Monumento di Puecher oscurato dai cartelloni funebri
Pd, Anpi e la lista civica Erba civica criticano duramente la novità
Come deve essere giudicata la novità apparsa nei giorni scorsi al cimitero maggiore di Erba?
L'Anpi
Pd erbese
E’ un monumento che ricorda a tutti il sacrificio di chi ha dato la propria vita per la lotta contro la dittatura e per la riconquista della democrazia e della libertà e posizionare un pannello che lo nasconde e lo isola dal contesto cimiteriale sembra dimostrare la volontà di svilire una testimonianza storica che è sempre presente nel ricordo degli Erbesi.
Altro motivo di denuncia della decisione assunta è estetico, ma anche di natura religiosa: questi due
pannelli con necrologi e locandine posti proprio all’ingresso del cimitero non solo sono davvero sgradevoli alla vista, ma confliggono con la sacralità del luogo.
Se si è ravvisata l’ opportunità di spostare i pannelli dal muro di cinta, si sarebbero potuto collocarli in altri punti dell’area esterna cimiteriale dove non manca certo lo spazio, quindi ci chiediamo per quale motivo sia stata assunta la decisione di metterli nell’ attuale, sconveniente posizione.
Ci auguriamo che i pannelli vengano spostati per il decoro del cimitero maggiore e per il doveroso rispetto verso il più importante documento alla Resistenza in particolare di quella erbese".
Erba Civica
commemorativa di Giancarlo Puecher, giovane partigiano brianzolo, condannato a morte
dai fascisti della RSI il 21 dicembre 1943, non è più visibile dall’ingresso del campo santo,
completamente oscurata dal tabellone sui cui vengono affissi i necrologi più recenti,
tabellone che si trovava sul lato destro dell’ingresso stesso - si legge nel comunicato del gruppo di minoranza in Consiglio comunale - La lista “Erba civica”, ritenendo di rappresentare il pensiero di molti cittadini erbesi, considera assolutamente inopportuna la nuova posizione del tabellone poiché oscura e toglie visibilità alla lapide dedicata a Puecher, personaggio fondamentale per la storia della
nostra città, emblema non solo della Resistenza Italiana al nazifascismo, ma anche della
nascente Repubblica Italiana, che si sarebbe formalmente affermata al referendum del 2
giugno 1946. Riteniamo che tale scelta non solo sia inopportuna, ma riveli la mancanza di rispetto della storia e degli avvenimenti che hanno contraddistinto il nostro paese ed in particolare il
nostro territorio, che tanto ha sofferto per giungere alla conquista della democrazia e dei
diritti sociali e civili. Chiediamo pertanto che tale tabellone venga immediatamente rimosso, rendendo di nuovo visibile il monumento che ricorda il sacrificio di Giancarlo Puecher,
testimone e modello di impegno civile per le giovani generazioni, motivo per il quale
è stato a lui intitolato, tra l’altro, l’Istituto Comprensivo della nostra città".
Chi era Giancarlo Puecher?
Lo ricorda Erba Civica con un lungo passaggio della sua biografia.
"Giancarlo Puecher, nato a Milano nel 1923, frequentò la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. Abbandonò gli studi per arruolarsi volontario nel luglio 1943 nella Regina Aereonautica, come allievo ufficiale pilota, anche se non riuscì a completare l’addestramento e a essere incorporato nell’aviazione prima dell’8 settembre, data da cui partì l’occupazione tedesca. A causa dei bombardamenti angloamericani sulla città di Milano è stato costretto a sfollare con la famiglia nella villa di Lambrugo in Brianza, pur senza perdere i contatti con la metropoli. Erba, in quel periodo, divenne centro di aiuto per sbandati in difficoltà, e luogo di confronto sulla situazione dell'Italia. Qui Giancarlo, dopo contatti con l'avvocato Luigi Meda, esponente dei cattolici democratici di Milano, e il prete Don Giovanni Strada, parroco di Ponte Lambro e iniziatore della resistenza erbese, che di Puecher è considerato il padre spirituale, riunirono un gruppo di giovani animati da spirito patriottico antitedesco e antifascista, che costituiranno il primo nucleo partigiano di Ponte Lambro. L’opzione ribellistica del ventenne Giancarlo Puecher non ha avuto motivazioni ideologico- politiche, ma piuttosto convinzioni etico-civili, maturate nell’educazione familiare e nella frequenza di alcune spiccate figure di antifascisti.
La dedizione totale alla causa del patriottismo e della liberazione dal nazifascismo è ben espressa nel “testamento morale” scritto all’atto della formazione del gruppo di Ponte Lambro: con esso il giovane ha sancito anche formalmente la decisione di votarsi alla lotta contro l’oppressione fascista e l’occupazione nazista nella prospettiva di un necessario rinnovamento etico e politico. “Tutto ciò che feci lo feci per il bene patrio. Dulce e decorum est pro patria mori”.
Nei due mesi di militanza partigiana il tipo di lotta patriottica scelto da Puecher rientra in quella che è stata definita dagli storici come Resistenza disarmata o civile, portata avanti, cioè, senza ricorrere alle armi, alla violenza e lotta armata e alla clandestinità come nel caso dei partigiani di montagna o dei Gap di città. Una battaglia, cioè, rivolta alla realizzazione di alcuni obiettivi fondamentali: la protezione dei militari “sbandati”, l’aiuto ai prigionieri alleati e ai perseguitati attraverso il rifornimento di viveri e vestiario e l’appoggio al loro passaggio in Svizzera, l’approvvigionamento di armi e carburante, il sabotaggio delle strutture di comunicazione e fortificazione controllate dai tedeschi e fascisti, le azioni di propaganda contro il potere fascista e nazista, compresi i collaborazionisti, senza ricorrere all’eliminazione fisica come nel caso delle azioni realizzate dai Gap. Tuttavia, l’uccisione da parte di un gappista di due piccoli esponenti del fascismo erbese ha determinato le circostanze del ferimento di Fucci e dell’arresto di Puecher. Come atto di rappresaglia il capo della Provincia di Como, Franco Scassellati, ha imposto la
costituzione a Erba di un improvvisato tribunale militare straordinario per giustificare, come
ritorsione, la fucilazione di un gruppo di oppositori detenuti in carcere. L’unico condannato
e messo a morte è stato proprio Giancarlo Puecher, per la forza della sua personalità. Il difensore d’ufficio, l’avvocato Beltramini, nonostante il forte impegno, non è riuscito a salvarlo per la ossessiva volontà omicida nei confronti del giovane da parte dello Scassellati e dell’esecutore dei suoi ordini, il presidente del tribunale militare Biagio Sallusti. In questo modo la morte di Puecher ha però risparmiato quella dei compagni, che sono stati condannati solo a pene detentive. Nell’immediato dopoguerra è stata riconosciuta a Giancarlo Puecher la giustizia postuma
come riabilitazione giuridica e civile, con la condanna dei responsabili della sua fucilazione, l’assegnazione della medaglia d’oro alla memoria e l’attribuzione della laurea “honoris causa” da parte della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. È stato un riconoscimento di grande valore nei confronti di un giovane che, con un impegno disinteressato, ha dato l’esempio in nome di principi superiori: ha aiutato e garantito la sopravvivenza di molti perseguitati e ha contribuito ad accelerare la fine del sistema nazifascista italiano, nel quadro di quello europeo. Nella sua ultima lettera scrisse: “Amavo troppo la mia Patria, non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non pensano che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia. I martiri convalidano la fede in una vera idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà.”