"Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli"
Il Giornale di Erba regala ai lettori di primacomo.it le più belle storie raccontate nel corso del 2023 sulle pagine del nostro settimanale
"A Erba mia figlia è nata due volte". Inizia così il racconto che Michela Musante, professoressa di lettere residente a Cermenate, ci fa per introdurre il suo libro "L’ospite. Storia di un trapianto".
"Mia figlia è viva grazie ai pediatri del Fatebenefratelli"
La donna è la mamma di due gemelli nati ormai 17 anni fa all’ospedale Fatebenefratelli di Erba:
"Io sono di Milano e sono cresciuta a Como, ma mia cognata lavora da sempre al Fatebenefratelli come attrezzista in sala operatoria e uno dei migliori amici di mio marito era anestesista lì, così quando si è trattato di scegliere dove far nascere i nostri due gemelli abbiamo scelto Erba: qui mi sentivo 'a casa'".
E così non ci sono stati dubbi su dove fare riabilitazione una volta operata lei stessa di anca anni dopo, nel 2019:
"Ero in riabilitazione al “Sacra Famiglia” e sentivo mia figlia Lucrezia al telefono un po’ stanca e strana: lei era una supersportiva, faceva pattinaggio agonistico e danza classica, e così davamo la colpa alla stanchezza e alla preadolescenza, ma in pochissimi giorni la situazione è peggiorata e quando mi sono venuti a trovare in ospedale mi sono spaventata: era gialla e aveva macchie di porpora sulle gambe. L’ho portata in Pronto Soccorso ed è stata subito ricoverata in Pediatria".
Dopo i primi accertamenti che hanno escluso epatite, leucemia e meningite, furono il pediatra storico del Fatebenefratelli, Giancarlo Calligari, e le colleghe Rosanna Taibi e Silvia Dalmazzone ad avere il sospetto:
"In poche ore il fegato di Lucrezia non funzionava più – continua la mamma – Calligari mi disse di sospettare una malattia genetica rarissima. Mi disse di averla vista raramente ma di averla studiata con i colleghi di Bergamo. Per questo ci suggerirono il trasferimento proprio lì".
Lucrezia finì in Terapia intensiva, attaccata alle macchine che la tenevano in vita e in poche ore, alla conferma della diagnosi sospettata, il morbo di Wilson, iniziò "la discesa agli inferi", come la chiama Michela Musante:
"Lucrezia stava morendo e non ce ne eravamo accorti: se a Erba non avessero intuito la diagnosi e allertato subito Bergamo, Lucrezia non sarebbe qui".
La sera stessa del ricovero a Bergamo la ragazzina fu messa in cima alle liste trapianti ed esattamente una settimana dopo, il 19 aprile, fu sottoposta a un trapianto totale di fegato, l’unica soluzione per salvarle la vita.
Dagli appunti presi in ospedale quasi per poter capire cosa stesse succedendo e forse anche metabolizzarlo, mamma Michela ne ha tratto un libro, in qualche modo catartico:
"Un’esperienza così forte può essere un’importante testimonianza per sensibilizzare sui trapianti, ma volevo anche lasciare a Lucrezia una memoria di quei giorni".
E giovedì sera si sono ritrovati tutti dove tutto è iniziato: Michela Musante ha presentato il suo libro proprio nell’aula magna dell’ospedale, insieme a Enrica Atzori della biblioteca, e Fabio Focarile, attuale primario di Pediatria, ma anche Calligari, Taibi e Dalmazzone:
"Per me essere qui è una grande emozione, ho sentimenti di dolore e gioia insieme – ha sottolineato Musante – Ma una cosa è certa: Lucrezia qui è nata due volte, alla sua nascita e quando le è stata salvata la vita".
"Lucrezia è stata uno degli eventi più impegnativi e drammatici della nostra vita professionale – ha sottolineato Calligari – La nostra forza è stato collaborare ed è una grande emozione vederla qui davanti a noi".