talvolta di grave superficialità – si formò intorno alle terribili sofferenze di migliaia di italiani, massacrati nelle foibe o inghiottiti nei campi di concentramento, sospinti in massa ad abbandonare le loro case, i loro averi, i loro ricordi, le loro speranze, le terre dove avevano vissuto, di fronte alla minaccia dell’imprigionamento se non dell’eliminazione fisica. Furono loro a pagare il prezzo più alto delle conseguenze seguite alla guerra sciaguratamente scatenata con le condizioni del trattato di pace che ne derivò.

Dopo aver patito le violenze subite all’arrivo del regime comunista di Tito, quei nostri concittadini, dopo aver abbandonato tutto, provarono sulla propria sorte la triste condizione di sentirsi esuli nella propria patria. Fatti oggetto della diffidenza, se non dell’ostilità, di parte dei connazionali. Le loro sofferenze non furono, per un lungo periodo, riconosciute. Un inaccettabile stravolgimento della verità che spingeva a trasformare tutte le vittime di quelle stragi e i profughi dell’esodo forzato, in colpevoli - accusati indistintamente di complicità e connivenze con la dittatura - e a rimuovere, fin quasi a espellerla, la drammatica vicenda di quegli italiani dal tessuto e dalla storia nazionale. Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura. Persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e i loro figli, di ostacolare l’annessione di quei territori sotto la dittatura comunista.

Le foibe e l’esodo hanno rappresentato un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare l’eredità gravosa di un paese uscito sconfitto dalla guerra. Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione. L’istituzione del Giorno del ricordo - con tante iniziative da essa scaturite, ha avuto il merito di riconnettere la memoria collettiva a quel periodo e a quelle sofferenze, dopo anni di rimozione. Ha reso verità a tante vittime innocenti e al dolore dei loro familiari. Tutto questo è stato importante, doveroso, pur se in ritardo, giusto. Ma non è sufficiente.

Il ricordo, la memoria della persecuzione e delle tragedie, deve portarci a fare in modo che simili lacerazioni crudeli nei confronti della libertà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza appartengano a un passato irripetibile. Malgrado queste tragiche esperienze del passato, assistiamo con angoscia anche oggi, non lontano da noi, al risorgere di conflitti sanguinosi, in nome dell’odio, del nazionalismo esasperato, del razzismo. Dall’Ucraina al Medio oriente ad altre zone del mondo, la convivenza, la tolleranza, la pace, il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale sono messi a dura prova. Con Slovenia e Croazia coltiviamo e condividiamo, in Europa e nel mondo, i valori della democrazia, della libertà, dei diritti. E lavoriamo insieme per la pace, per lo sviluppo, per la prosperità dei nostri popoli, amici e fratelli. I giovani lo sanno e lo vivono. Le giovani generazioni lo stanno già facendo da molto tempo, sviluppando un comune senso di appartenenza a una regione che trova nell’ampio spettro di presenze, etnie, storie, culture, tradizioni, la sua preziosa e feconda peculiarità.

Ricordare è un atto di responsabilità collettiva che ci impegna a non dimenticare mai gli orrori del passato. È nostro dovere fare in modo che questa memoria non si affievolisca. Noi istituzioni, le scuole, le associazioni, tutti insieme dobbiamo continuare a raccontare, a diffondere testimonianze, affinché il sacrificio di quelle vite non venga mai dimenticato. Perché solo ricordando possiamo evitare che simili tragedie si ripetano. Oggi, con l’intitolazione di questo parco ai Martiri delle Foibe, in particolare a don Angelo Tarticchio (sacerdote infoibato) e Norma Cossetto (studentessa infoibata), con rispetto e commozione rinnoviamo il nostro impegno affinché il passato resti una guida per il presente e una lezione per il futuro".

La testimonianza di Tarticchio: "Racconterò la nostra tragedia finché avrò vita"

Alla cerimonia era presente anche Piero Tarticchio, 88 anni, pro nipote di don Angelo Tarticchio, che da anni porta la sua testimonianza affinché la storia non venga dimenticata.

"Sette dei miei familiari sono stati infoibati, tra loro don Angelo e mio padre. Ho vissuto l'esodo con mia madre, quando siamo arrivati ad Ancona con la motonave, pensavo che saremmo stati accolti e invece, sulla riva, ho visto bandiere rosse e persone che ci gridavano "sporchi fascisti, tornate a casa". Finché avrò un soffio di vita, racconterò le mie tragedie. Abbiamo atteso 57 prima che venisse riconosciuto il Giorno del ricordo. E' stato un silenzio che ci ha umiliato e ci ha condannati ad anni di oblio".

Al suo fianco c'era anche Luigi Verini, presidente del Comitato comasco dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che ha ringraziato la sensibilità dell'Amministrazione comunale marianese sul tema.

La cerimonia si è conclusa con la svelatura del cippo in memoria della tragedia dei giuliani e dalmati. Presenti anche il sottosegretario al Ministro dell'Interno, Nicola Molteni, i consiglieri regionali Angelo Orsenigo e Marisa Cesana, oltre a diversi primi cittadini comaschi e la medaglia al valore militare, Luigi Toma.

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