l'intervista

Il nuovo prevosto canturino: "Il dialogo, esercizio difficile"

Don Maurizio Pessina proveniente da Novate Milanese, vuole promuovere la partecipazione attiva e il dialogo religioso nella comunità di Cantù

Il nuovo prevosto canturino: "Il dialogo, esercizio difficile"
Pubblicato:

Arrivato a Cantù nel mese di settembre dopo l’addio di don Fidelmo Xodo, domenica scorsa ha fatto il suo ingresso solenne come prevosto della Comunità pastorale San Vincenzo don Maurizio Pessina. Nato a Novate Milanese nel 1960, don Maurizio è stato ordinato sacerdote nel 1985 dal cardinale Carlo Maria Martini. Dopo dodici anni alla guida della parrocchia di San Martino e amministratore parrocchiale di quella di Santa Monica a Bollate, è pronto a una nuova sfida.

L'intervista al nuovo prevosto canturino

Don Maurizio, quale percorso l’ha portata alla Comunità pastorale di San Vincenzo?
«Ho iniziato il mio percorso con due esperienze nelle pastorali giovanili: sono stato a quella di Inzago per 7 anni e a quella di Nova Milanese per 10. Ho quindi avuto modo di conoscere fin da subito le realtà oratoriali».

Poi è diventato parroco.
«Esattamente, prima a Cesate e poi a Bollate. E nel frattempo mi sono state date altre responsabilità dalla Diocesi di Milano all’interno della Commissione arcivescovile per il Diaconato permanente. Quindi sono stato per 14 anni decano a Bollate e per dieci decano della Diocesi. E nei mesi scorsi mi è stato chiesto di venire a Cantù».

E’ stato un cambiamento importante?
«Certamente, ma essere responsabile di una Comunità pastorale mi dà la possibilità di mettere a frutto le esperienze comunicative e di lavoro per la pastorale d’insieme, patrimonio dell’esperienza che ho acquisito coordinando il Decanato. Ora però dovrò avere uno sguardo diverso, uno sguardo complessivo sulle diverse realtà pastorali. Sarà un lavoro di comunicazione e partecipazione. Cantù mi chiede questo».

"Comunicazione, collaborazione e partecipazione"

In queste prime settimane di presenza che impressione ha avuto della Comunità pastorale San Vincenzo?
«Mi ritengo fortunato perché si tratta di una comunità ben avviata, che presenta caratteristiche organizzative precise e che vanta presenze di collaborazione e volontari molto attivi. E di questo sono grato. Intuisco che è un lavoro all’inizio che va continuato con maggiore comunicazione, collaborazione e partecipazione».

Lei ha citato più volte la parola partecipazione. Quanto è importante nella Chiesa di oggi questo aspetto?
«E’ fondamentale. Il Sinodo dei Vescovi che si è appena concluso ha riflettuto proprio sulla sinodalità, che significa dare la possibilità a tutti di partecipare e offrire il proprio contributo, ascoltandolo e tenendolo in considerazione. Per farlo però occorre avere capacità di ascolto e discernimento. E’ un dovere ascoltare tutti, ma alla fine bisogna prendere una decisione, orientare le scelte nella giusta direzione».

A Cantù vede questa partecipazione?
La vedo e credo sia frutto di una forte identità del territorio, cristiano-cattolica e spirituale, che ho avuto modo di conoscere anche nelle mie visite dei mesi scorsi, prima di arrivare ufficialmente come prevosto. Un’identità che ha bisogno di essere approfondita nelle radici e nelle motivazioni affinché divenga incisiva in questo cambiamento d’epoca che ci pone di fronte a sfide complesse».

"Il dialogo, un esercizio difficile"

Partecipazione è anche avvicinare le nuove generazioni alla parrocchia.
«Nel mio passato sono stato in parrocchie della periferia milanese in cui i giovani erano davvero poco coinvolti nella vita comunitaria. A Cantù invece c’è una realtà che tiene molto e di questo devo ringraziare i giovani preti come don Paolo che hanno guidato bene la pastorale giovanile. Ora insieme dobbiamo guardare al futuro coinvolgendo tutte le realtà cittadine. Non posso negare che i problemi tra i giovani ci siano anche in questa città, ma coinvolgono chi è ai margini o chi è sulla soglia. Non è la totalità dei giovani ad avere problemi, è una piccola parte purtroppo attratta da banalità e violenza. Questa situazione però non può essere solo in carico alla parrocchia, tutta la rete del territorio deve lavorare insieme per risolverla».

Cantù è anche mix di culture e religioni. C’è ad esempio un’importante comunità musulmana. Prevede un dialogo?
«Ho già avuto modo di incontrare i rappresentanti delle confessioni cristiane in città e ho tra i miei obiettivi di conoscere quanto prima anche i rappresentanti del mondo islamico. Bisogna sempre ricordare che i rapporti con le altre religioni fanno parte di una realtà che è complessa e che non bisogna mai definire “problema”. E’ necessario però imparare a conoscere e a distinguere i piani di questa realtà. E’ fondamentale parlarsi, anche se il dialogo è un esercizio difficile e mai del tutto imparato».

Seguici sui nostri canali