L'ospedale erbese

"Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli"

Michela Musante racconta di una diagnosi illuminata e un trapianto salvavita

"Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli"
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"A Erba mia figlia è nata due volte". Inizia così il racconto che Michela Musante, professoressa di lettere residente a Cermenate, ci fa per introdurre il suo libro "L’ospite. Storia di un trapianto". La donna è la mamma di due gemelli nati ormai 17 anni fa all’ospedale Fatebenefratelli di Erba.

"Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli"

La figlia, Lucrezia, finì al Pronto soccorso dell'ospedale di Erba dopo essere diventata di colore giallo e la comparsa di macchie di porpora sulle gambe. Dopo i primi accertamenti che hanno escluso epatite, leucemia e meningite, furono il pediatra storico del Fatebenefratelli, Giancarlo Calligari, e le colleghe Rosanna Taibi e Silvia Dalmazzone ad avere il sospetto: "In poche ore il fegato di Lucrezia non funzionava più – racconta a mamma – Calligari mi disse di sospettare una malattia genetica rarissima. Mi disse di averla vista raramente ma di averla studiata con i colleghi di Bergamo. Per questo ci suggerirono il trasferimento proprio lì". Lucrezia finì in Terapia intensiva, attaccata alle macchine che la tenevano in vita e in poche ore, alla conferma della diagnosi sospettata, il morbo di Wilson, iniziò "la discesa agli inferi", come la chiama Michela Musante: "Lucrezia stava morendo e non ce ne eravamo accorti: se a Erba non avessero intuito la diagnosi e allertato subito Bergamo, Lucrezia non sarebbe qui". La sera stessa del ricovero a Bergamo la ragazzina fu messa in cima alle liste trapianti ed esattamente una settimana dopo, il 19 aprile, fu sottoposta a un trapianto totale di fegato, l’unica soluzione per salvarle la vita.

Dagli appunti presi in ospedale quasi per poter capire cosa stesse succedendo e forse anche metabolizzarlo, mamma Michela ne ha tratto un libro, in qualche modo "catartico": «Un’esperienza così forte può essere un’importante testimonianza per sensibilizzare sui trapianti, ma volevo anche lasciare a Lucrezia una memoria di quei giorni".

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