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Dal 4 maggio non riprendono le messe: la rabbia dei Vescovi

Pronto il rifiuto della Cei ad accettare il no alle funzioni religiose fino al 18 maggio.

Dal 4 maggio non riprendono le messe: la rabbia dei Vescovi
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Nulla da fare per le funzioni religiose. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte nello spiegare la Fase 2 che partirà il 4 maggio nella conferenza stampa di ieri sera, domenica 26 aprile 2020, ha confermato che riprenderanno i funerali ma non le messe aperte al pubblico. Un annuncio del quale non sono stati contenti i Vescovi.

Dal 4 maggio non riprendono le messe

Scontenta di questa decisione la Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, che in un comunicato intitolato “Il disaccordo dei Vescovi” afferma di non poter “vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto”.

Luoghi di culto aperti (evitando assembramenti) ma funzioni religiose sospese fino al 17 maggio con l’unica eccezione delle cerimonie funebri. Queste potranno tenersi con solo i parenti di primo e secondo grado fino a un massimo di 15 persone, con mascherine e metro di distanza e, preferibilmente, all’aperto. E’ quanto stabilisce in “materia religiosa” il nuovo Dpcm varato per la Fase 2. Disposizioni che hanno subito mosso le critiche della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana e portato a un primo dietrofront del Governo già pronto a correggere quando deciso ieri.

“Il disaccordo dei vescovi”

I vescovi esordiscono ricordando l’intervista al Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese del 23 aprile sulle pagine di Avvenire, in cui la numero uno del Viminale anticipava che erano allo studio del Governo “nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”. Parole che avevano aperto una luce di speranza tra i fedeli e i religiosi che già avevano accettato un lungo stop alle funzioni religiose “con sofferenza e senso di responsabilità“.

Nei confronti fra Governo e rappresentanti della Chiesa, si legge che “più volte si è sottolineato in maniera esplicita che nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia, la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.

La chiusura della nota è diretta e lascia poso spazio di mediazione:

“Alla Presidenza e del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana nel rispetto delle misure disposte ma nella pienezza della sua autonomia. I Vescovi italiani non possono accettare di veder compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in quest’emergenza, nasce da una fede che deve potersi riunire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.

Governo pronto a correggersi

Tanto è bastato per portare il Governo alla promessa di un dietrofront. La prima a intervenire è stato il Ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti.

“Non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose. Non ho mai condiviso questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del comitato tecnico scientifico. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese, e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali.

Questa scelta priva i cittadini della libertà di vivere in comunità la dimensione del culto. Avremmo potuto farlo in pieno rispetto delle regole di sicurezza che sono necessarie per evitare la diffusione del contagio. Così come lo facciamo nei luoghi di lavoro e lo faremo nei musei che abbiamo già deciso di riaprire. Da ministra non mancherà la mia voce ferma perché nel Consiglio dei Ministri si consideri di modificare questa decisione. La comunità ecclesiale, in particolare, si sta mettendo al servizio delle famiglie, delle istituzioni, del Paese. Ringraziarla non basta. Va rispettata”.

E sempre in serata dopo la diretta di Conte Palazzo Chigi è intervenuta con una nota, in cui si annuncia che nei prossimi giorni quel divieto ancora non pubblicato in gazzetta Ufficiale sarà “ammorbidito” con un protocollo che “consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”.

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