Da Cantù alla Spagna: "Ho la possibilità di girare per il mondo grazie alle carte collezionabili"
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Trasformare una passione in un lavoro: Filippo Lietti, quarantasettenne originario di Cantù, ha trovato la sua strada nel trasferirsi, da ragazzo, in Spagna.
Filippo Lietti da Cantù a Valencia
«Durante i miei studi di ingegneria informatica al Politecnico di Milano, nel 2001, ho deciso di fare un passaggio in Spagna, non per motivi fiscali o di carriera, ma solo per mettermi un po’ in gioco, attraverso il progetto Erasmus. Al tempo, da 2 anni, Valencia offriva questa opportunità e ho colto subito l’occasione per provare un’esperienza alternativa. Ma, in breve tempo, la città mi ha conquistato e, tra l’altro, ho trovato anche la mia attuale compagna. Per quanto riguarda la quotidianità, Valencia è sempre stata una città più tranquilla rispetto alla caotica Milano. Dal punto di vista economico, invece, quando sono arrivato io, in Spagna c’era proprio il boom immobiliare. Inizialmente, quindi, sono rimasto 1 anno a Valencia, sostenendo 11 esami universitari; poi sono ritornato in Italia per concludere gli altri esami. Nella mia nuova parentesi italiana, inoltre, la mia compagna spagnola ha fatto l’Erasmus a Milano».
"Dopo gli studi ho deciso di tornare a Valencia"
Ma, dopo la prima tappa da studente, la Spagna si è rivelata il nuovo grande capitolo della vita di Filippo: «Finiti tutti gli esami, ho preso la decisione di tornare a Valencia per fare la tesi e fermarmi definitivamente qui, dato che questa città per me rappresenta un paradiso: c’è il mare, il lago e anche la montagna è vicina. Si respira pure tanta cultura. Io, tra l’altro, vivo piuttosto vicino all’aeroporto e quindi si può viaggiare dove si vuole, senza difficoltà».
"Ho iniziato come ingegnere informatico, poi la svolta"
Nel corso dei suoi primi anni a Valencia, Filippo ha sfruttato le competenze acquisite all’università per farsi largo nel mondo del lavoro, ma poi una sua grande passione ha preso il sopravvento: «All’inizio qui ho lavorato come ingegnere informatico in una grande azienda. Poi, però, è arrivata la svolta: già da quando andavo al liceo porto avanti la mia passione per il gioco di carte collezionabili «Magic: the Gathering». Oltre a giocarci, fin da piccolo ho scambiato, comprato e venduto tantissime carte. Inoltre, ho aiutato anche mia zia che vendeva questi articoli nella sua cartoleria. Durante l’università avevo un po’ smesso di giocare, ma quando sono venuto qui in Spagna ho incontrato tanti altri appassionati di Magic. Ho visto proprio un possibile business interessante su questo splendido gioco, che amo, e così ora mi occupo del mercato legato alle carte, anche a livello internazionale. Di base faccio compravendita di oggetti da collezione, ma, attualmente, il 90% del mio business riguarda, specificatamente, le carte, non solo Magic, anche Pokèmon. Poi tratto pure qualche oggetto particolare tipo i guanti di Mike Tyson, alcune litografie e diversi peluche da collezione. In generale, rimango sempre attento alle novità che escono, come, ad esempio, un nuovo gioco di carte della Disney. Ma in questi casi mi occupo soprattutto delle rarità».
"Ho visto tantissimi Stati"
Questa nuova professione dà a Filippo la possibilità di girare il mondo: «Ho visto tantissimi Stati. Io adoro viaggiare e grazie alle carte, spesso, mi devo spostare per tanti tornei internazionali di rilievo. Tante volte mi capita di andare, ad esempio, in Giappone, soprattutto a Tokyo. Mi piace molto stare lì, però in modo temporaneo, in quanto trovo che sia una realtà molto affascinante, ma anche parecchio stressante. Non si può mai riposare. Appena si esce di casa si vede già la coda, si incontra veramente troppa gente. Magari c’è più tranquillità in qualche zona decentrata del Giappone, ma a quel punto rimango, felicemente, a Valencia».
