Cervelli in fuga

Dalla Brianza alla Svizzera: "Qui per me è stato molto semplice integrarmi"

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Dalla Brianza alla Svizzera: "Qui per me è stato molto semplice integrarmi"
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Cabiatese doc, classe 1993, Andrea Beraldo si è trasferito anni fa in Svizzera per lavoro e lì ha messo radici, sfatando anche luoghi comuni spesso diffusi erroneamente sugli Svizzeri.

Dalla Brianza alla Svizzera: la storia di Beraldo

Beraldo racconta: «Finito l’alberghiero, ho iniziato a lavorare in Svizzera nel dicembre del 2013, in un hotel 5 stelle a St. Moritz poi sono sempre rimasto in questo Paese. Attorno al 2015/2016 ho deciso di trasferirmi qui, prima in Ticino poi in altre zone della Svizzera. Prima St. Moritz, poi Lugano, Andermatt e mi sono ristabilito in Ticino, a Locarno».

In Italia, Beraldo ha lavorato brevemente subito dopo il diploma, ma dalla Svizzera erano arrivate delle ottime proposte per avviare la carriera in un ambiente molto complesso: «Durante la scuola ho lavorato un pochino in Italia, poi sono andato via subito». L’impatto con il mondo elvetico è stato, da subito, decisamente positivo: «Qui mi sono sempre trovato bene, anche in Svizzera tedesca. Ho scoperto ambienti positivi, non mi sono mai annoiato. Anche se la Brianza, ogni tanto, mi manca, non c’è niente che me la fa rimpiangere». In tal senso, aiuta essere a Locarno, in Ticino: «Alla fine, è una zona simile a noi con la gente che parla dialetto. Ciò per me conta molto, è davvero bello».

"Ho imparato il tedesco"

Beraldo racconta anche un aneddoto significativo sui primi tempi in Svizzera: «La prima volta che mi sono trasferito, il trauma è stato finire il lavoro alle 17 e andare a mangiare alle 17.30. Era decisamente troppo presto». Piuttosto diversa da Locarno, l’esperienza ad Andermatt, nella Svizzera tedesca, è stata ugualmente buona: «La comunità non era tanto grande, anzi, era un paese piccolo. La gente era molto cordiale e mi è piaciuto». Dal punto di vista linguistico, il periodo ad Andermatt è stato fecondo: «Ho imparato molto bene lo svizzero tedesco, una specie di dialetto del tedesco, particolare. Adesso parlo cinque lingue: italiano, tedesco, francese, inglese e un po’ di portoghese». La questione della lingua è cruciale: «Con il tedesco sono partito da zero. L’ho imparato lavorando e stando sul posto. Ora che ho cambiato lavoro, sono responsabile della circolazione treni, mi serve davvero molto per parlare con i macchinisti, con la sicurezza e con tanti altri». Partendo da zero, Beraldo ha dovuto incontrare qualche difficoltà nei primi tempi: «All’inizio è stato un trauma. Da subito ho lavorato in Svizzera tedesca e si facevano le riunioni in tedesco e io mi guardavo in giro perché non lo capivo bene. Poi l’ho imparato e con i colleghi e i clienti serve tantissimo, soprattutto se si vuole far carriera».

La questione linguistica dipende anche dalla zona della Svizzera in cui si è: «A Mendrisio si fa molto business e quindi l’inglese serve decisamente di più rispetto ad altre zone. Dalla parte del locarnese, dove ci sono io, si parla molto di più il tedesco perché ci sono turisti che arrivano dalle zone dove si parla questa lingua». Gli stereotipi sugli Svizzeri sono numerosi, ma non tutti si rivelano veri, anzi: «Sono un po’ più chiusi rispetto a un italiano anche se sulla precisione sono davvero attenti. Faccio un esempio: in Italia un treno è considerato in ritardo se si superano i venti minuti, in Svizzera il concetto di ritardo parte già dai tre minuti». Sulla freddezza, tuttavia, Beraldo è chiaro: «Io mi sono sempre imbattuto in persone socievoli, anche con una voglia di far festa che non sembrerebbe tipica degli Svizzeri. Molto dipende da come si è ma, se ci si sa introdurre, si creano amicizie». Il cabiatese sottolinea: «Non sono molto diversi da noi. Grandi problemi non ne ho mai avuti, ho avuto facilità a integrarmi dentro il tessuto sociale svizzero».

Integrazione positiva

Beraldo fa un altro esempio, molto significativo di integrazione: «A Locarno è importante il Carnevale. Ci sono delle bande tipiche, chiamate “Guggen”, che fanno musica folkloristica durante questi eventi. Io faccio parte di una di queste e suono la batteria». L’apertura mentale è assolutamente necessaria: «A mio avviso, non si può rimanere chiusi all’estero. Più ci si integra, meglio si sta. In Svizzera tedesca e francese si notano di più le comunità italiane mentre dove sono io non c’è separazione». Beraldo è oltralpe da diverso tempo ed è in grado di descrivere bene ciò che è la Svizzera: «Non ho notati grandi cambiamenti. Sono ambienti piccoli che rimangono sempre simili. Non ho percepito differenze rispetto ad anni fa».

Il cambiamento di lavoro è stato un momento importante: «Avendo studiato molto sulla ristorazione, cambiare ed entrare in ferrovia, una delle migliori aziende in Svizzera, è stato complesso. Ho fatto un cambio difficile con un percorso complesso. Ci sono tante responsabilità. Ho preso il diploma un mese fa. È un bel cambiamento e ci sono ottime prospettive. Non avrei abbandonato la ristorazione, visto che ho studiato molto su questo tema, ma ho raggiunto il mio obiettivo». La ristorazione è un mondo particolare: «È un lavoro che può creare tensioni, molto nevrotico visto che si ha a che fare con clienti e con colleghi. Riuscire a compensarsi con tutti non è facile, ci sono giornate storte». Ma, in questo microcosmo, Beraldo si è trovato bene: «C’è molto rispetto e non è facile da trovare».

"Qui c'è meritocrazia"

Il cabiatese approfondisce vantaggi e svantaggi della Svizzera: «Positivamente, è un posto dove se ci si impegna, c’è meritocrazia sul posto di lavoro. La parte negativa è, in primis, che non posso andare con frequenza a vedere la Pallacanestro Cantù e Como». Beraldo aggiunge: «Poi non posso vedere la mia famiglia e i miei amici. Ci sono rapporti che mantengo, ma non con la stessa frequenza. Rimane il fatto che non sono chiuso in casa nemmeno qua. Sono in una squadra di freccette e faccio tantissime attività. Non si può non socializzare».

Il cabiatese conclude: «Per il momento, sto bene qui. Abito più vicino al confine e non ho grandi problemi a tornare. Momentaneamente, punto a rimanere in Svizzera, la mia compagna è svizzera e qui ho le mie passioni. Quando posso, vado a vedere l’Ambrì Piotta, una squadra di hockey. È lo sport principale». I tempi di «Pane e cioccolata», storico film con Nino Manfredi degli anni Settanta dove si descriveva la dura vita di un emigrato italiano in Svizzera, sembrano decisamente lontani rispetto alla descrizione che è stata fatta da Beraldo. Il cabiatese ha raccontato la popolazione elvetica come socievole e amichevole, disposta ad aprirsi agli influssi esterni. Inserirsi nel tessuto sociale è stato facile per Beraldo che ha trovato nella Svizzera una seconda casa e un luogo dove poter vivere stabilmente.

Tommaso Minotti 

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