La Uil contro la privatizzazione delle Poste Italiane: "Sul lago verranno meno i servizi offerti"
"Diminuire i servizi rivolti alla cittadinanza vuol dire abbracciare una prospettiva di società in cui è il portafoglio ed il reddito a dettare l’accesso o meno ai diritti. Questo è per noi inaccettabile"
"La Uil Poste del Lario è contraria al progetto di privatizzazione dovuto all’ulteriore cessione di quote azionarie annunciato dal governo. Questo piano, secondo il nostro parere, metterebbe a rischio il lavoro di centinaia di lavoratori dato che nelle province di Como e Lecco ci sono 1200 dipendenti suddivisi tra uffici postali e centri di lavorazione postale".
Questo quanto si legge in una nota dei coordinatori provinciali della Uil Poste Angelo Conte e Mario Capuano che ribadiscono: “qualunque ulteriore cessione di quote azionarie di Poste Italiane sul mercato è da considerare un’operazione di mera cassa che oltre ad intaccare e svilire un asset strategico importantissimo in Italia, potrebbe compromettere l’occupazione sul territorio lariano”.
Le province di Como e Lecco contano una miriade di piccoli centri urbani e rurali, in particolar modo nelle zone dell’Alto Lago (in entrambe le sponde: comasca come lecchese). Con questa ulteriore privatizzazione verrà drasticamente ridotto il servizio universale della corrispondenza e verranno eliminati e/o razionalizzati gli uffici postali in questi piccoli centri con conseguente disagio per la popolazione: è ovvio che la popolazione anziana che percepisce la presenza dei Servizi Statali anche tramite gli uffici postali sarà la più penalizzata.
Il progetto di privatizzazione stona con la realtà dei fatti perché Poste Italiane SPA è un’azienda sana, che conta 120.000 dipendenti in Italia e che ha realizzato un utile nell’anno 2023 pari a 1,5 miliardi di euro.
Il commento del coordinatore Esposito
Tutto ciò trova la totale contrarietà anche del coordinatore Uil Lario Dario Esposito:
"Diminuire i servizi rivolti alla cittadinanza vuol dire abbracciare una prospettiva di società in cui è il portafoglio ed il reddito a dettare l’accesso o meno ai diritti. Questo è per noi inaccettabile, tantopiù che lo Stato nel 2023 ha rinunciato ad incassare parecchi miliardi di euro diminuendo la tassazione sugli extraprofitti alle multinazionali e facendo marcia indietro su quelli alle banche".