Corruzione, frode e riciclaggio: sequestrati beni per 14,7 milioni di euro
Perquisizioni nelle province di Milano, Como, Varese, Bergamo, Perugia, Genova e Torino.
Due professionisti in manette e beni per quasi 15 milioni di euro sotto sequestro. E’ il bilancio dell’operazione “Swift my cash”, portata a termine stamattina, mercoledì 26 maggio 2021, dai militari della Guardia di Finanza di Milano.
“Swift my cash”, maxi sequestro della Gdf
Le Fiamme gialle hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Milano, nei confronti di due professionisti, un fiduciario svizzero e un consulente lombardo, accusati di riciclaggio di oltre 21 milioni di euro di capitali provenienti da frode fiscale, gestiti fiduciariamente in paradisi fiscali su fondi cifrati off-shore, trasferiti attraverso una pluralità di operazioni simulate tra società veicolo statunitensi ed europee con conti correnti radicati tra Austria, Cipro, Inghilterra, Canada, Ungheria, Germania, Slovacchia, Bahamas e Isole Mauritius.
Perquisizioni in varie province
Contestualmente, gli oltre 70 militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano stanno dando esecuzione a oltre 18 perquisizioni nelle province di Milano, Como, Varese, Bergamo, Perugia, Genova e Torino e al decreto di sequestro preventivo, emesso dal medesimo G.I.P., su beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 14,7 milioni di euro. Tra questi ci sono circa 12 milioni di euro quale profitto di condotte di corruzione internazionale e, in parte, dei correlati delitti tributari, nei confronti di una multinazionale milanese operante nel settore della fabbricazione e commercializzazione di valvole industriali; oltre un milione di euro quale profitto delle attività di riciclaggio transnazionale poste in essere dai consulenti tratti in arresto; oltre 1,7 milioni di euro quale profitto di delitti tributari a carico di persone fisiche e imprese che si sono avvalsi dei fraudolenti modelli seriali di evasione fiscale
internazionale messi a disposizione dal fiduciario svizzero e dai suoi sodali.
Le indagini
Le indagini hanno fatto emergere che lo schema criminale realizzato dai professionisti arrestati è risultato strumentale non solo a garantire un indebito risparmio di imposta a numerosi contribuenti nazionali, in favore dei quali i proventi della frode fiscale venivano gestiti fiduciariamente in paradisi fiscali oppure retrocessi in denaro contante, ma anche a creare fondi neri all’estero, oggetto di monetizzazione in contanti per la successiva effettuazione di dazioni corruttive o in alternativa al trasferimento delle somme sui conti elvetici dei destinatari delle tangenti. In particolare, con riferimento alle contestate condotte di corruzione fra privati, in un caso le fatture false (per un importo complessivo di circa 1,6 milioni di euro) annotate in contabilità dalla predetta multinazionale milanese, per presunti servizi di intermediazione e consulenza, sarebbero state monetizzate e consegnate a dirigenti “apicali” della citata società, i quali avrebbero poi provveduto a consegnare somme pari a 740.000 euro al direttore acquisiti di una importante impresa energetica francese attiva nell’estrazione e lavorazione di prodotti petroliferi.
Le dazioni corruttive avrebbero consentito alla multinazionale milanese di aggiudicarsi una importante commessa da oltre 20 milioni di euro con un vantaggio di oltre 11,5 milioni di euro, interamente sequestrati dai finanzieri sui conti correnti della multinazionale italiana.
In un altro episodio, il pagamento della “tangente” di complessivi euro 417.800 sarebbe avvenuto, prevalentemente, ad opera del fiduciario svizzero e di un suo sodale, in parte in contanti e in parte su relazioni bancarie elvetiche intestate a esponenti apicali di una società piemontese operante nel settore ingegneristico.
Tali somme originano dal pagamento di fatture per operazioni inesistenti, per un importo di euro 550.000, da parte di una società milanese la quale, a fronte delle dazioni corruttive veicolate attraverso la fiduciaria elvetica e previo pagamento della commissione del 18% per i riciclatori delle somme, avrebbe ottenuto dalla predetta impresa piemontese commesse per un valore di oltre 20 milioni di euro.
Un’operazione più ampia
L’attività in corso di esecuzione si colloca nell’ambito di una più vasta operazione internazionale svolta in sinergia con la Gendarmeria francese e con la Polizia Cantonale del Ticino che, grazie ad appositi Ordini Europei di Indagine e ad attività di rogatoria internazionale adottati dalla locale Procura della Repubblica, in concomitanza con le attività di polizia giudiziaria in Italia, stanno eseguendo perquisizioni presso la sede di Lugano della fiduciaria che fa capo al principale indagato e presso l’abitazione del medesimo professionista svizzero arrestato per riciclaggio e, per quanto concerne la Francia, perquisizioni presso l’abitazione e l’ufficio del dirigente della multinazionale francese accusato di aver intascato tangenti per oltre 700.000 euro. La cooperazione fra Autorità Giudiziarie e Forze di Polizia, resa possibile anche grazie al Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e al Comando Generale – II Reparto della Guardia di Finanza, ha favorito il rapido sviluppo delle indagini e lo scambio informativo tra gli investigatori, consentendo anche l’attivazione di mirate osservazioni transfrontaliere in territorio elvetico, ai sensi dell’Accordo di Schengen.
Nove indagati in totale
Complessivamente, sono 9 i soggetti indagati, a vario titolo, per il reato di riciclaggio internazionale aggravato dalla finalità di consentire a terzi di commettere condotte di corruzione fra privati, frode fiscale mediante uso di fatture per operazioni inesistenti o più articolate operazioni di interposizione fittizia di veicoli societari creati ad hoc per dirottare in paradisi fiscali redditi altrimenti imponibili in Italia e, infine, corruzione fra privati.
La multinazionale milanese, che grazie alle tangenti pagate dai sui ex dirigenti, avrebbe ottenuto una commessa da 20 milioni di euro, dovrà rispondere ai sensi della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti che prevede l’applicabilità di sanzioni pecuniarie oltre al sequestro del profitto delle condotte corruttive commesse a proprio beneficio e vantaggio.