Cervelli in fuga dal Canturino e Marianese

Il ricercatore giramondo: "L’Italia premia poco il talento"

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Il ricercatore giramondo: "L’Italia premia poco il talento"
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Ogni tanto per poter perseguire il proprio grande obiettivo è necessario mettersi in gioco e uscire dai confini che ci appartengono. Andrea Giovannucci è un ricercatore universitario, ormai di stampo internazionale, con un passato a Mariano Comense e Cabiate. Il suo campo di ricerca è uno dei settori di maggiore attualità a livello globale: l’intelligenza artificiale.

I primi passi fuori dall'Italia del ricercatore giramondo

L’interesse nell’approfondire tematiche innovative lo ha portato a uscire presto dall’Italia per sviluppare le sue conoscenze in quegli stati che gli hanno garantito migliori possibilità di crescita, soprattutto in relazione ai tempi in cui era uno studente in cerca di contenuti e opportunità per arricchire il proprio bagaglio. Inizialmente, era tanta la sete di conoscenza, ma ancora poco delineato il piano d’azione per appagare questa esigenza:

«La mia prima esperienza all’estero è stata in Belgio nel 1999. Sono partito con il programma Erasmus, in quel momento veramente non sapevo dove sarei finito - dichiara Andrea - ma avevo voglia, innanzitutto, di esplorare un po’ il mondo per vedere qualcosa di diverso e imparare cose nuove. Così, grazie a una sovvenzione, ho vissuto lì per 1 anno».

Il Belgio, però, è stata solo la prima tappa di un lungo percorso che ha trasformato Giovannucci in un cittadino del mondo.

«Dopo 1 anno in Belgio - specifica Andrea - sono andato in Spagna per 10 anni e negli Stati Uniti per altri 12. In America ho vissuto a Princeton nel New Jersey, poi a New York e, infine, in North Carolina, in un piccolo paesino. Ora, da un paio di anni, sono tornato in Spagna, precisamente a Siviglia».

"Sono un ricercatore universitario"

Per quanto riguarda la sua attività professionale fuori dai confini italiani, Andrea specifica:

«Sono un ricercatore universitario nell’ambito dell’intelligenza artificiale applicata, in particolare, alla biologia».

I suoi obiettivi futuri risultano chiari:

«Ora mi sto costruendo una certa stabilità a Siviglia e punto a rimanere qui, mi piace come si vive in questa città e mi trovo bene anche a livello lavorativo. Comunque anche nel caso di un eventuale spostamento, attualmente non prevedibile, vorrei sempre vivere all’estero».

L’Italia, ormai, rappresenta il passato, da cui Andrea, progressivamente, si è un po’ distaccato:

«Il mio legame con l’Italia rimane, ma lo definirei sottile. Inoltre, i miei ricordi sono ormai di un’altra generazione. Immagino che tante cose siano cambiate, ma ho perso un po’ la percezione delle dinamiche del mio Paese. Devo dire, però, che ho incontrato tantissimi italiani nei miei giri all’estero. In un certo senso il contatto con l’Italia rimane proprio attraverso questi nuovi rapporti che si creano fuori. In qualsiasi luogo del mondo in cui sono andato ho conosciuto una comunità di italiani con cui ci si ritrovava piacevolmente, soprattutto per condividere qualche ricordo, ma anche per svago. Solo in North Carolina ho trovato pochissimi italiani».

"A Barcellona una grandissima comunità italiana"

La città in cui si è percepita meno la distanza dall’Italia è Barcellona:

«Lì c’è una grandissima comunità italiana. Ho vissuto in questa splendida città dal 2000 al 2010 – specifica Andrea – il gruppo degli italiani, se non sbaglio, rappresenta la seconda, se non la prima, comunità straniera più grande sul territorio».

A livello di differenze, tra le varie zone del mondo in cui Andrea ha vissuto o vive, la sua visione è chiara:

«In un bilancio generale vedo dei più e dei meno nel confronto tra l’Italia e i vari stati in cui ho sperimentato la vita di tutti i giorni. In Italia ricordo una profondità culturale più marcata. C’è una maggiore formazione dell’uomo a livello umanistico, storico e filosofico. Per quanto riguarda il senso civico, invece, vedo l’Italia un po’ indietro. Tendenzialmente c’è meno partecipazione nel fare qualcosa per la comunità. Negli Stati Uniti, paradossalmente, il senso civico è maggiore. Ognuno cerca di fare il proprio dovere, ma si pensa costantemente anche ad aiutare gli altri a crescere, pure per il proprio interesse, a volte. Ma in generale questa cultura della cooperazione premia. Per quanto riguarda la Spagna, noto quasi sempre una maggiore libertà di pensiero, rispetto all’Italia dove vedo più rigidità morale e un po’ di dogmatismo in diversi campi».

Un altro tema in cui si possono evidenziare delle differenze è il lavoro. Andrea, in particolare, sottolinea questo aspetto:

«Gli Stati Uniti offrono, tendenzialmente, più possibilità di crescita a livello lavorativo, anche per i giovani. In primis, se si fa ricerca, come nel mio caso, ci sono proprio i fondi necessari per lo sviluppo. In Italia si rimane più indietro, spesso anche per la burocrazia, non solo per ragioni puramente economiche. Inoltre, vedo l’Italia ancora come uno stato che tende a premiare poco il talento. Non è un caso che tantissimi italiani, che si sono trasferiti all’estero, facciano parte proprio dell’ambiente accademico o comunque del mondo della ricerca. All’estero, in questa dimensione, si va a un’altra velocità».

"In Italia il cibo è impareggiabile"

Il grande punto di forza dell’Italia, che Andrea non può dimenticare, è la nostra rinomata tradizione gastronomica:

«Chiaramente il cibo è impareggiabile, in Italia ricordo veramente quella sensazione del mangiar bene, anche se si tratta di una cucina non tanto variegata, come si può trovare all’estero. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’identità gastronomica americana non esiste, però hai a disposizione pietanze di qualsiasi cultura, preparate piuttosto bene. In Italia manca quest’apertura verso tutte le cucine del mondo, ma è anche comprensibile dato che la propria cucina è così buona e, giustamente, apprezzata».

La sua personale posizione, nel consigliare un futuro all’estero ai giovani italiani, parte da una premessa:

«Ora è complicato per me sbilanciarmi perché non conosco più benissimo la realtà italiana, nella sua quotidianità. Le notizie che mi arrivano non sono promettenti - sottolinea Andrea - in generale direi che dipende dall’ambito lavorativo in cui una persona si vuole affermare. L’Italia è una garanzia in alcuni settori, come il marketing, per fare un esempio. Anche l’industria automobilistica di punta è fantastica. Direi anche la fisica. Ovviamente, però, fare un dottorato all’estero può essere, in ogni caso, una grande opportunità di crescita. Se si vuole diventare professori universitari, proprio per la mia personale esperienza, suggerirei di intraprendere un percorso all’estero. In Italia c’è una dimensione politica esagerata, che non risulta a favore del merito e della lealtà. Ci sono i portaborse che hanno assegni di ricerca per 20 anni e magari neanche vengono pagati, soprattutto durante il dottorato. Nel campo della ricerca non vedo bene l’Italia. Nel mio caso, quindi, la scelta di uscire dall’Italia la considero vincente e la rifarei, senza dubbio».

Filiberto Caruso 

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