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Dossier Nevediversa: in provincia di Como quattro impianti sciistici abbandonati

Legambiente: "Proteggere la montagna dagli appetiti speculativi che inevitabilmente vengono generati dai grandi eventi".

Dossier Nevediversa: in provincia di Como quattro impianti sciistici abbandonati
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Il comparto sciistico sta vivendo una crisi senza precedenti a causa del Covid19, così come tanti altri comparti che afferiscono al settore turistico. Un quadro certamente da tenere in considerazione quando si parla dello stato dell’arte del turismo invernale, nel quale si inserisce il dossier Nevediversa 2021, redatto da Legambiente che annualmente ha l’obiettivo di illustrare le condizioni di impianti da sci dismessi o abbandonati e analizzare gli ingenti costi ambientali ed economici per sostentare il comparto sciistico con innevamento artificiale laddove gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili nell’assenza di precipitazioni nevose.

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Dossier Nevediversa: in provincia di Como quattro impianti sciistici abbandonati

In Lombardia si contano ad oggi 669 km di piste per lo sci alpino e 33 comprensori serviti da 214 impianti di risalita. Sono 21 gli impianti che risultano dismessi, per assenza cronica di neve, fallimenti, crisi economica, fine “vita tecnica” delle strutture poi non rinnovate, due in provincia di Lecco. “Queste installazioni spesso lasciano sul territorio ruderi delle stazioni di partenza e arrivo, piloni in cemento armato abbandonati, cavi in acciaio non rimossi, come nel caso dello skilift sul Monte Poieto, nel Comune di Selvino – Aviatico (BG), dismesso addirittura negli anni ’60, la seggiovia sul Monte Arera nel Comune di Oltre Il Colle – Zambia Alta (BG), lo skilift sul Monte San Primo nel Comune di Bellagio (CO), la funivia sui Monti Greggio e Sighignola nel Comune di Alta Valle Intelvi (CO), lo skilift sul Monte Tesoro nel Comune di Carenno (LC), lo skilift sull’Alpe Paglio nel Comune di Casargo (LC), la teleferica in località Entova – Scerscen nel Comune di Chiesa Valmalenco (SO), gli edifici del villaggio turistico di Plan di Montecampione e del Villaggio di Preottone nel Comune di Artogne e Pian Camune (BS)” spiegano da Legambiente.

A Bellagio gli impianti del piccolo comprensorio di cui faceva parte lo skilift sono stati chiusi nel 2007 per un contenzioso, riaperti nel 2021 però al contempo è stata decisa la chiusura definitiva. Rimangono i ruderi del posto di arrio e i piloni.

Impianto località Monte Crocione, a Casasco. Dalla seconda metà degli anni 80, calo di presenze e sempre minori nevicate. Nel 2000 vennero chiusi, nel 2005 in parte smantellati.

Impianto località Pian del Tivano, a Sormano. Quota poco elevata ed esposizione sfavorevole, questi i motivi che hanno portato alla chiusura.

Impianto Monte Greggio/Monte Sighignola, Alta Valle Intelvi. Dimesso l'impianto a fune nelle sua parte a valle. Presente la vecchia stazione di partenza, con piloni ancora presenti. Sul terreno sono rimasti cavi in acciaio, anche su tracciati di mulatteria.

Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia

"Queste situazioni devono essere di forte monito a quello che potrebbe essere il destino degli impianti che verranno realizzati per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina Ci chiediamo cosa potrà accadere sul territorio una volta passata l’euforia dei Giochi: se le condizioni climatiche ed economiche non dovessero consentire il rilancio tanto atteso, avremo altre cattedrali nel deserto? Per evitare di trovarci in situazioni già viste, come nei mondiali 2005 in Valtellina o nelle Olimpiadi di Torino del 2006, ci aspettiamo una forte vigilanza su progetti e conti economici, per proteggere le aree montane dagli appetiti speculativi che inevitabilmente vengono generati dai grandi eventi".

L’Europa oggi chiede agli Stati membri di sostenere nei territori una ripresa “verde” in grado di arginare i cambiamenti climatici e costruire nuovi posti di lavoro. Il Green Deal impone di affrontare il sistema montagna nella sua globalità e nelle sue potenzialità, non come un’appendice residuale della città, della quale ci si ricorda solo perché non si può andare a sciare. Proprio in questo particolare periodo storico la montagna, per le caratteristiche che le sono proprie, che consentono una fruizione all’aria aperta e il distanziamento sociale, può diventare uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità, dove iniziare con uno spostamento degli investimenti tradizionali dallo sci alpino verso attività alternative.

Lorenzo Baio, vicedirettore di Legambiente Lombardia

"La rincorsa alla montagna dell’era Covid ha messo in luce il problema della mobilità, con piccole aree un tempo marginali, prese d’assalto con parcheggi selvaggi e una frequentazione irresponsabile dei territori, basti pensare al massiccio ricorso alle motoslitte per ovviare all’assenza al non funzionamento degli impianti di risalita, on inevitabili conseguenze in termini di inquinamento acustico e dell’aria. È necessario ripensare la frequentazione di questi ecosistemi, delicati e spesso fortemente compromessi dall’attività umana, anche e soprattutto a seguito di una pandemia che sta spingendo a modificare il nostro approccio ai luoghi".

Turismo soft e più sostenibile

Il dossier Nevediversa ha anche il compito di raccontare storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile. Perché la montagna non è solo industria della neve e sono molteplici le attività che vanno oltre lo sci da discesa: dai rifugi, agli agriturismi, dalle guide alpine ed escursionistiche, agli artigiani, ai produttori locali. Nel rapporto 2021 si leggono le esperienze positive dell’albergo diffuso di Ornica, in provincia di Bergamo, gestito dalla cooperativa Donne di Montagna o il percorso didattico “Inverno sostenibile” promosso dal Parco delle Orobie Valtellinesi a Morbegno. Operatori che in questa stagione stanno perdendo la gran parte dei visitatori a causa delle restrizioni per il perdurare dell’emergenza sanitaria e che vanno sostenute perché non scompaiano.

"Il turismo dello sci rappresenta un settore economico essenziale per molti centri montani – conclude Lorenzo Baio -. Ma l’offerta turistica invernale in Italia, come mostra il dossier è spinta da sussidi e iniezioni di capitali speculativi, che non tengono conto di vincoli ambientali e paesaggistici, delle aree protette, e che non riescono ad andare ‘oltre lo sci’, valorizzando i paesaggi, le risorse culturali, naturalistiche, gastronomiche che rendono inimitabile ogni località alpina. Noi vediamo però molte iniziative interessanti che andrebbero accompagnate. Ci vuole solo una volontà diversa".

 

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