Dall’inferno della guerra e del fanatismo, all’attivismo per i diritti umani per raccontare la sua storia e la situazione che ha vissuto. Atai Walimohammad, scrittore, attivista e educatore di origine afgana e rifugiato politico in Italia, ha solo 25 anni ma è come se avesse già condotto sei vite. Un’infanzia travagliata, nella sua patria, dove la sua madre e lo zio materno volevano reclutarlo affinché diventasse kamikaze, da cui è riuscito a fuggire per arrivare nel nostro Paese e rifarsi una vita: ora lavora alla comunità terapeutica Villa Plinia di Tavernerio e ha pubblicato cinque libri, di cui due in italiano, per raccontare quanto ha vissuto.
Fugge dall’Afghanistan, si laurea e racconta la sua storia in 5 libri
«Sono in Italia dal 2013: arrivai dopo un lungo e pericoloso viaggio che durò due anni e mezzo, dopo aver avuto lo status di rifugiato, mi sono laureato in Scienze della Mediazione Linguistica e sto per finire la Magistrale in Scienze politiche all’Università di Pavia – si presenta il giovane – E questo libro che ho pubblicato in italiano, dal titolo “Il martire mancato” mi ha permesso di raccontare la travagliata storia che ho vissuto in Afghanistan: sono fuggito da un centro di addestramento per kamikaze in cui ero stato mandato da mia mamma, che voleva rendermi un martire, dapprima nel mio paese e poi mandandomi in Pakistan. Mio padre era medico e fu ucciso quando ero molto piccolo: mia madre non volle mai rivelarmi la verità su di lui. Mia sorella Salma fu venduta quando aveva solo 12 anni a un signore della guerra e comandante dei talebani nel nostro villaggio, mentre io ero destinato a diventare un terrorista. Ma non ho mai accettato di sottopormi a questo destino».
E fu la nonna paterna, che egli conobbe a un funerale, ad aiutarlo a fuggire da quello che sembrava il suo destino segnato. «Mia nonna paterna ci salvò la vita con la vera cultura afgana – continua a raccontare il 25enne – E ci spiegò che il nostro padre fu ucciso dai talebani con l’aiuto della nostra mamma, perché era medico e non faceva crescere la barba, e il mullah lo decretò all’impiccagione». Da qui, la fuga che lo portò al nostro Paese. «Fuggii a 14 anni, attraversando 7 paesi clandestinamente e riuscii ad arrivare in Italia, dove cercai da subito di dedicarmi a lavorare per mantenermi con mille lavori: dalla Questura di Bari, Milano e Pavia, dove mi occupavo di traduzioni, fino poi ad arrivare a diventare educatore nella Comunità terapeutica di Villa Plinia: un lavoro che amo moltissimo, che mi dà tanto, è estremamente gratificante ma non è per niente facile avere a che fare con tante situazioni difficili quotidianamente».
Il giovane, poi, ha terminato il percorso di studi e scritto cinque libri, dei quali due sono stati pubblicati in italiano: «Il martire mancato» e «Ho rifiutato il Paradiso per non uccidere». «Scrivere libri è stato per me estremamente utile e importante, anche terapeutico per raccontare quanto avevo passato, e credo sia importante far capire qual è la realtà dell’Afghanistan oggi – aggiunge il giovane – Credo che riportino la descrizione più minuta, più inquietante, più approfondita, più precisa, di cosa è stata ed è tuttora la scuola internazionale del terrorismo fondamentalista, di come è fatto il lavaggio del cervello ai giovanissimi. Li ho scritti quasi di getto e pubblicarli è stato una grande emozione: finché c’è stata la possibilità, ho raccontato la mia storia nelle scuole, ma ora, a causa della pandemia, non è possibile». Ma l’impegno di Atai Walimohammad non si ferma qui. «Tramite il mio vissuto vorrei riuscire ad aiutare chi si trova in una situazione di difficoltà – aggiunge – Con mia sorella, che tuttora è chirurgo ed è in Afghanistan sotto scorta, abbiamo aperto un’associazione per aiutare le donne che subiscono soprusi e maltrattamenti, e favorire la loro emancipazione nel nostro territorio dove purtroppo la mentalità è ancora troppo arretrata. Intanto voglio continuare a raccontare la mia storia e usare quello che ho passato per aiutare gli altri: ho preso contatti con Emergency e intendo andare avanti per aiutare le persone». Altre pubblicazioni in programma? «Attualmente no, però un altro sogno sarebbe di tradurre in italiano i libri che aveva scritto mio padre – conclude – Ho tanti progetti: voglio dedicarmi alle persone».
(Giornale di Erba, sabato 24 aprile 2021)