La passione per la fisica e la pallacanestro lo hanno accompagnato da Cantù fino alla Francia. L’amore, invece, gli ha dato una ragione per restare. Davide Erba, classe 1995, fin dai banchi del liceo Enrico Fermi ha costruito il suo percorso di crescita personale e professionale affidando alla scienza e ai legami profondi la chiave del suo futuro.
Il dottorato a Montpellier
Dopo la laurea magistrale in fisica ottenuta all’Università Bicocca nel 2021, il 30enne ha scelto di continuare il cammino accademico iscrivendosi a un dottorato presso l’Istituto nazionale della salute e della ricerca medica (Inserm) a Montpellier, dove vive tuttora assieme alla moglie Chiara Lopresti, scrittrice milanese, punto cardine nella decisione di fare il salto oltre frontiera.
Infatti, l’avvio del PhD per Erba non ha rappresentato solo un avanzamento professionale ma anche una svolta personale: era l’occasione, per lui e la sua compagna, per scrivere un nuovo capitolo della vita. Racconta il canturino:
“Stavamo insieme già da due anni e volevamo andare a convivere, questa opportunità di lavoro ci ha offerto una direzione. Da neolaureato avevo voglia di fare un’esperienza all’estero e l’opzione che ho preso in considerazione in quel momento è stato il dottorato. Quindi mi sono confrontato con il mio relatore di tesi magistrale e abbiamo individuato la realtà dove mi trovo ora. È stata una decisione relativamente facile da prendere, ovviamente il percorso è stato molto tosto, ma ormai sono in dirittura di arrivo, spero di conseguire il titolo entro la fine dell’anno”.
Nel settembre 2021 è iniziata la nuova avventura francese per la giovane coppia. Due anni più tardi, nello stesso mese, hanno coronato questa scelta con il matrimonio, sullo sfondo della città meneghina.
La vita in Francia
Se l’amore ha preso subito il volo, l’adattamento alla realtà francese invece ha richiesto del tempo:
“Prima vivevo Montpellier come città del lavoro, solo nell’ultimo anno mi sono sentito un po’ più accolto perché, con Chiara, abbiamo iniziato a conoscerla davvero e abbiamo sviluppato una cerchia di amici con cui viverla al meglio”.
Amici che sono in larga parte italiani o espatriati internazionali, in misura minore invece, francesi:
“Loro mi sono sembrati abbastanza superficiali, credo sia un po’ legato al modo in cui funziona la scuola qui. Per essere promosso non è necessario avere la sufficienza in tutto, basta che la media di tutte le materie sia sufficiente, che è dieci su venti, il nostro cinque, per intenderci. Quindi succede che già a 11 anni mentalmente uno sceglie le materie in cui studierà di più e le altre di cui non si interesserà proprio. Trasportato al mondo adulto, questo chiude tanti possibili orizzonti cognitivi”.
Ed ha continuato:
“Con i francesi ho trovato questa barriera: se per esempio parli di musei con una persona che non ne è appassionata, ti puoi sentire arrivare risposte come “A me non piace l’arte” e la conversazione viene troncata lì. È difficile approfondire le conoscenze”.
Il basket
Per fortuna Erba, con un passato nelle schiere della Pallacanestro Cantù ed ex militante tra le fila di Cabiate, Rovello Porro e Lomazzo, ha potuto contare sul basket per costruirsi uno spazio nella società francese:
“Ho deciso di entrare nella squadra del Saint Gély, un po’ la Carimate di Montpellier, per due ragioni. Innanzitutto per una questione di benessere psico-fisico, perché il dottorato è un percorso stressante e sapevo che giocare a basket mi avrebbe permesso di stare bene e avere soddisfazioni e poi volevo sfidarmi nel francese. Mi sono detto che se fossi stato capace di passare la palla e fare qualche tiro, i miei compagni mi avrebbero “capito””.
Una volta in campo poi, la realtà era ben diversa dalle aspettative:
“La maggior parte del tempo usavano parole inglesi, pronunciate male, e il resto era slang. Una volta mi chiesero di passargli la “carotte”, e io non riuscivo a capire di che si trattava: era la palla, arancione come una carota. Con loro non abbiamo approfondito il legame fuori dal campo, ma rimane tutto sommato una bella esperienza”.

Il confronto con l’Italia
A differenza delle relazioni con i transalpini, l’inserimento in città è considerato ben riuscito:
“Con Montpellier mi sento molto integrato: è viva dal punto di vista culturale, da aprile ad ottobre ogni weekend ci sono tanti eventi e c’è sempre qualcosa da fare. Sotto l’aspetto naturalistico poi, è immersa nel verde e siamo a dieci minuti dal mare. Mi dispiacerebbe lasciarla proprio ora che ho iniziato ad apprezzarla”.
D’altro canto, per Erba, la Francia è un paese che offre diversi vantaggi competitivi, almeno rispetto all’Italia:
“Vivendo qui da alcuni anni ho ben chiaro quali sono i pro e i contro. Certo, si pagano molte tasse, ma rientra tutto dal punto di vista del welfare. Qui, se lo si desidera, esiste la possibilità di sostenere dei progetti di vita: ci sono iniziative comunali e statali che offrono aiuti economici e servizi. Se un giorno decidessi di comprarmi una casa, per esempio, so che qui posso farlo. Non penso che in Italia si possa dire lo stesso”.
Approfondendo sul rapporto che prova nei confronti del paese natio, Erba ha messo in luce desideri ed evidenziato profonde criticità, comuni a tanti giovani che, come lui, decidono di lasciare l’Italia in cerca di opportunità.
“L’Italia è un bel posto per trascorrere le vacanze – ha scherzato – Ad essere sincero, provo un sentimento ambivalente nei confronti del mio paese. Da un lato in Italia ci sono gli affetti, le amicizie di lunga e media data, ci sono i luoghi del cuore”, ha detto, indicando le nostre montagne.
Conclude:
“Però, mettendo tutto questo da parte e sotto una prospettiva più generale, mi sento deluso da come stanno andando le cose in Italia, dalle condizioni lavorative fino alle scelte politiche. Non vedo nel mio paese un ente che sostiene i cittadini nei loro progetti di vita e a malincuore devo ammettere che non è una condizione in cui voglio vivere”.
Il futuro
Se l’ipotesi del rientro in patria appare al momento offuscata, il futuro del dottorando, comunque, non è ancora scritto su pietra:
“Vorrei provare ad esplorare altri stati e vedere come si vive lì. Mi piacerebbe sperimentare la Spagna per un periodo perché trovo interessante come si sta muovendo a livello politico e sociale. Però riconosco che trasferirsi è un processo stancante sotto vari punti di vista, e a volte sento che la pigrizia mi ostacola. Non ho ancora pensato veramente a cosa fare una volta che avrò discusso la tesi, cosa che calcolo avverrà verso inizio ottobre. Probabilmente rimarrò a Montpellier almeno un altro anno, per sostenere le scelte lavorative di Chiara, poi decideremo insieme cosa fare”.