I dati che preoccupano

Frane e smottamenti: l’86,8% dei comuni comaschi è a rischio

Una realtà ben nota: basti pensare a quanto successo solo negli ultimi due giorni con due frane sulla Sp 62 e la pioggia di massi sulla sp 64.

Frane e smottamenti: l’86,8% dei comuni comaschi è a rischio
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Le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua si abbattono su un territorio reso fragile dalla cementificazione e dall’abbandono con più di nove comuni su dieci a rischio per frane o alluvioni. Nelle due province lariane, in particolare, i comuni con potenziale rischio idrogeologico medio alto sono oltre l’84% del totale (in dettaglio, l’84,8% nel Comasco e l’86,4% nel Lecchese). E’ quanto afferma la Coldiretti interprovinciale in riferimento agli ultimi fenomeni di dissesto idrogeologico che si sono verificati sul territorio. Una realtà ben nota: basti pensare a quanto successo solo negli ultimi due giorni con due frane sulla Sp 62 e la pioggia di massi sulla sp 64.

Frane e smottamenti: l’86,8% dei comuni comaschi è a rischio

"L’agricoltura è a presidio del territorio, ma poco si può fare contro cambiamenti climatici di portata gigantesca, che interessano tutto il pianeta e si fanno ancor più incisivi nelle aree montane e alpine delle nostre province, dove l’equilibrio è ancor più delicato – spiega Fortunato Trezzi, presidente Coldiretti Como Lecco –  Certamente è necessario incentivare l’attività agricola che, anzi, è minacciata in primis dalle conseguenze di un clima impazzito".

Sono saliti a 7275 i comuni – sottolinea la Coldiretti – con parte del territorio in pericolo di dissesto idrogeologico in Italia. Il risultato è che – continua la Coldiretti – sono 7 milioni gli italiani che vivono in aree a rischio frane, alluvioni ed esondazioni di fiumi in una situazione di incertezza determinata dall’andamento meteorologico che condiziona la vita e il lavoro. A questa situazione non è certamente estraneo il fatto che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire oltre ¼ della terra coltivata (-28%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari.  Per questo – continua la Coldiretti provinciale – l’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne.

Servono interventi

“Guardiamo al Recovery fund come a un’opportunità per intervenire e realizzare una grande rete di bacini di accumulo capace di garantire una costante disponibilità di acqua per l’agricoltura e la produzione di energia rinnovabile. Un esempio è il progetto che Coldiretti ha condiviso con Anbi, Terna, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti per la messa in cantiere di una rete diffusa di invasi per consentire una regimazione delle acque che garantirà una riduzione dei danni causati dagli eventuali eccessi di ruscellamento, fornendo inoltre un contributo per l’approvvigionamento idrico per gli interventi antincendio e sostenendo inoltre la produzione di energie rinnovabili da fonte idrica”.

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