Cervelli in fuga dal Canturino e Marianese

In Australia per giocare a calcio: “Qui ci sono maggiori possibilità”

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In Australia per giocare a calcio: “Qui ci sono maggiori possibilità”

Prima nella «terra delle opportunità», poi nella patria dei «Socceroos»: Lorenzo Boselli, ex studente del liceo Sant’Elia di Cantù, ha esplorato il Nuovo Mondo per il calcio. Boselli racconta: «In questo momento sono ad Adelaide. Il motivo per cui sono in Australia è semplice: il calcio. Ma mi sono trovato anche un lavoro». Il ragazzo classe 2000 è arrivato in Australia a gennaio 2025.

In Australia per giocare a calcio: “Qui ci sono maggiori possibilità”

«Quando sono atterrato era piena estate e sono andato subito a farmi un giro al mare. Adelaide è una città bella e molto tranquilla pur essendo abbastanza grande».
Abituarsi all’Australia non è stato eccessivamente complesso: «Ho già fatto cinque anni negli Stati Uniti e quindi non mi ha scombussolato più di tanto il cambiamento. Sono abituato a stare lontano dalla mia famiglia. Gli australiani hanno un carattere molto particolare: sono amichevoli e disponibili quindi quando c’è bisogno, danno una mano con grande piacere».

L’ex studente del Sant’Elia milita attualmente nella National Premier League, il secondo livello calcistico della Nazione, subito sotto la A-League. La lega è organizzata su base regionale e ha una particolarità: «Diverse squadre sono state fondate dagli immigrati europei e ancora oggi portano quei nomi. Io, ad esempio, gioco per l’FK Beograd, fondato da espatriati serbi». Dal punto di vista calcistico, la situazione è abbastanza florida visto che si tratta di un campionato semi-professionistico: «Abbiamo tutti un secondo lavoro, ma non siamo amatori. Non è un livello troppo alto, diciamo che è discreto. Mi aspettavo un calcio veloce e fisico, fatto di molte transizioni ed effettivamente è così. Se devo fare un paragone, è molto più simile agli Stati Uniti che all’Italia. C’è meno tattica e più velocità».

La Npl ha regole molto strette sugli stranieri: ogni squadra può avere al massimo due giocatori non australiani a cui si aggiunge un asiatico: «Nella mia squadra ci sono solo io e un ragazzo giapponese. Gli altri sono tutti australiani, ma ci sono diversi miei compagni che hanno i genitori serbi e anche italiani».
Il rapporto che si è creato con l’organizzazione è ottimo: «L’allenatore, con me, si è comportato molto bene e io mi trovo altrettanto a mio agio con lui. Mi sono riconosciuto subito nelle sue idee di calcio e mi piace come lavoriamo». E anche con i compagni il legame c’è: «Sono tutti ragazzi disponibili e mi invitano spesso a uscire. Poi c’è l’appuntamento fisso del post partita. L’ambiente è molto bello e la squadra è una delle migliori sotto questo punto di vista».

“Non volevo rimanere in Italia”

Ma Boselli come ci è arrivato dall’altra parte del mondo in una squadra di chiare origini serbe?: «Conosco un uomo che faceva il direttore sportivo a Cantù e che è il titolare di un bar a Bregnano, il mio paese. A sua volta lui ha un contatto in Australia che mi ha fatto conoscere una sorta di agente. Ho mandato dei miei video ed ero convinto fin da subito di poter andare. Non volevo rimanere in Italia». La situazione calcistica nel Belpaese, infatti, è decisamente ingessata e fare reali progressi di carriera è diventato molto complesso: «Rimanere in Italia non mi interessa perché tra calcio e lavoro non funziona nulla. Arrivare tra i professionisti è impossibile perché non c’è meritocrazia e non si riesce a vivere di calcio. E allo stesso tempo si fa fatica anche dal punto di vista lavorativo».

In Australia, invece, le possibilità sono maggiori: «Ci sono più opportunità, anche e soprattutto per il lavoro. Non riuscirò a giocare a calcio per tutta la mia vita e svegliarsi senza avere il peso di andare a lavorare prima di giocare fa enorme differenza». Prima dell’Australia, Boselli ha vissuto e giocato negli Stati Uniti dove ha potuto vedere un mondo diverso, soprattutto in relazione al rapporto con lo sport: «Sono andato negli Usa tramite un’agenzia che porta gli studenti-atleti nei college dove giochi e studi». L’estate 2019 è stata, dunque, quella della svolta: «Mi si è presentata l’opportunità e l’ho colta al volo. Ho fatto un provino con l’agenzia, mi hanno preso e mi hanno aiutato con la burocrazia. Ho fatto gli esami d’inglese che mi erano stati richiesti e sono partito».

L’impatto, in quel caso, è stato maggiore: «Era la mia prima esperienza ed era molto diverso dall’Italia. La mia famiglia mi ha aiutato nella transizione».
Boselli prima è stato a Dallas: «Eravamo in sei in casa, tutti internazionali. Con loro ho contatti ancora oggi, eravamo tutti nella stessa situazione e abbiamo legato molto». Il gigantismo statunitense, d’altronde, può essere un po’ stordente: «Gli Usa sono enormi e tutto è molto lontano. A Dallas, poi, alcuni quartieri mi davano un po’ la percezione di insicurezza». Dal punto di vista sportivo, tuttavia, l’esperienza texana è stata molto utile: «Il calcio è diverso rispetto a quello italiano ma a Dallas, in un Junior College, eravamo tutti europei o sudamericani». Dopodiché c’è stato il passaggio a Syracuse, nello Stato di New York, un college di Division 1 tra i più prestigiosi del paese: «È il livello più alto. Mi sono dovuto adattare al livello di fisicità e intensità ed è stato difficile. Poi, con il lavoro in palestra e dal punto di vista atletico, sono riuscito ad abituarmi».

“Sto facendo esperienze che mai avrei pensato”

Negli Stati Uniti il giovane calciatore ha vinto molto: «È stata un’esperienza fantastica. Al college tornerei subito. È come si vede nei film». Il periodo formativo del college ha avuto un grande impatto sulle scelte successive: «Purtroppo negli Stati Uniti era difficile rimanere». Boselli è, quindi, tornato in Italia dov’è rimasto alcuni mesi prima di ripartire per l’Australia: «Idealmente io non tornerei in Italia. Ma mai avrei pensato di andare al college negli Usa o di giocare a calcio in Australia quindi dipende anche da ciò che capita». Non sempre, dunque, occorre progettare il proprio futuro nei minimi termini: «L’esperienza statunitense mi ha aiutato a scegliere l’Australia. Con l’inglese sono migliorato molto visto che dovevo parlarlo per forza. In conclusione, sto facendo esperienze che mai avrei pensato e mi sento molto fortunato».

La carriera calcistica di Lorenzo Boselli lo ha già portato a vivere in contesti stimolanti e affascinanti. Dopo il sogno americano, con il grande periodo nel quotato college di Syracuse, il classe 2000 ha affrontato la nuova sfida australiana. Un contesto diverso, molto particolare, che lo sta facendo crescere come calciatore ma, soprattutto, come persona. Per ora, quindi, il ritorno in patria non è nei pensieri di Boselli. Ad Adelaide, infatti, è riuscito a trovare quell’equilibrio tra sport ad alto livello e lavoro che non si può creare in Italia. Tra Stati Uniti e Australia, in conclusione, il bagaglio culturale e personale di Boselli è enormemente cresciuto, essendo entrato in contatto con ambienti e mondi molto diversi. E, adesso, chissà dove lo porterà il suo viaggio calcistico e umano.

Tommaso Minotti