"Giro il mondo grazie agli sport da combattimento"
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«Lo sport mi ha cambiato la vita», Giuseppe Cimadoro, quarantaduenne originario di Cantù, attraverso la sua passione per gli sport da combattimento, sta raccogliendo sempre più soddisfazioni, anche fuori dall’Europa.
L'inizio
«Il mio primo spostamento definitivo all’estero è avvenuto nel 2007, quando ero uno studente universitario di Scienze dello sport alla Statale di Milano e stavo facendo la specialistica - rivela Giuseppe Cimadoro - durante quell’anno accademico ho aderito al progetto Erasmus e mi sono recato in Francia, per la precisione a Digione, dove ho incontrato il professore Gilles Cometti, che era un leader a livello europeo per quanto riguarda il mio campo della preparazione fisica. Lì mi sono trovato subito bene, anche perché avevano strutture parecchio all’avanguardia, in relazione al periodo. Per i giovani, come me, c’erano parecchie opportunità, che in Italia non vedevo. Così la Francia è stata la mia casa per quasi 5 anni».
Il nuovo capitolo
Successivamente si è aperto un nuovo capitolo nella vita di Giuseppe: «Per crescere ulteriormente, poi, sono andato in Inghilterra. Per la precisione vivo qui dal 2011. Attualmente faccio il senior lecturer all’università St Mary’s di Londra, in particolare mi occupo della preparazione fisica nel campo delle Scienze dello sport. Quindi insegno materie che sono strettamente legate alla performance sportiva, come la fisiologia e le metodologie dell’allenamento sportivo, anche proprio dal punto di vista della forza e della potenza muscolare. Ma affronto anche il tema dei metodi della ricerca sperimentale, sempre nell’ambito della performance. Inizialmente, in Inghilterra, ho vissuto a Loughborough, perché lì ho finito il mio dottorato di ricerca. Dal 2012, invece, mi trovo a Londra, una metropoli in cui non è facile costruire legami umani, ma che offre tante opportunità a livello lavorativo». Giuseppe, nella sua attività universitaria, affronta i temi della preparazione fisica e della performance, anche a prescindere dallo sport di riferimento, ma la dimensione che più gli appartiene è chiara: «Il mio bagaglio, prima come atleta, poi come allenatore e ora da ricercatore, coinvolge soprattutto gli sport da combattimento, come la kickboxing e la muay thai. In Francia ho anche fondato un club di sport da combattimento, che poi ho affidato ai miei allievi. All’estero vedo diversi italiani che ricoprono dei ruoli in questi sport, ma quasi sempre sono allenatori o svolgono alcune attività come secondo lavoro. Io, invece, ormai, ho trovato la mia dimensione nel campo della ricerca universitaria».
L'inspirazione
In generale, Giuseppe, da tempo, ha una mentalità molto internazionale: «Ho visto parecchi Paesi. Spesso mi devo spostare per lavoro, dato che partecipo a molti congressi, ma viaggio tanto anche come semplice turista. Per fare qualche esempio, sono stato in Irlanda, in Norvegia, negli Emirati Arabi, in Germania, in Spagna e in varie zone degli Stati Uniti. Tra l’altro, parlo bene inglese e francese, grazie alla mia vita da italiano all’estero». Per Giuseppe, inoltre, si è aggiunta, recentemente, una nuova prestigiosa tappa: «Un paio di settimane fa sono andato a Bangkok per fare il relatore in un importante evento sulla muay thai, che rappresenta lo sport nazionale in Thailandia. A livello di performance sportiva i loro atleti esprimono un livello molto alto in questa disciplina. Io sono stato invitato dall’università di Bangkok, in collaborazione con l’Istituto nazionale di ricerca e il ministero dell’Educazione e dello Sport thailandesi. Quando da ragazzino ho iniziato a praticare gli sport da combattimento, con il mio maestro Gianluca Chiloiro, sognavo di poter lasciare un’impronta in questi ambiti. Nel corso degli anni, poi, ho sviluppato anche la passione per la performance sportiva e ora, attraverso i miei studi, sono orgoglioso di poter influenzare le metodologie di allenamento di questi sport, che, soprattutto in passato, tendevano a seguire la tradizione. Il mio grande obiettivo è diffondere un approccio sempre più moderno, utilizzando le evidenze scientifiche».
Le differenze trovate
Per quanto riguarda le maggiori differenze tra l’Italia, la Francia e l’Inghilterra, Giuseppe afferma: «In Francia, secondo me, come cultura sono abbastanza simili all’Italia. Il mio adattamento è stato abbastanza veloce, non ho percepito grossi cambiamenti nella mia vita. Ho un bel ricordo di quel periodo, considero la Francia la mia seconda casa. In Inghilterra, invece, avverto profonde differenze. Dal punto di vista del modo di fare, qui impari un atteggiamento che considero molto formale nella sua informalità, perché l’inglese da un lato tende a essere formale nell’approccio, ma poi nel contenuto del dialogo quotidiano risulta parecchio informale. Quindi emerge una contrapposizione. Per fare un esempio concreto, qui, come forma di cortesia, si invitano sempre tante persone a prendere, in futuro, una birra al pub, ma spesso non c’è concretezza in queste frasi, se non con gli amici stretti. Questo è il loro modo formale, attraverso una conversazione informale, per accoglierti. Noi italiani siamo molto diversi, la nostra gestualità espressiva qui non esiste». Anche dal punto di vista del cibo, Giuseppe avverte maggiori connessioni tra l’Italia e la Francia: «Sicuramente le tradizioni gastronomiche sono un po’ diverse, in Francia non si mangia la pasta tutti i giorni, ma l’approccio verso la buona cucina è simile al nostro Paese. Gli inglesi, invece, proprio non hanno la cultura gastronomica. A Londra c’è una cucina molto internazionale, si mangiano cibi un po’ di tutto il mondo, perché la loro cucina della tradizione quasi non esiste».
Il legame con il paese d'origine
Ma in tutto ciò, Giuseppe non dimentica il suo profondo legame con Cantù: «Sono ancora legato al mio paese d’origine, soprattutto perché lì c’è tutta la mia famiglia, inoltre conservo anche parecchie amicizie. Io vivo all’estero da solo, quindi appena posso rientro molto volentieri. In alcuni periodi vengo a Cantù anche 1 volta ogni 2 mesi. Il viaggio dall’Inghilterra all’Italia non è tanto impegnativo». In vista del futuro, il prossimo capitolo del percorso di Giuseppe è ancora tutto da scrivere: «Il mio obiettivo è crescere in un posto che mi dia la possibilità di fare ricerca, soprattutto, ovviamente, nell’ambito degli sport da combattimento. Vorrei che il mio lavoro coincidesse sempre con la mia passione, come sta avvenendo proprio in questo momento. Non escludo totalmente un ritorno definitivo in Italia, le opportunità lavorative definiranno il mio futuro».
"Un'esperienza formativa"
Infine, Giuseppe Cimadoro, esprime il suo punto di vista, nel consigliare l’estero ai giovani italiani: «Uscire dal proprio Stato rappresenta sempre un’esperienza formativa, in cui si può crescere, anche attraverso le difficoltà. È fondamentale ampliare gli orizzonti culturali, bisogna mettersi in gioco e sperimentare dimensioni lontane dalla propria. Ma ci tengo a specificare che il problema non è l’Italia, andare all’estero può essere un plus per persone di qualsiasi Paese».
Filiberto Caruso