Marta Galbiati diventa suora: "La mia vocazione è nata dalla comunità"
Il Giornale di Cantù regala ai lettori di Primacomo.it le più belle storie raccontate nel corso del 2021 sulle pagine del nostro settimanale.
Per Marta Galbiati, 38 anni, oggi sarà un sabato speciale. Alle 17 vivrà infatti la sua prima professione religiosa nella chiesa di San Teodoro. Diventerà suora nella congregazione Famiglia del Sacro Cuore di Gesù.
Marta Galbiati diventa suora: "La mia vocazione è nata dalla comunità"
«Sono nata e cresciuta a Cantù e sono sempre stata inserita nella vita della parrocchia e dell’oratorio in particolare, dapprima solo frequentandolo e poi come animatrice ed educatrice - ha raccontato Marta Galbiati - All’interno di questo percorso, ad un certo punto ho scelto anche di lavorare con gli oratori, in particolare con la cooperativa Priscilla, facendo per 11 anni la responsabile prima - per sei anni - a Melzo nella comunità pastorale San Francesco e successivamente per 5 a Mariano Comense. All’interno di questa esperienza professionale e di servizio alla chiesa, la relazione con il Signore è diventata sempre più dominante, fino a portarmi a scegliere di entrare in congregazione e a optare per la consacrazione».
Poi come è continuato il suo percorso?
«Tre anni fa, il 6 ottobre 2018, sono entrata nella congregazione Famiglia del Sacro Cuore di Gesù, la cui casa madre è a Sulbiate».
Quale è stata la sua formazione?
«Ha fatto il primo anno di postulato e due di noviziato, che portano fino alla consacrazione».
Quali oratori ha frequentato a Cantù?
«La formazione è stata all’oratorio di San Teodoro. Poi, quando è nata la comunità pastorale, l’impegno è stato un po’ sulla città».
Come ha sentito la sua vocazione?
«Non è semplice da spiegare, anche perché il percorso vocazionale ciascuno lo percorre un po’ a modo suo. Penso che ciascuno di noi abbia una vocazione, nel senso che ciascuno di noi può crescere, al di la delle scelte di vita, nel suo rapporto con il Signore».
Per lei come è stato?
«Negli anni dell’oratorio ho coltivato una passione per l’educazione dei ragazzi e per l’impegno al servizio della Chiesa. All’interno di questo ho approfondito il tema della lettura della Parola e delle preghiera. E’ stato in quel momento che ho cominciato a sentire che quella dimensione stava diventando fondante».
Cosa è cambiato a quel punto nella sua vita?
«Nell’esperienza, prima di servizio e poi di lavoro, io ho colto che la relazione con Dio diventava sempre più importante, così come la preghiera e il servizio alla Chiesa. Tutto questo stava diventando la cifra determinante della mia vita, ciò che mi rendeva felice».
Chi le è stato vicino in questo percorso?
«In questo percorso ho sentito che è stata soprattutto la comunità ad accompagnarmi, perché la mia vocazione è nata nella comunità cristiana. Ho poi avuto il contributo fondamentale dei miei direttori spirituali, come don Roberto, don Giovanni, don Antonio, don Sergio e don Paolo, che sono stati determinanti. Chiaramente anche la mia famiglia è stata fondamentale, perché mi ha fatto crescere nella Fede, insegnandomi una dimensione di servizio e di preghiera. Nonostante tutto questo, mi viene da dire che sono stati tanti gli input che ho ricevuto dalla comunità e che mi hanno portato a fare la mia scelta di vita».
Lei ha maturato la sua vocazione tre anni fa. Ci sono stati altri percorsi professionali che nei suoi primi 35 anni hai pensato potessero rappresentare il tuo futuro?
«Mi sono diplomata al liceo scientifico con indirizzo linguistico a Como. Per questo motivo da ragazzina il mio sogno era lavorare con le lingue, nel settore turistico o nelle traduzioni. Mi appassionava questo».
Poi?
«Il cambiamento l’ho sentito tra la terza e la quarta superiore, quando sono andata in campeggio come educatrice. Lì ho capito che il tema dell’educazione dei ragazzi mi appassionava. Per cui il mio sogno è diventato quello di lavorare nella Chiesa, come fanno i responsabili dell’oratorio. Ho poi vissuto un’esperienza molto importante nella mia vita professionale».
Quale?
«Ho lavorato all’interno di un centro diurno disabili. E’ stata una esperienza breve, ma che mi ha consentito di vivere accanto alla malattia e al dolore purificando in qualche modo la mia Fede da ciò che è banale e scontato».
Non ha mai declinato il tema dell’educazione per esempio in ambito scolastico?
«No. Ho sempre conservato la dimensione cattolica nel contesto della Chiesa e dell’oratorio».
Oggi, sabato, è dunque un giorno speciale per lei?
«Direi che provvidenzialmente è stata trovata la data di oggi per la professione religiosa. Perché il 9 ottobre è lo stesso giorno del mio battesimo, che è stato celebrato proprio a San Teodoro. Mi viene da dire che è un momento nel quale si dà maggior profondità al battesimo, avvenendo per di più nello stesso giorno e luogo in cui mi è stato donato quel sacramento».
Le è già stata comunicata la sua destinazione?
«In questo momento non so ancora dove sarò mandata. Ma è anche bene così perché mi sto preparando per il momento che vivrò oggi pomeriggio, sul quale sto concentrando tutte le mie energie. Tendenzialmente la nostra congregazione presta servizio nelle parrocchie».
Le vocazioni religiose sono sempre più rare. Come se lo spiega?
«Penso che la “definitività”, il dire “sì” per sempre, rappresenti un percorso sempre più difficile da intraprendere, non solo dal punto di vista della consacrazione ma anche sociale. Penso per esempio ai matrimoni che sono sempre più fragili. Nel caso della consacrazione c’è anche un altro fattore».
Quale?
«L’idea che la vita nel convento, quella consacrata, sia “a perdere”. Invece è una vita in cui si dà tutto, nella quale si investe tanto ma che è tanto arricchente».
Ha un sogno che le piacerebbe realizzare diventata suora?
«No. Quando si dice di sì per sempre al Signore, significa affidare la propria vita a lui e poco cambia essere in una comunità o nell’altra. La felicità la si trova comunque».
Alessandro De Servi
(Giornale di Cantù, sabato 9 ottobre 2021)