Da Figino Serenza all'Australia: "Qui un mondo più gentile e inclusivo"
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«Casa è un luogo del cuore, più che un luogo fisico». Questa profonda riflessione di Elisa Ronzoni, quarantenne originaria di Figino Serenza, può ben inaugurare il racconto della sua storia, che coinvolge anche il marito Cristian Biotto.
Cervelli in fuga dal Canturino e Marianese: la prima tappa di Elisa e Cristian
«Noi, come coppia, abbiamo lasciato l’Italia ormai da oltre 15 anni. Andò via prima Cristian, a fine 2007, per spostarsi a Londra e conseguire un dottorato all’Imperial College, dopo la laurea in Ingegneria Aerospaziale, al Politecnico di Milano – specifica Elisa - io, invece, arrivai a Londra a giugno 2009, dopo essermi laureata in Storia dell’Arte e Archeologia a Milano. Poco prima, a maggio, ci sposammo a Figino Serenza. All’epoca della partenza di Cristian per Londra, noi facevamo già coppia da circa 3 anni e vivemmo, quindi, una relazione a distanza per un po’ di tempo. Poi il matrimonio e il mio trasferimento ci fecero definitivamente ricongiungere».
Per entrambi l’estero ha rappresentato, fin da giovani, quel sogno in grado di aprire gli orizzonti. «L’opportunità del dottorato di Cristian a Londra fu il segnale positivo che alimentò il nostro desiderio di uscire dall’Italia - afferma Elisa - io ero un’appassionata di lingue straniere, già dal liceo, e sognavo di cimentarmi, concretamente, in un’altra lingua. Inoltre, mi incuriosiva molto la vita fuori dalla dimensione provinciale, dove ero nata e cresciuta. I confini non mi sono mai stati troppo stretti, ma grazie ad alcune vacanze all’estero, capii come il mondo fosse molto più vasto».
L’Inghilterra costituisce una meravigliosa tappa del percorso di Elisa e Cristian, non il punto d’arrivo. «A Londra rimanemmo fino alla fine del 2014 - evidenzia Elisa - in quell’arco di tempo, Cristian ottenne il dottorato e trovò lavoro in una compagnia di consulenza, occupandosi di aerodinamica e fluidodinamica nei tunnel. Io mi lanciai nel mondo dei musei, attraverso volontariati e piccoli progetti. Tra le note più liete di quel periodo ci furono le nascite delle nostre prime due figlie: Agnese e Agata. Tra l’altro, dopo la nascita di Agnese, trovai impiego proprio in un’agenzia di viaggi che affitta ville in Italia. Nonostante fosse un lavoro al di fuori del mio settore, ricordo con grande gioia quei 2 anni in cui lavorai a stretto contatto con la mia Italia. Nel 2014, invece, ci fu la nascita di Agata e proprio mentre si avvicinava il parto, Cristian si mise in contatto con un ex collega che, nel frattempo, si era trasferito in Australia. Da lì cambiò nuovamente la nostra vita».
Da gennaio 2015 in Australia
Sì perché un nuovo Stato era pronto ad accogliere la famiglia, ormai allargata. «All’epoca, sebbene a Londra non avessimo grossi problemi, ci sentivamo non completamente appagati da un punto di vista sociale ed emotivo - sottolinea Elisa - non eravamo più sicuri di riuscire a crescere una giovane famiglia nella periferia sud di Londra. Quindi arrivò quest’altra scelta coraggiosa: nel gennaio 2015 ci trasferimmo a Melbourne, in Australia, e siamo ancora qui». In Australia è iniziata una nuova avventura per loro, portando avanti, però, gli interessi coltivati già a Londra. «Cristian si occupa sempre di consulenza ingegneristica ed è coinvolto in grossi progetti di tunnel qui e in Nuova Zelanda - afferma Elisa - io, invece, lavoro come curatrice della collezione del Museo Ebraico d’Australia, un piccolo museo comunitario no-profit che raccoglie e racconta la storia della migrazione e dell’integrazione degli ebrei in Australia. In passato ho anche lavorato nella Società Storica Italiana, che invece custodisce la storia della migrazione italiana». Per quanto riguarda la composizione della famiglia, nel 2019, è arrivata un’altra splendida notizia: la nascita della terza figlia, ovvero Adelaide. «La nostra Aussie Baby - rivela Elisa - la prima cittadina australiana della famiglia. Noi altri abbiamo preso la cittadinanza nel 2020. É una bella soddisfazione averla ottenuta. Reputiamo importante poter beneficiare della doppia cittadinanza per sempre».
