Il vescovo ordinerà due diaconi comaschi: Beppe Menafra a Sagnino e Massimo Romanò a Cermenate
Appuntamento in Duomo in occasione dell'Immacolata.
Mercoledì 8 dicembre, alle 15.00, in Cattedrale, a Como, il vescovo Oscar Cantoni presiederà il rito di ordinazione diaconale. Tre uomini saranno consacrati diaconi permanenti (ovvero la loro ordinazione non è finalizzata al sacerdozio); uno sarà diacono (in vista di una successiva ordinazione presbiterale) dei padri della Congregazione della Passione di Gesù Cristo (conosciuti dai più come passionisti che, in diocesi di Como, risiedono a Caravate).
Il vescovo ordinerà due diaconi comaschi
“Diaconia” significa servizio. Il diacono riceve il primo grado del sacramento dell’Ordine. Durante le celebrazioni ha una veste liturgica propria, in presbiterio ha un posto suo, ha il compito di proclamare il vangelo e può tenere l’omelia, ha l’obbligo di celebrare la Liturgia delle Ore, può celebrare la liturgia del Battesimo, benedire il Matrimonio, accompagnare alla sepoltura i defunti. Egli è un ministro di Cristo a tutti gli effetti.
I diaconi, inoltre, animano il servizio della carità: non è un caso che in molte diocesi i direttori delle Caritas locali siano diaconi permanenti. Fondamentale è lo stretto legame che hanno con il vescovo. Nel rito di ordinazione diaconale il Vangelo è consegnato nelle mani degli ordinandi. In diocesi di Como i diaconi permanenti, con le ordinazioni dell’8 dicembre, saranno 20.
Il Vescovo Oscar ordinerà Giuseppe (Beppe) Menafra della parrocchia San Paolo di Como-Sagnino. Sposato con Barbara, padre di quattro figlie, lavora al servizio Caritas “Porta Aperta” di Como. Massimo Romanò è della parrocchia Santi Vito e Modesto di Cermenate (Co). Sposato con Virginia, padre di tre figli, è impiegato nella cooperativa “Si Può Fare”.
"Il diaconato – è la riflessione di Giuseppe Menafra – non è una professione, ma qualcosa che appartiene un po’ a tutti noi, tutti i battezzati. Va oltre il lavoro, pur avendo tante assonanze e concretizzazioni che lo accomunano ad esso, ma riguarda di più il mio modo di vivere da battezzato, che attraversa il mio essere sposato, il mio essere papà, il mio stare in parrocchia. Credo che in questo cammino fatto di tanti passaggi, dallo studio, alla preghiera, al modo stesso di essere presenti nelle liturgie, si impari a essere diacono, più che a fare il diacono".
"La mia bellissima famiglia – racconta Massimo Romanò – mi ha supporto nelle decisioni che ho preso. Il mio cammino verso il diaconato si è nutrito di tanti passaggi: sia nel permettermi di approfondire la mia fede, per sostenere le mie scelte, sia nell’insegnarmi come ci si metta veramente al servizio del prossimo, stando accanto con pazienza e umiltà. Credo che l’umiltà sia la vera cifra del diacono e questo è l’augurio che faccio a me stesso, come capacità di accogliere la volontà del Signore, e accompagnare, sostenendo, chi fa più fatica e tende la mano in cerca di aiuto".