Olgiate Comasco

Cippo e targa come pubblico ricordo delle vittime delle foibe

L'appello del sindaco: "Un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari".

Cippo e targa come pubblico ricordo delle vittime delle foibe
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Cerimonia nella piazza del Municipio a Olgiate Comasco in occasione del Giorno del ricordo.

Cippo e targa commemorativa

A due settimane di distanza dalla targa posata per la Giornata della memoria, l'Amministrazione comunale ha scelto di esplicitare un segno dedicato alle vittime delle foibe. "10 febbraio Giorno del ricordo. In memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale": queste le parole che caratterizzano la targa commemorativa collocata su un cippo di pietra, davanti a Palazzo Volta.

Cerimonia di inaugurazione e benedizione

Pochi minuti dopo mezzogiorno di oggi, lunedì 10 febbraio, il sindaco Simone Moretti, il vicesindaco Paola Vercellini, l'assessore Renato Spina e la consigliera comunale Mariella Bernasconi, affiancati dal comandante della Polizia locale, Valeria Giudici,  hanno presenziato alla cerimonia, insieme alle Forze dell'ordine, in particolare rappresentate da Andrea Marino, comandante della Stazione dei Carabinieri di Olgiate Comasco, e da Luca Scarano, comandante della Compagnia della Guardia di finanza di Olgiate Comasco. Cippo e targa sono stati benedetti dal vicario parrocchiale, don Pietro Grandi.

Il discorso del sindaco

Il primo cittadino Simone Moretti ha condiviso parole che sottolineano l'importanza di un segno che ricordi le vittime delle foibe. "Dal 2004, ogni 10 febbraio, in Italia viene celebrato il giorno del ricordo per rendere omaggio alle vittime delle foibe (cavità tipiche dei rocciosi terreni carsici) e alle centinaia di migliaia di esuli che dovettero lasciare l’Istria e la Dalmazia nel secondo Dopoguerra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’interno della penisola istriana finì sotto il controllo del Movimento di Liberazione Jugoslavo guidato dal leader comunista Tito e circa 500 italiani vennero uccisi e gettati nelle foibe, legati a coppie con filo di ferro. Eccidio ripetuto nel maggio del 1945 al termine della Seconda guerra mondiale, quando più di 10.000 italiani vennero arrestati e deportati dalle milizie di Tito: molti di loro morirono nelle prigioni o nelle lunghe marce di trasferimento, altri vennero torturati, uccisi e gettati nelle foibe, anche perché il terreno roccioso del territorio non permetteva di scavare fosse comuni. In seguito alla firma a Parigi del trattato di pace avvenuta il 10 febbraio 1947 (da qui la data della ricorrenza), in base al quale Zara, Fiume e gran parte dell’Istria passarono all’allora Jugoslavia, agli eccidi del 1943 e 1945 seguì la tragedia di quasi 300.000 italiani che, per mantenere la propria identità culturale e sentimentale, fuggirono da quei territori. Iniziò così il lungo calvario degli esuli che vennero sparsi, dividendo talvolta le famiglie, nei centri di raccolta di tutt’Italia dove sovente, secondo le testimonianze di alcuni di loro, vennero accolti con freddezza, ostilità e diffidenza. Il Giorno del ricordo, oltre che omaggiare le vittime dell’ennesima barbarie umana, ci rammenta che dove vengono a mancare pietà e interesse per il nostro simile, anche appartenente ad altri mondi e culture, l’Essere Umano cessa di essere tale. Prendo in prestito le parole del nostro presidente Sergio Mattarella: “Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono - per
superficialità o per calcolo - il dovuto rilievo. Oggi come allora, il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi: questi ci insegnano che l’odio, la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza". Un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona.

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