Missionario laico nell'inferno del Perù: "Ci trattano come terroristi" VIDEOTESTIMONIANZA
Mario Vidori chiede giustizia e racconta la difficile situazione che sta vivendo il Paese.
Missionario laico nell'inferno del Perù tra proteste, manifestazioni e una durissima repressione della Polizia.
"Ci trattano come terroristi, è assurdo". Sono parole di rabbia, ma allo stesso tempo ponderate, riflessive. Parole scosse dai fremiti della rivolta e dalla violentissima repressione governativa. Dittatura mascherata da democrazia. Parole da cui trasuda tutta l’apprensione per sua moglie, rimasta a Lima a fianco dei manifestanti. Sessantadue di loro uccisi durante le proteste. Parole di chi chiede giustizia, quelle pronunciate da Mario Vidori, missionario laico di Lurate Caccivio.
La testimonianza da un Perù sul baratro
"Mira... qui la Polizia spara i lacrimogeni all’altezza della testa, del corpo", prosegue in un italiano venato dal tipico intercalare spagnolo Vidori, 73 anni, da 36 anni, con anima, corpo e cuore a Humachuco. Per tutta la vita è rimasto accanto ai bambini, ai poveri, alle donne e agli uomini. Vicino al popolo con il "Progetto Amico" e l’associazione "Marcelino Pan Y Vino". E ora che il Paese è una polveriera, dopo la destituzione del presidente di sinistra Pedro Castillo, Vidori prosegue su quella strada che ha connotato la sua esistenza. Un Perù sull’orlo della rivoluzione e un missionario in mezzo ai suoi ragazzi. Settecento chilometri più a sud, nella capitale Lima, la moglie Nury Garcia Cordova e il figlio Giovanni. Fianco a fianco come attivisti ma anche per dare ospitalità - una sistemazione di fortuna, del cibo, cure mediche - ai migliaia di peruviani che, dalle regioni rurali, si stanno riversando in città. Tutto intorno a loro la parola "giustizia".
La crisi iniziata nel mese di dicembre
Le prime proteste sono iniziate nel mese di dicembre, dopo la destituzione del presidente di sinistra Pedro Castillo, rimosso dal proprio ruolo per aver cercato di sciogliere il parlamento. La bolla di una profonda crisi sociale ed economica arrivata oggi alla difficile situazione che sta scuotendo l’intero Perù. Nonostante gli scontri si concentrino principalmente nella capitale Lima, manifestazioni si registrano anche nelle zone rurali con il blocco a più riprese delle principali vie di comunicazione terresti, come la Panamericana. Da una parte il Governo dell’attuale presidente Dina Boluarte, ex vice di Castillo, dall’altra un’ampia fetta della popolazione e le rondas campesinas, le pattuglie contadine autonome. Per settimane la protesta è rimasta relativamente contenuta, venerdì 20 gennaio, invece, gli scontri hanno raggiunto l’apice, con decine di persone rimaste ferite durante gli scontri con la Polizia. Di fatto, la popolazione chiede a gran voce le dimissioni di Boluarte, che ha preso il potere dopo la destituzione di Castillo, e nuove elezioni. Centinaia i manifestanti in marcia per le strade di Lima con anche diversi edifici dati alle fiamme. Boluarte, fino ad ora, non ha mostrato alcuna intenzione di dimettersi e a causa delle proteste il Governo ha esteso lo stato di emergenza.
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