Navello, da cascina contadina all’abbandono
Inverigo, i ricordi di una degli abitanti della cascina del Navello
Una foto della fine degli anni Sessanta che ritrae dei ragazzi in posa, come messi in una formazione di calcio, il «Real Navello»: è da questa immagine che parte il racconto della vita al Navello, a Inverigo, tra gli anni Sessanta e Settanta.
I ricordi di Aurora Giussani
Il racconto di Aurora inizia così:
"Non sono nella foto, ma ci sono ritratti i miei due fratelli, Luca e Natale, mia cugina Teresina assieme a Ferdinando, Paolo, Luigino, Celestino e Giacomo, che non era del Navello, abitava in una cascina limitrofa e alla sera veniva da noi a giocare a pallone".
Aurora ha 67 anni e vive ad Alzate Brianza, ma fino alla fine degli anni Settanta era una dei ragazzi del Navello: «I miei bisnonni e i miei nonni paterni sono nati al Navello. Anche mio papà, io e tutti i miei fratelli. Nelle cascine del Navello abitavano 9 famiglie, la mia e quella dei miei cugini era composta da 5 figli ciascuna», racconta Aurora.
Aurora passa poi a descrivere com’era la vita al Navello:
"Mio nonno era contadino, avevamo i campi, il cavallo, mucche e galline. Mio papà lavorava alla vecchia Cedit di Lurago, però prima di andare al lavoro e al rientro doveva accudire le mucche. Pensi che quando è andato a prendere mia mamma a Cibrone ci è andato in calesse! Mia madre si arrangiava a fare la sarta, ci faceva i vestiti e accudiva noi e i nonni paterni, che hanno sempre vissuto con noi".
A Giussani poi è rimasto in mente un particolare curioso:
"Sono sempre andata a scuola a Inverigo a piedi. Quando si andava all’asilo c’era una signora, di cui ora mi sfugge il nome, che teneva pulita la chiesa e ogni giorno portava 5 o 6 di noi all’asilo in bicicletta: lei camminava tenendo la bicicletta e poi uno sul manubrio, uno sul sellino, uno dietro al sellino e due su ciascun pedalino della bici e via per due km e passa fino all’asilo. Era una bella vita. C’era serenità. La sera si giocava in cortile con gli altri bambini fino a tardi, non c’erano pericoli. Non avevamo la televisione e si viveva a contatto con la gente, si parlava tra di noi - ricorda con affetto Aurora, che ha lasciato il Navello nel 1978 circa - Siamo stati l’ultima famiglia numerosa rimasta. Nel ‘78 diverse famiglie erano già andate via"
Il degrado di oggi
Un ricordo «idilliaco» che però stona con la realtà odierna del Navello. Conclude Aurora:
"Ora è andato tutto allo sfacelo. Le case sono diroccate e la chiesetta di sant’Andrea, che era proprio nel primo cortile, è devastata: hanno anche rubato i dipinti che erano incollati al muro".