Si laurea a due mesi dal trapianto
«Anche da malati non si può smettere di vivere»: la storia di Giulia è un esempio
«Anche da malati non si può smettere di vivere».
Giulia Poli è una ragazza di 26 anni che abita a Cucciago e che lo scorso venerdì 22 marzo si è laureata in Scienze Pedagogiche all’Università degli Studi Milano Bicocca. Ha scelto questa magistrale dopo aver frequentato la facoltà di Scienze dell’Educazione, di cui ha conseguito la laurea nel 2020. Con un’estrema forza di volontà e determinazione è riuscita a portare a termine il suo percorso di studi, nonostante i duri mesi passati in ospedale, tra cicli di chemioterapia e un trapianto di midollo osseo.
L'intervista
«Da piccola avrei voluto fare la psicologa e mi è sempre piaciuto aiutare gli altri - racconta - Alle superiori la mia attenzione si è spostata sul campo dell’educazione, anche per via di alcune vicende personali che hanno influenzato tale scelta».
Dopo un’iniziale esperienza come educatrice in una Scuola dell’Infanzia, è rimasta per quasi 3 anni a Villa Plinia, protagonista della sua ultima tesi e dove tra l’altro aveva svolto il suo primo tirocinio universitario: una comunità terapeutica ad alta intensità che si trova a Tavernerio, gestita dalla Fondazione Rosa dei Venti e che accoglie giovani dai 14 ai 21 anni con disturbi del comportamento e della personalità.
La malattia
Stava andando tutto per il meglio, tra un lavoro che amava e gli studi per specializzarsi, quando nell’aprile 2023 è arrivata la diagnosi: leucemia linfoblastica acuta, una tipologia di tumore al sangue che di norma colpisce i bambini e solo di rado gli adulti.
«Siamo una famiglia un po’ sfortunata: nel 2015 mia sorella si era ammalata di Linfoma di Hodgkin ed è guarita dopo diversi cicli di chemio e radioterapia, mentre mia mamma, a solo un anno di distanza, si è dovuta sottoporre ad una mastectomia per via di un tumore al seno - spiega - Avendo visto da vicino queste due terribili malattie sono diventata un po’ ipocondriaca e facevo spesso degli esami del sangue. Lo scorso anno mi ero accorta di avere continui mal di testa e dai controlli fatti è risultato che avevo tutti i valori sballati, al che il mio medico si è subito allarmato, mi ha mandata a fare una visita ematologica d’urgenza e nel giro di una settimana mi hanno ricoverata».
Le cure
In questi casi il protocollo prevede 8 cicli di chemioterapia, alternati tra ricoveri e day hospital.
«Da aprile a dicembre facevo dentro e fuori dall’Ospedale Valduce di Como - aggiunge - Tre settimane ricoverata, uscivo, mi riprendevo, day hospital, e così via». Arrivato l’inverno, in teoria Giulia doveva essere ormai guarita, ma purtroppo i valori ancora oscillavano: finita la chemio ed escluso, a causa dell’alto rischio di recidiva, il mantenimento - una terapia farmacologica leggera per tenere la situazione sotto controllo - l’unica possibilità sarebbe stata un trapianto di midollo osseo, diventato realtà il 23 gennaio, presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, dove è ancora in cura con controlli settimanali. «Molti temono sia invasivo donare il midollo, si immaginano delle siringhe nella schiena e per questo non lo fanno, ma se si presenta una compatibilità basta solo una preparazione con delle punture sottocutanee che aiutino i globuli bianchi a crescere e una trasfusione di sangue - spiega - Donare significa salvare una vita».
Ad oggi il suo sistema immunitario è tuttavia debole e deve quindi fare molta attenzione all’alimentazione, usare la mascherina e cercare di non frequentare posti affollati. Per fortuna è a casa, insieme alla sua famiglia e al suo compagno, presenti in quel gioioso giorno della laurea a festeggiare questo grande traguardo.
«Era un impegno che volevo portare a termine e in questo i professori mi sono venuti in contro, permettendomi di sostenere gli esami che mancavano online e discutere la tesi da remoto - continua - Avere questo obiettivo è stato fondamentale, mi ha aiutata a non buttarmi giù e ad avere un pensiero diverso dalla malattia».
L'appello ai coetanei
Le paure sono tante e le conseguenze psicologiche altrettanto, in questo gli affetti hanno un ruolo fondamentale: i rapporti migliorano, perché si riscopre la bellezza dello stare in famiglia e la vicinanza delle persone aiuta ad affrontare tutto questo dolore. Purtroppo negli ultimi anni i casi di malattie gravi nei giovani stanno aumentando:
«Ai miei coetanei mi rivolgo per dire che bisogna continuare a combattere senza mai mollare, perché la testa in questi percorsi di guarigione fa tanto: bisogna sforzarsi di pensare che ce la possiamo fare, senza abbandonare i propri sogni e occupando la mente con cose positive - conclude Giulia - La malattia mi ha cambiata, perché quando ti scontri con la morte capisci quanto sia importante la vita e quanto nella nostra quotidianità spesso ci troviamo a ingigantire i problemi, dimenticandoci dell’importanza delle piccole cose: la bellezza di un tramonto, respirare l’aria fresca, fare una passeggiata al lago, ma soprattutto la libertà, tutte cose che per settimane intere non potevo sperimentare chiusa in ospedale. E’ questo che vorrei trasmettere ai miei ragazzi in comunità, insegnandogli che per quanto siano state traumatiche le vicende che hanno vissuto, da un lato sono fortunati, perché hanno pur sempre la salute: per questo motivo non vedo l’ora di tornare al lavoro, penso che ciò che ho passato mi aiuterà ad essere ancora più empatica e sensibile».