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Restauro di San Giacomo, don Straffi: "Una delle imprese più complesse che la diocesi di Como abbia affrontato"

Il direttore lavori: "Dobbiamo restituire alla città una chiesa pienamente efficiente come luogo di culto e di valorizzazione dell’arte sacra".

Restauro di San Giacomo, don Straffi: "Una delle imprese più complesse che la diocesi di Como abbia affrontato"
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Il complesso e importante lavoro di restauro della chiesa di San Giacomo situata vicino al Duomo di Como, alle spalle del Broletto, che Gabriella Pizzocchero ha voluto generosamente finanziare con il suo lascito testamentario, prosegue a quasi un anno dall'inizio dei lavori, iniziati nel mese di gennaio.

Restauro di San Giacomo prosegue grazie al lascito Pizzocchero

Nella prima fase di restauro si è deciso di concentrare i lavori all’interno della chiesa, in particolare sulla struttura lignea della copertura, da disinfestare e controllare prima di metter mano alla manutenzione del manto di piode, e sulle opere d’arte. I lavori procedono per stralci e successivi approfondimenti della conoscenza diretta dell’edificio, d’intesa con la Soprintendenza, che dopo aver lo scorso anno condiviso il programma e l’impostazione generale della progettazione, e approvato i lavori sulle coperture e il programma di indagini interne, nello scorso mese di ottobre ha approvato anche il progetto esecutivo degli interventi sull’esterno della parte absidale, ed alcuni dettagli
esecutivi relativi alla zona delle sacrestie.

La componente di conoscenza è importantissima, sia perché la chiesa restaurata è destinata ad ospitare alcune delle opere più significative del futuro Museo della Cattedrale, e quindi ad essere un importante luogo di valorizzazione del complesso episcopale comense, sia perché la chiesa di San Giacomo si trova nel pieno centro della città e quindi il lavoro sull’involucro esterno e sul manto di copertura, che richiedono un importante allestimento di cantiere, necessitano di una accuratissima programmazione al fine di interferire il meno possibile con la vita cittadina.

Sono stati quindi realizzati una serie di scavi, utili al fine di identificare con sicurezza le opere necessarie per la dotazione impiantistica e per la captazione e il deflusso delle acque meteoriche, ma anche importanti per accrescere la conoscenza della storia dell’edificio. I saggi archeologici tuttora in corso, anche sulla base di indizi forniti dall’indagine georadar eseguita dal Dipartimento DICA del Politecnico di Milano per la sicurezza del cantiere, consentiranno di riconoscere la complessa stratigrafia che si è sedimentata dall’XI al XIX secolo. Sotto la direzione della Soprintendenza, sta scavando l’archeologa Achillina Granata, che negli anni scorsi condusse lo scavo dei resti del pronao nella piazza antistante.

Per quanto riguarda le opere d’arte presenti nella basilica si è proceduto al lungo e necessario lavoro di protezione di quelle inamovibili e di disinfestazione degli elementi lignei, successivamente spostati in un deposito sicuro, predisposto per tutta la durata del cantiere. Tra le sorprese - e non sarà l’unica - di questa operazione c’è stata la scoperta di un affresco inedito, dietro la seicentesca pala d’altare con la Crocifissione attribuita al Montalto. Il dipinto murale, che appare piuttosto lacunoso, è interessante perché mostra le tracce di una Crocifissione appartenente alla chiesa precedente il rifacimento barocco.

Il sistema di monitoraggio automatico, e i capisaldi per le livellazioni installati sotto la guida del prof. Marco Scaioni, stanno raccogliendo i dati necessari per le valutazioni di carattere strutturale, analisi necessarie visto che la chiesa è soggetta ai fenomeni di subsidenza, affidate all’ing. Dario Foppoli. Tutto il lavoro è accompagnato dalla documentazione con le più avanzate tecniche di rilievo laser scanner e modellazione parametrica, con l’intervento della stessa task force del dipartimento ABC del Politecnico di Milano guidata dal prof. Scaioni: anche il rilievo di precisione, esteso a tutto l’edificio, consentirà avanzamenti della conoscenza come si conviene ad un esemplare intervento di restauro.

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Don Straffi: "Una delle imprese più complesse che la diocesi di Como abbia affrontato"

"Il restauro della basilica di San Giacomo – spiega don Andrea Straffi, dell’Ufficio diocesano Arte Sacra – è una delle imprese più complesse e importanti che la diocesi di Como abbia affrontato negli ultimi decenni. Si è presentata come una opportunità imprevista e provvidenziale (nel senso letterale del termine), che costituisce una sfida, aperta su più fronti: gestionale, tecnico, conoscitivo, artistico, museologico. Per questa ragione si è individuato un comitato di esperti (coordinati dal prof. Stefano Della Torre), che affrontasse le diverse problematiche dell’intervento. Fondamentale, da questo punto di vista, è l’interazione con la Soprintendenza, per quanto riguarda gli aspetti sia architettonici, che artistici e archeologici. La relazione riguarda innanzitutto la presentazione dei progetti (sinora sono stati presentati e autorizzati i primi lotti), ma anche la cooperazione più diretta e scientifica sui diversi interventi di cantiere - specialmente i più complessi e delicati - con competenze, strumenti, tecnologie specifiche".

"La demolizione di quasi metà dell’antica chiesa di San Giacomo nel 1585, il conseguente arretramento della nuova facciata, le successive trasformazioni barocche, l’occultamento della pregevole abside fra costruzioni ad uso civile fanno della basilica romanica una illustre sconosciuta per molti. Eppure, è stata una grandiosa basilica, che per qualche secolo ha condiviso il titolo di cattedrale con la vicina Santa Maria Maggiore, ed è stata proprio la trasformazione di questa nell’attuale Duomo a declassarla". Così lo storico dell’arte ed esperto della Cattedrale e della chiesa di San Giacomo, prof. Alberto Rovi, interviene per illustrare le caratteristiche e la storia dell’edificio.

"Anche l’interesse della classe dominante – aggiunge – si spostò sulla gestione della Fabbrica del Duomo, affidata agli stessi membri dell’aristocrazia che si alternavano nella gestione del Comune, togliendo a San Giacomo quelle funzioni civili, che ne avevano fatto il luogo di riunioni amministrative e politiche alla presenza dello stesso imperatore Federico Barbarossa, e di una delle sue torri la sede della campana del popolo (fino al 1292). Perciò, a differenza di Sant’Abbondio e San Fedele, l’altra basilica romanica di Como, San Giacomo, è poco nota
anche a molti comaschi".

"Il progetto – afferma Giorgio Orsini, progettista e direttore dei lavori – è di grande interesse per la sua complessità: lavoriamo su un oggetto in cui tante fasi storiche si sono sovrapposte a un primo monumento romanico di altissima rilevanza, e dobbiamo restituire alla città una chiesa pienamente efficiente come luogo di culto e di valorizzazione dell’arte sacra".

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