il racconto

Covid, dietro i numeri un mondo di dolore. Vallo: "La pandemia mi ha portato via uno dei miei calabroni"

Il medico del Cof di Lanzo racconta il suo dolore nell'aver perso a causa della pandemia uno dei suoi pazienti fragili ma che senza il virus avrebbero continuato a combattere.

Covid, dietro i numeri un mondo di dolore. Vallo: "La pandemia mi ha portato via uno dei miei calabroni"
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Ci sono persone che sanno perfettamente come toccare le anime altrui semplicemente con la parola. Il professor Giuseppe Vallo, Responsabile del reparto di Riabilitazione Respiratoria al C.O.F. di Lanzo d'Intelvi, è uno di loro. Il suo reparto ormai da due anni è impegnato non solo a far fronte alle tradizionali patologie ma anche al Covid-19. Lui e il suo team, come migliaia di sanitari ogni giorno, accudiscono e si prendono cura di chi viene attaccato dal virus. Non sempre però riescono a proteggere i loro pazienti, a farli uscire dal tunnel dell'ossigeno, del casco Cpap, della Terapia Intensiva.

Nei giorni scorsi il dottor Vallo ha perso una delle sue pazienti che, soprattutto in una piccola realtà come quella della Val D'Intelvi, significa una persona che conosci e segui da tempo. Lo ha raccontato con una toccante metafora, che va oltre i numeri dai quali ogni giorno siamo sommersi, perché il "bollettino" Covid-19 delle 17.30 per i medici in prima linea sono persone, anche purtroppo perse.

Vallo: "La pandemia mi ha portato via uno dei miei calabroni"

Riportiamo integralmente il racconto del dottor Vallo.

"Giorni fa la pandemia mi ha portato via uno dei miei calabroni. Si un calabrone é un insetto che, secondo un ingegnere aeronautico (McMastes) del 1930, non avrebbe potuto volare eppure, si diceva, questo il calabrone non lo sa e quindi continua a volare (in realtà erano sbagliati i calcoli di partenza).

Beh E. era il mio calabrone, la conoscevo e la curavo dal 2015, aveva una tac polmonare così compromessa che si faceva fatica a pensare a come facesse a respirare: eppure E. respirava con il supporto dell'ossigeno, e conduceva la sua vita normale badando a suo marito, alla sua casa, alle sue galline e pur se con alti e bassi affrontava ogni avversità con quel sorriso che rimarrà nel mio cuore.

E. mi chiamava tutte le volte che non stava bene, si presentava con le sue ali da calabrone e tra terapie e ricoveri continuava a volare nella sua vita in quell'equilibrio instabile che la sua malattia le concedeva. Per voi E. sarà un soggetto fragile, una settantenne (si aveva da poco compiuto i 71 anni) fragile di quelli che definite 'morte con il covid' ma non 'di covid' eppure il mio calabrone si é arresa solo a questa infame malattia che l'ha strappata all'amore di suo marito e a quello di sua figlia. Il mio calabrone non si sarebbe arreso per altri anni ancora e avrebbe volato intorno a me sbeffeggiando le leggi della medicina.

Questo porta via.. questa é una delle storie di quei numeri che leggete tutti i giorni accanto alla parola MORTI. Io ricorderò sempre il sorriso della mia E. , le sue uova fresche che mi portava in visita, e le sue parole 'dai dottore tutto sommato non sto male' anche quando chiunque di noi si sarebbe lasciato andare. Il mio calabrone ha smesso di volare ma il profumo dei fiori su cui si era posato rimarrà intorno a me per sempre ed io lotterò sempre affinché altri calabroni non cadano.
Buon viaggio E. il tuo dottore ti saluta per l'ultima volta".

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