Anche perché Filippo si è costruito una famiglia in Spagna: «Sto ancora con la compagna che avevo conosciuto nel mio primo viaggio in Spagna e con lei ho avuto due figli. Quindi è molto probabile che la mia vita continui in Spagna. Qui vedo anche ottime condizioni per far crescere i bambini. Il clima è ottimo e c’è tanta sicurezza. Valencia non è una metropoli come Barcellona o Madrid, magari in quelle grosse città ci sono più opportunità di lavoro, ma dove vivo io si percepisce più serenità nelle piccole cose: un aspetto splendido per una famiglia».
Il legame con Cantù
Per quanto riguarda il suo legame con Cantù, Filippo afferma: «A me piace molto ritornare, ogni anno io e la mia famiglia trascorriamo almeno 1 mese a Cantù in estate e anche qualche settimana durante le festività natalizie. Nella scelta dei periodi in cui spostarci, ovviamente, siamo anche un po’ vincolati dalle esigenze scolastiche dei figli. Mi fa molto piacere che i bimbi coltivino dei rapporti all’interno della realtà italiana, anche nello stare con i nonni e gli zii. Io, inoltre, rivedo diversi amici della mia gioventù, con cui posso trascorrere delle belle serate, ricordando il passato. Trovo che sia piacevole vivere a Cantù per periodi di breve durata, ma poi, dopo un po’, sento l’esigenza di tornare a Valencia, dove ormai ho trovato la mia dimensione ideale». Filippo riesce a riabbracciare l’Italia anche attraverso la sua passione per le carte collezionabili: «Spesso si fanno dei bei tornei di Magic, tipo a Pisa e a Bologna. In quelle circostanze cerco sempre di essere presente».
"Valencia paragonabile al nostro Sud Italia"
Nel mettere in comparazione l’Italia e la Spagna, Filippo ha le idee chiare: «In primis farei una distinzione, nel Nord Italia c’è una mentalità molto simile a quella di Madrid e Barcellona, mentre collegherei Valencia al nostro Sud Italia. Qui in molte case non serve neanche il calorifero per l’inverno, c’è quasi sempre caldo. Più in generale, come caratteristica comune degli spagnoli evidenzierei sicuramente la continua esigenza di fare feste. Piace molto divertirsi e quest’aspetto attrae anche molti turisti italiani. Per quanto riguarda, invece, la dimensione lavorativa, in Spagna, tendenzialmente, si guadagna meno, ma anche il costo della vita risulta più basso». Spesso gli italiani all’estero si lamentano del cibo, ma non è il caso di Filippo: «Qui si mangia veramente bene, si trovano magari pietanze un po’ meno raffinate rispetto all’Italia, ma il gusto è fantastico. Per fare un esempio, tra prosciutto crudo San Daniele e Jamón Serrano è veramente difficile scegliere, sono entrambi buonissimi».
Il consiglio
Infine, Filippo, dall’alto della sua esperienza da uomo di mondo, consiglia l’estero ai giovani italiani: «Sicuramente uscire dal proprio Stato, anche temporaneamente, apre la mente e ciò può rappresentare un grande valore aggiunto per il percorso di un ragazzo. Servono, però, almeno 6 mesi in un altro Stato per entrare realmente in una nuova cultura e assaporare, in modo concreto e formativo, le differenze. Ma ci tengo a specificare come il problema, dal mio punto di vista, non sia assolutamente l’Italia. Si può vivere e lavorare bene anche nel nostro Paese. Per persone di qualsiasi Stato, l’estero è una dimensione da sperimentare, almeno una volta nella vita. A qualche americano, ma anche agli spagnoli, consiglierei di provare a venire in Italia».
Filiberto Caruso