Dal Valduce il dottor Vannelli (direttore Uoc di Chirurgia) riflette sulla pandemia
"C'è un fenomeno ben più pericoloso, è infodemia".

Una riflessione su quanto sta succedendo in questo 2020. A scrivere è Alberto Vannelli, direttore UOC di Chirurgia Ospedale Valduce e presidente Erone onlus.
Dal Valduce il dottor Vannelli (direttore Uoc di Chirurgia) riflette sulla pandemia
Pubblichiamo integralmente quanto scritto da Vannelli.
"La parola chiave del lessico famigliare è pandemia. In questo periodo mi è stato chiesto più volte di parlarne; non l’ho fatto per evitare quello che a ragion veduta, ritengo un fenomeno ben più veloce e pericoloso, dell’ondata pandemica: l’infodemia; questo ardito neologismo di provenienza anglosassone, descrive la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, con difficoltà a individuare fonti affidabili, così da rendere difficile orientarsi su qualsiasi argomento. Ho sperato che anche altri sposassero questo mio rifiuto, inutilmente; nel finale del celebre film “l’avvocato del diavolo”, il giornalista dopo la risposta del protagonista, alla domanda di rilasciargli un’intervista esclusiva, conclude: “Vanità decisamente il mio peccato preferito”.
Se nella prima parte dell’anno la conseguenza è stata quella di insinuare nel cittadino, un sentimento di paura, questa volta l’effetto è più grave, trascinando la discussione in un dibattito politico. Qualunque pandemia, anche dal punto di vista medico e scientifico, è un problema che riguarda il cittadino in quanto parte comune della società, e non la persona come individuo singolo. Sembra una sottile questione semantica ma non lo è. La storia ci ha insegnato che le malattie contagiose hanno assunto un ruolo significativo solo con la rivoluzione del neolitico, allorquando gli uomini passando da nomadi a sedentari, sostituendo la caccia con l’agricoltura e iniziando ad allevare, si organizzarono in società e creando nuclei di persone che convivono insieme nello stesso spazio, svilupparono le prime forme di modello politico ed economico. Come ricorda Guiomar Huguet Pané in un suo recente articolo: la malattia è parte integrante della storia dell'umanità.
Cosa rende questa pandemia tanto diversa?
Senza che ce ne rendiamo conto, la società moderna ha raggiunto un livello di benessere che non ha paragoni con nessun’altra epoca storica o civiltà; viviamo nell’illusione che la salute sia un diritto sancito dalla costituzione senza alcun impegno da parte del cittadino: il binomio vita-salute non coincide con l’assenza di malattie e con l’obbligo della guarigione, ma questo è il modello che mezzi di informazione, televisione e social, trasmettono.
La nostra società, alle prese con fermenti di protesta sempre più diffusi, resta la destinazione irrinunciabile dell’uomo moderno: la sua appartenenza è fondamentale poiché ogni cittadino compie le prime esperienze proprio al suo interno; questa pandemia si inserisce, mentre il declino dell’international liberal order, l’ordine emerso dalla seconda guerra mondiale, è al centro delle nostre preoccupazioni. L’incredibile benessere a cui siamo abituati, è frutto di un continuo progresso: l’introduzione degli antibiotici, le campagne di vaccinazioni e l’acqua potabile sono solo alcuni degli esempi più trascurati; abbiamo una sovrapproduzione alimentare tale, da permetterci il lusso di una dieta vegana. Quest’esperienza dimostra che se la salute è un diritto inviolabile, è anche un dovere instabile: mai come oggi le parole di Schopenhauer ci rivelano la fragilità della nostra condizione: “un uomo può fare ciò che vuole, ma non può avere tutto ciò che vuole”. Lo tsunami che ha scardinato in pochi mesi il nostro modello economico, ci deve insegnare che siamo vissuti al di sopra delle nostre risorse economicamente sostenibili, ma anche che siamo vissuti molto al di sotto delle nostre possibilità umane.
Alessandro Petrosa e Lucilio Santoni in uno scritto di qualche anno fa, ci esortavano: “stiamo perdendo la capacità di sognare eppure l’Italia è costellata di straordinarie esperienze di cambiamento”. Con questa rinnovata consapevolezza dobbiamo imparare a ripensare il nostro futuro perché come insegna Galileo Galilei: “dietro ogni problema c'è un'opportunità".