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La "Casa gialla" per la prima volta apre le porte a grandi e piccini

La struttura, gestita dall’associazione Donatella "Lella" Moltani Onlus, ospita richiedenti asilo e mamme con bambini.

La "Casa gialla" per la prima volta apre le porte a grandi e piccini
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La "Casa gialla", su richiesta dei suoi giovanissimi ospiti, ha aperto le porte a grandi e piccini domenica scorsa, 29 settembre.

Da otto anni la struttura accoglie bambini e mamme che hanno dovuto affrontare il viaggio della speranza. Vittime della tratta, di violenze e spesso torture, queste persone approdate a Lampedusa vengono portate a Valbrona e accolte dall’associazione Donatella "Lella" Moltani Onlus per cominciare una nuova vita. E per la prima volta, domenica 29 settembre, la struttura ha appunto organizzato un evento rivolto alla popolazione della zona e non solo.

250 persone alla "Casa gialla"

"L’iniziativa è nata proprio dai nostri bambini: ci hanno chiesto di aprire la Casa gialla ai loro amici e alle famiglie - aveva spiegato il presidente dell’associazione, Edoardo Gusmaroli - Ne siamo felici perché per noi è importante insegnare a sognare, inoltre vogliamo fare conoscere la nostra realtà alle persone".

E la risposta delle famiglie alla giornata di domenica è stata, raccontano dall’associazione , "oltre le aspettative: abbiamo avuto circa 250 persone di cui una cinquantina di bimbi, significativa è stata la presenza di molte famiglie del paese che hanno partecipato all’incontro con gli educatori e le educatrici della Banda del bosco".

L'appuntamento per tutti era dalle 14.30 con giochi e laboratori organizzati dalle animatrici di "Mago libero", ma anche con lo "yoga della risata" con Alberto; a seguire un incontro con le educatrici de La Banda del Bosco e in conclusione una merenda e apericena con l'Orchestra Botanica Alchechengi e il suo progetto socio terapeutico musicale.

Il lavoro dell'associazione

Dal 2016 la struttura ha ospitato 39 bambini, attualmente ve ne sono sei insieme a cinque mamme. Tutti sono stati seguiti dall’associazione per arrivare a ottenere un’autonomia economica grazie all’inserimento lavorativo delle madri, partendo dalla conoscenza della lingua fino a corsi che seguissero le inclinazioni delle donne.

Ma non sempre si tratta di un percorso semplice. "All’inizio devono superare il trauma, in particolare i bambini che spesso vengono torturati. Vengono inseriti appena possibile all’asilo o a scuola, in modo tale che possano apprendere l’italiano e avere una socialità. In questo modo, infatti, riescono anche a fare le prime amicizie. Le mamme vengono introdotte ai corsi di lingua e preparate per un lavoro" ha raccontato il presidente del sodalizio.

Per le donne, spesso analfabete, questo percorso può durare fino a quattro anni. Ma nemmeno dopo vengono lasciate sole. "Quando trovano un impiego, diamo una mano curando i bambini quando escono da scuola finché loro sono al lavoro. Ora stiamo seguendo quattro madri e sei bimbi".

Non solo autonomia economica ma anche consapevolezza: grazie all’associazione tante donne hanno avuto il coraggio di denunciare i propri carnefici. E tra le mamme c’è anche tanta solidarietà, sia in struttura sia una volta uscite. "Si danno una mano per tenere i bambini quando lavorano e hanno creato un bel senso di comunità".

Una bella realtà, dunque, che domenica scorsa ha potuto mostrarsi in tutta la sua ricchezza a grandi e piccini.

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