L'invito del vescovo a camminare insieme come comunità accoglienti
"Oggi c'è bisogno di una Chiesa serva, al servizio di un'umanità complessa".

"È un momento molto prezioso questo e insieme tanto gioioso!" Così il vescovo di Como ha abbracciato ieri, domenica 30 marzo, l'assemblea dei fedeli che ha affollato la chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano a Olgiate Comasco.
La visita al vicariato di Olgiate-Uggiate
Giornate ricche di incontri, approfondimenti e preghiera. La visita del vescovo della diocesi di Como, cardinale Oscar Cantoni, al vicariato di Olgiate-Uggiate, iniziata nella serata di giovedì scorso a Ronago, si è conclusa con la messa celebrata ieri.
L'omelia del vescovo
"Convenuti da ogni comunità parrocchiale - ha sottolineato il vescovo nell'omelia - ci ritroviamo insieme per celebrare la nostra comunione e la nostra unità in Cristo, per attingere da Lui la forza di testimoniarlo risorto, così come siamo stati richiamati, in questi giorni, dal motto della visita pastorale: "Va' dai miei fratelli e di' loro". È l’impegno di ogni celebrazione eucaristica quello di testimoniare la gioia del Risorto, non a parole, ma con il nostro stile di vita, dal momento che la gente comune crede solo ai fatti, non alle nostre parole. La celebrazione di oggi, a conclusione di questa visita pastorale, riflette il desiderio di vita nuova espresso da tanti fratelli e sorelle, che in questi giorni hanno descritto una immagine di una Chiesa bella, frutto di una lunga tradizione secolare, orientata verso il futuro, in un clima di famiglia, in dimensione sinodale, missionaria e ministeriale, che dobbiamo pazientemente costruire".
Il richiamo a camminare insieme
"Non è facile camminare insieme, sinodalmente: esige uscire da noi stessi, senza imporci, per ascoltare ciò che lo Spirito Santo suggerisce attraverso i fratelli che Egli ci dona, tanto diversi da noi. Il Signore Gesù ha mandato i suoi apostoli a due a due perché già con il loro camminare insieme, nell’amore fraterno, si doveva offrire la prima prova della buona Novella che essi predicavano. È il primo segno che le nostre comunità e chiunque ci incontra attende da noi. Attraverso il Battesimo, Cristo ci riveste di sé e ci fa rinascere dallo Spirito come figli di
Dio. Da qui nasce la Chiesa sinodale missionaria. Siamo tutti inviati per testimoniare al mondo l’evento decisivo della storia, la risurrezione di Gesù. Ogni battezzato risponde alle esigenze della missione nei contesti in cui vive e opera, a partire dalle proprie inclinazioni e capacità, accompagnati ciascuno dai doni dello Spirito, ma anche dai legami fraterni della intera comunità. Sosteniamoci a vicenda per sentirci tutti inviati a servizio della missione all’interno della società, nella vita familiare e lavorativa".
"Le nostre comunità sono ritenute davvero case accoglienti?"
"Il nostro Sinodo - ha continuato il vescovo - ci ha richiamato, infine, alla opportunità di stabilire nuovi ministeri nella Chiesa, con la partecipazione di uomini e donne, in risposta alle esigenze pastorali del nostro tempo, in uno spirito di mutua collaborazione e corresponsabilità differenziata. Conosciamo tutti la parabola del Padre misericordioso, solennemente proclamata nel vangelo di oggi. È stata definita: un vangelo nel Vangelo. Scosso nelle viscere, il Padre non aspetta che il figlio minore arrivi a casa sua, ma lo sorprende, correndogli incontro, ma anche nei confronti dell’altro figlio il padre esce incontro per invitarlo a partecipare alla festa. Sono entrambi figli che non si trovavano bene a casa loro. Il primo se ne è uscito, illudendosi di trovare amore e libertà altrove. L’altro, il maggiore, viveva sì in casa, tuttavia senza la gioia consolante di sentirsi figlio amato, facendo tutto per puro dovere. Applicata ai temi emersi in questi giorni, questa parabola mi fa nascere spontanea una domanda che mi inquieta e che condivido: le nostre comunità sono davvero ritenute case accoglienti o piuttosto giudicate quali ambienti inospitali? Case accoglienti non sono certo da attribuire alle strutture, ma allo stile della nostra presenza, al nostro sguardo nei confronti di chi se ne è uscito e che poi ritorna. Perché le nostre comunità siano ritenute “casa” occorre da parte nostra uno sguardo di infinita misericordia, come quello del Padre, pieno di tenerezza, che consola, che non giudica, che apre a speranza e che offre sempre a tutti nuove possibilità di rinascita. Vi auguro di proseguire il vostro cammino di Chiesa, non accontentandovi di un semplice lavoro di manutenzione. Oggi c’è bisogno di qualcosa di nuovo, che susciti un rinnovato entusiasmo per una Chiesa serva, per una Chiesa unita, a servizio di un’umanità complessa, ma desolata, eppure alla ricerca di amore e verità. Siate tutti voi insieme custodi della speranza, quella di Cristo, crocifisso e risorto".