"Qui una società multietnica e inclusiva"
Sul tema delle differenze, rispetto all’Italia, Elisa evidenzia, in particolare, alcuni aspetti di grande attualità: «Parto dalla premessa che l’Australia è enorme e di conseguenza risulta molto diversificata, anche nei comportamenti. Una risposta include, inevitabilmente, una parte di soggettività. Di base, per come viviamo noi l’Australia, posso dire che qui sperimento ogni giorno cosa significhi impegnarsi per una società multietnica, maggiormente inclusiva, informata e tollerante. La mentalità è proprio diversa. Trovo che le interazioni tra le persone siano più gentili e rispettose. Inoltre, noto molta attenzione verso tematiche di salute mentale, problema molto serio con statistiche spaventose. C’è ancora tanta strada da fare, ma almeno in Australia non è un argomento tabù o di cui vergognarsi. Ogni giorno veniamo proprio incoraggiati a prenderci cura del nostro benessere emotivo. Questo si riflette anche sulla flessibilità e sulla comprensione in ambito professionale. Il mio sogno è che anche in Italia, un giorno, si possa arrivare ad avere un clima di questo genere, per un migliore rapporto tra lavoro e vita personale».
Per quanto riguarda le scelte di vita future della coppia, la previsione, a oggi, è piuttosto chiara: «L’intenzione è di proseguire la nostra vita a Melbourne, dove ormai siamo ben inseriti, ma il richiamo di casa è sempre forte e ci torniamo ogni volta che possiamo - afferma Elisa - in Italia abbiamo le nostre care famiglie e tanti amici che ci sostengono senza sosta. Un pezzo di cuore è sempre stato là e ci rimarrà in qualsiasi caso. Ovviamente il viaggio per riabbracciarli è lunghissimo, anche dispendioso, ma tornare è un toccasana e ne vale sempre la pena. Non lasciammo l’Italia perché non eravamo contenti, partimmo per inseguire il sogno di scoprire qualcosa in più»
Il legame con l'Italia
L’obiettivo, comunque, è quello di conservare un legame con l’Italia, anche per le figlie. «Tornare in Brianza, regolarmente, è pure una responsabilità nei confronti delle nostre figlie - evidenzia Elisa - Il loro sangue è italiano ed è una ricchezza conoscere da dove vengono i loro genitori, senza tralasciare l’intenzione di conservare un rapporto stretto con nonni e zii. Questo è un dono che forse capiranno bene solo da grandi. Venire in Italia spero possa offrire l’opportunità di custodire quei tratti stupendi che ci contraddistinguono, senza che si sentano in colpa per essere australiane. In ogni caso, comunque, Agnese, Agata e Adelaide sono anche figlie del mondo e si stanno costruendo la propria identità, che noi forse non possiamo neanche comprendere fino in fondo. Con gli anni, almeno, però, abbiamo capito che ci si sente a casa dove si è amati e si condividono esperienze significative. Io mi sento a casa in Italia, a Londra, a Melbourne. Non penso di avere un cuore spezzato, lo immagino più come un cuore così colmo da aver bisogno di sedi distaccate».
"Le esperienze all'estero di mettono alla prova"
Alla fine, spazio per un messaggio, che può essere rivolto a tanti giovani italiani: «Consiglio assolutamente di fare esperienze all’estero, che siano più o meno lunghe, temporanee o permanenti. Ti mettono alla prova. Il mio suggerimento, però, è di partire sempre con un progetto delineato e con la testa sulle spalle - sottolinea Elisa - vivere all’estero è impegnativo, ci sono ostacoli economici e burocratici, ma anche barriere linguistiche, culturali e sociali. Spesso ci si imbatte in periodi di solitudine e nostalgia. Bisogna partire con un obiettivo chiaro in mente. É giusto rimanere aperti alle opportunità che ogni giorno può offrire, ma allo stesso tempo è importante avere dei punti di riferimento saldi e affidabili, per non lasciarsi scoraggiare nei momenti difficili. Cristian e io abbiamo affrontato tante prove nei nostri 15 anni all’estero, ma grazie ai nostri valori, al nostro amore e ai nostri sacrifici, possiamo dire di essere ancora qua e di essere, sinceramente, felici. Non cambieremmo una virgola di ciò che è stato».
Filiberto Caruso