La tesi sul rapimento Mazzotti: "Le donerò la mia corona d’alloro"
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"Donerò la mia corona di laurea a Cristina e la porterò sulla sua tomba". E un cerchio che si chiude, per Cristina Ceruti, la visita al cimitero di Galliano dove riposa Cristina Mazzotti. Stesso nome, un’esistenza vissuta a Galliate paese in cui nel 1975 la diciottenne venne ritrovata morta in una discarica, un legame forte con lei e con la sua storia. Tanto da scriverne una tesi di laurea in Criminologia, discussa pochi giorni fa.
"Porto il suo stesso nome. Lo avevano deciso i miei genitori perché mio papà, all’epoca dipendente di un’agenzia funebre, era stato chiamato per il recupero del corpo di Cristina in quella cava - racconta - Un fatto che lo sconvolse. Del sequestro si sapeva, ma lo si considerava un fatto “lontano”, avvenuto nel Comasco. Il ritrovamento del cadavere accorciò questa distanza e per la comunità galliatese fu devastante. A Eupilio Cristina aveva vissuto momenti belli e spensierati: Galliate invece era “la macchia nera” della vicenda. E per mio padre fu scioccante: ho inserito nella mia tesi un’immagine inedita in cui proprio negli attimi del ritrovamento, si vede il cadavere di Cristina e di spalle papà. Per lui è iniziato da allora un lavoro di repertazione di qualsiasi cosa riguardasse la vicenda".
Le ricerche, il sequestro, l'uccisione, il processo
Notizie, ritagli di giornale, immagini. Tutto raccolto in tre libri, due sul sequestro e sull’uccisione e uno sul processo.
"Nel maggio del 1977 si era chiuso il processo ai sequestratori e a novembre di quello stesso anno sono nata io. Per me Cristina è stata come una sorella. Sono cresciuta sentendo la sua storia, ascoltando i racconti che mio padre ne faceva, mostrandomi quanto aveva raccolto nel tempo - prosegue - Ne abbiamo sempre parlato con molta familiarità. Cristina era ed è una parte di me, a partire dal nome".
Un legame che ha portato Cristina Ceruti a stendere la sua tesi sulla storia della Mazzotti, prima donna in Italia vittima di un sequestro da parte della ‘Ndrangheta e finito con l’uccisione della giovane.
"Avendo intrapreso la carriera universitaria nel 2019, scegliendo Criminologia, ho subito pensato al sequestro Mazzotti. Ho iniziato a lavorare alla tesi e sono venuta in contatto con Arianna , nipote di Cristina, e con la Fondazione con cui ho collaborato per un convegno per gli studenti delle superiori e per la posa, il 24 ottobre dello scorso anno, di una targa nelle vicinanze della cava in cui fu ritrovata. In quell’occasione ho conosciuto anche i suoi fratelli, Vittorio e Marina".
Per Cristina Ceruti la strada sarebbe quella di proseguire con un percorso che possa tenere viva la memoria della Mazzotti:
"Ne ho ferma volontà e mi piacerebbe che la comunità galliatese possa continuare a ricordare quanto accaduto. Vorrei donare la mia tesi a Galliate, in modo che questa vicenda “torni a casa” raccontata in modo lineare e veritiera. Così come a Eupilio, perché le persone possano riacquisire una cosa che fa parte del loro passato. Con la famiglia mi piacerebbe proseguire questo contatto, ma lo faccio con molto rispetto e in punta di piedi".
La dedica al padre
La sua tesi (dedicata al padre, ndr), tra l’altro, è stata discussa a una manciata di giorni dalla riapertura del caso, che vede sotto accusa quattro persone legate alla ‘ndrangheta e a cui viene contestato l’omicidio volontario della Mazzotti.
"La mia tesi è antecedente ed è frutto del lavoro di parecchi mesi. Ringrazio Corrado Canfora, all’epoca pubblico ministero del processo, e la famiglia Mazzotti che mi ha permesso di pubblicare immagini e materiale inedito", chiude Ceruti.