Processo Milia: ammessa la richiesta di revisione per l'episodio di gennaio
Il brigadiere aveva esploso un colpo dalla pistola d'ordinanza nel suo appartamento mesi prima dell'omicidio di Furceri: la difesa ha presentato oggi la richiesta alla Corte militare d'Appello di Roma.
L'avvocato difensore di Antonio Milia, il Carabiniere che il 27 ottobre 2022 uccise il suo Comandante Doriano Furceri all'interno della Stazione di Asso, ha presentato oggi alla Corte militare d'Appello di Roma una richiesta di revisione del procedimento penale che aveva portato alla condanna del Brigadiere per i reati di "distruzione di oggetti di armamento militare" e "danneggiamento di edifici militari".
Incapace di intendere e di volere già un anno prima
Milia, assolto per l'omicidio, era stato invece condannato per un episodio avvenuto nella sua abitazione a gennaio 2022. Ovvero alcuni mesi prima dei fatti della Caserma di Asso. In quel caso era stato emesso un decreto penale che lo aveva condannato al pagamento di 2500 euro con sospensione della pena.
La vicenda viene ripresa nella sentenza che in oltre 100 pagine spiega le motivazioni che hanno portato al proscioglimento del Carabiniere, emessa nei giorni scorsi. "Con l'arrivo del nuovo Comandante (Doriano Furceri) alla Stazione di Asso a partire dal 1° febbraio 2021, è iniziato ad emergere un disagio psicologico/lavorativo di Milia, che ha incontrato notevoli difficoltà nel relazionarsi al nuovo Comandante". Una situazione che ha fatto sì che in Milia si sviluppasse "una vera e propria mania di persecuzione", scaturita appunto dapprima nell'episodio di gennaio 2022 in cui Milia esplose un colpo dalla pistola d'ordinanza all'interno del suo alloggio. Da qui il ricovero del brigadiere nel reparto psichiatrico dell'Ospedale Sant'Anna di San Fermo della Battaglia.
"La ricostruzione dei fatti è pacifica sia con riferimento alla evoluzione cronologica degli eventi sia con riferimento alla sicura riconducibilità all'agire fisico dell'imputato dell'esplosione di tutti i colpi di arma da fuoco accertati". La sentenza evidenzia come sia stato fondamentale "approfondire il tema della imputabilità, ossia della sussistenza della capacità di intendere e di volere del Milia al momento dei fatti". E dunque: "Si può considerare accertato con assoluta sicurezza il fatto che Milia soffrisse di un disturbo attinente la sfera psichica di natura delirante/ paranoide da circa un anno prima dei fatti qui in esame".
Proprio da qui è partita la richiesta del legale del Brigadiere, Roberto Melchiorre: "A luglio 2022 era stato emesso il decreto penale di condanna - spiega l'avvocato - Non era stato presentato il ricorso, ma ora alla luce di quanto emerso dalla sentenza abbiamo ritenuto di fare una richiesta di revisione. Oggi (mercoledì 23 ottobre, ndr) alla Corte militare d'Appello di Roma abbiamo ottenuto il primo vaglio di ammissibilità e quindi è stato disposto il rinvio al 4 dicembre".
Nei prossimi mesi, dunque, verrà valutato nuovamente il fascicolo del processo legato all'omicidio. "L'obiettivo è di ottenere un proscioglimento anche sull'altra posizione - prosegue Melchiorre - Non vi è mai stata la possibilità di dare una spiegazione di quanto successo a gennaio 2022, quando dalla pistola d'ordinanza di Milia esplose un colpo. Ora, siccome è emerso il fatto dell'incapacità di intendere e di volere accertata un anno prima dei fatti di ottobre 2022, abbiamo chiesto la revisione. La Corte militare d'Appello ha accolto l'ammissibilità di questo ricorso, dunque ora si apre la fase dibattimentale".
Le motivazioni della sentenza
Proprio a partire dall'episodio avvenuto nel suo alloggio a gennaio 2022, si legge infatti nella sentenza, il disturbo "è stato intercettato e qualificato come patologico dai medici, prima presso l'Ospedale Sant'Anna di San Fermo alla Battaglia dove Milia è stato ricoverato per 14 giorni nella immediatezza di quell'episodio, poi dagli psichiatri e psicologi del Cps di Longone e anche dallo psichiatra militare dell'infermeria Presidiaria".
Accertato quindi che Milia "era afflitto da almeno un anno da un disturbo delirante psicotico di tipo persecutorio", il Tribunale militare di Verona ha stabilito che debba "essere assolto per difetto di imputabilità, ossia per essere stato totalmente privo di capacità di intendere e di volere al momento della commissione dei fatti".
Viene altresì confermata la misura di "libertà vigilata con obbligo di cura e di residenza presso una struttura comunitaria/residenza terapeutica" per 5 anni, salve successive valutazioni delle evoluzioni mediche della patologia di Milia e della attualità della sussistenza del presupposto della pericolosità sociale.
Ma non solo, perché il Tribunale ha altresì stabilito che il fascicolo debba passare nuovamente alla Procura Militare, la quale valuterà le eventuali responsabilità dei medici militari che interagirono con Milia fino al riconoscimento dell'idoneità incondizionata al servizio. Ovvero la psichiatra dell'Infermeria Presidiaria che inviò il Brigadiere alla Commissione Medica Ospedaliera, nonché i tre dottori della stessa Commissione che emise il provvedimento permettendogli di rientrare al lavoro.
"Destano notevole perplessità le dichiarazioni dei medici militari" secondo cui Milia "si presentava in stato di benessere e propositivo per il futuro". Valutazioni che, sempre per il Tribunale, si trovano in netto contrasto e contraddizione anzitutto con quanto riferito dai colleghi di Milia "che lo vedevano apatico e alienato, completamente fuori fase nei giorni successivi al reintegro". Infatti, nella sentenza si evidenzia "un doveroso approfondimento investigativo in ordine alla posizione dei medici militari".