Cervelli in fuga dal Canturino e Marianese

In Argentina per insegnare italiano: “Qui amano la cultura”

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In Argentina per insegnare italiano: “Qui amano la cultura”

Viaggiare aiuta a scoprire se stessi e a maturare nuove consapevolezze sul mondo, soprattutto se lo si fa da giovanissimi come Aniol Macera Cunillera, classe 2003 di Senna Comasco. Alla sua prima esperienza all’estero ha scelto di volare dall’altra parte del mondo, a Córdoba, in Argentina. Studente di Scienze della formazione primaria all’università Bicocca, appena concluso il terzo anno accademico, a luglio 2024 il 21enne di Senna Comasco è partito con il programma «Erasmus exchange extra Ue» scegliendo la sede di Córdoba della scuola «Dante Alighieri», organizzazione diffusa in tutto il mondo che promuove la cultura e la lingua italiana.

Aniol Macere in Argentina: “Qui amano la cultura”

«Sto svolgendo un tirocinio come insegnante di italiano in terza e quinta elementare. La peculiarità di questa scuola è che oltre al curriculum delle scuole pubbliche argentine, gli alunni frequentano in parallelo anche quello italiano – ha raccontato – Nella scelta della destinazione mi sono lasciato consigliare dal coordinatore Erasmus del mio corso di laurea, originario di Córdoba. Avevo tanta voglia di partire ma poca esperienza. Il suo aiuto, assieme a quello della segreteria universitaria, sono stati fondamentali per preparare la partenza».

Atterrato in Argentina, Macera Cunillera si è confrontato con una realtà complessa: «Sul sito della Farnesina si evidenziavano due aspetti del paese: la criminalità diffusa e una netta distinzione tra classi sociali. Sul tema sicurezza, dopo aver viaggiato molto, posso dire di non essermi mai sentito in pericolo. È vero invece che le distinzioni sociali sono evidenti: si può camminare in un quartiere centrale e bello e, girando l’angolo, ritrovarsi in una cosiddetta «villa», una raggruppamento urbano di case in lamiera o mattoni scoperti, dove la gente vive in condizioni precarie. Qui ho visto la povertà estrema», ha raccontato. Il contatto quotidiano con le difficoltà economiche di molti argentini ha fatto riflettere il giovane sennese: «Quando qualcuno dei nostri amici propone una partita di pallavolo o calcio, si sente spesso: “Non posso, sono a corto di soldi”. Si tratta di 4 mila pesos, l’equivalente di tre euro: una cifra esigua per noi, spesso insostenibile per loro. È impossibile non interrogarsi sui propri privilegi».

A queste riflessioni si sono aggiunte quelle legate alla possibilità di movimento in un paese molto esteso: «Durante il viaggio di due settimane in Patagonia ho percorso 6mila chilometri. Qui ci si sposta in autobus o aereo, ma non è una possibilità accessibile a tutti: persone di Calafate, Bariloche o molto più a sud hanno difficoltà a spostarsi sia per i costi elevati che per le grandi distanze. La maggior parte delle persone passa l’intera vita nei luoghi d’origine senza mai allontanarsi, noi invece possiamo andarcene quando vogliamo».

Le tradizioni

Oltre a una maggiore consapevolezza sulle dinamiche sociali, Macera Cunillero ha avuto modo di immergersi a fondo nell’essenza culturale argentina imparando a comprenderne le sfumature: «Buenos Aires ha il tango, che non mi è sembrato emblema della cultura nazionale quanto più circoscritto e rappresentativo dell’identità della capitale “portena”, a Córdoba invece le istituzioni sono il “cuarteto”, genere musicale tradizionale, e la bevanda “fernet y coca”  – ha spiegato – A parte queste peculiarità, la maggior parte dei luoghi comuni che avevo prima di partire si sono rivelati veri, in particolare quelli su calcio, mate e asado. Il futbol è l’essenza del paese, la tifoseria di ogni squadra della Lega argentina non è paragonabile a quella più sfegatata italiana. Da Jujuy a Ushuaia, due punti a 5mila chilometri di distanza, bevono tutti il mate, lo hanno sempre in mano e il termos sotto braccio. L’asado, infine, è un aspetto centrale della cultura argentina: non la semplice grigliata, ma un evento sociale che dura un intero giorno». La scoperta di tutte queste caratteristiche è stata resa possibile anche grazie ad un naturale sentimento di simpatia che gli argentini hanno verso il popolo italiano: «Qui noi italiani abbiamo un fascino particolare, amano il nostro popolo e la nostra cultura: appena conosci qualcuno, la gran parte di loro ti risponderà che ha un nonno o un bisnonno italiano. Sono molto accoglienti, aperti e amano anche sentirselo dire», ha riconosciuto Macera Cunillera.

L’esperienza transoceanica, ormai quasi al termine, ha permesso al 21enne di  migliorare la sua competenza in spagnolo, una lingua con cui è a contatto da quando è nato grazie alle origini catalane: «Mio padre è italiano da genitori laziali e mia madre è catalana di Tarragona. Sono molto fiero di appartenere alla cultura catalana e mantengo vivo il legame con la numerosa famiglia che vive lì. Mia mamma dice sempre che ho cominciato a parlare catalano ancora prima di imparare l’italiano – ha raccontato –  Per quanto riguarda lo spagnolo invece, credo di aver sempre avuto insito dentro di me un certo livello di competenza. Sebbene la maggior parte dei residenti in Catalogna parlino in catalano, alcuni comunicano anche in spagnolo: lo capivo benissimo ma non ero ancora molto fluente nel parlarlo. In Argentina quindi ho voluto impegnarmi per praticarlo, qui però la lingua è tutta un’altra cosa rispetto allo spagnolo della Penisola iberica: il loro modo di parlare è una cantilena, molto simile all’italiano. Però appena proferisci parola notano subito che usi l’accento castigliano e che non sei “cordobés”».

Mantenendo gli accenti nativi, Macera Cunillera si è adattato al contesto culturale e ha imparato ad apprezzare la città che l’ha accolto: «Appena sono sbarcato a Córdoba i miei inquilini, arrivati dieci giorni prima, hanno sottolineato il fatto che fosse insicura, a loro non piaceva. Non ho avuto tanto tempo per verificarlo perché il giorno dopo sono partito per un viaggio nel nord dell’Argentina: ho passato quelle due settimane a rimuginare sulla scelta della meta – ha spiegato – Però non volevo arrendermi a percezioni esterne e quando sono tornato dal viaggio ho scoperto una città viva, studentesca – qui ha sede l’Università nazionale di Córdoba – molto trafficata, in cui si esce ogni giorno e non si percepisce insicurezza. Un’usanza che ho scoperto essere molto sudamericana è riunirsi nei parchi e nelle zone verdi della città quando c’è bel tempo».

“Ho iniziato a insegnare”

Nel viaggio di scoperta quotidiana di Córdoba, il 21enne ha finito per scoprire anche qualcosa di sé: «Grazie a questa esperienza ho cominciato a pensare di insegnare italiano all’estero, cosa che non avevo mai tenuto in considerazione prima. Ho parlato con una docente della scuola dove sto facendo tirocinio per avere delle dritte: la strada è lunga, ma penso che potrebbe piacermi e spero di poterlo fare in Catalogna. Il piano è ancora da definire, per ora voglio terminare gli studi e iniziare ad insegnare alle scuole primarie in Italia, se capita anche nell’infanzia. Dopotutto, chi lo ha mai visto un maestro alle scuole dell’infanzia?».