La protesta

Il corteo funebre dei ristoratori blocca la Valassina

Oltre venti chilometri di coda per le 300 auto listate a lutto dirette al Palazzo della Regione.

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Il corteo funebre dei ristoratori che dalla Brianza ha raggiunto Milano è passato dalla Valassina questa mattina, giovedì 21 gennaio 2021. Una lunga colonna di auto che a passo d’uomo e con le macchina listate a lutto ha voluto manifestare per la situazione di crisi del settore dovuto alla pandemia. In questo momento il corteo, scortato dalla Polizia, sta entrando a Milano diretto verso il Palazzo della Regione. Impossibile dire di preciso quanti abbiano aderito tra imprenditori, cuochi, camerieri, baristi e ristoratori, ma di sicuro erano oltre 300 coloro che hanno “bloccato” la Valassina, con oltre venti chilometri di coda. Tra loro, a protestare, ci sono anche diversi comaschi.

La protesta

I manifestanti ora intendono far valere le loro istanze al Palazzo della Regione dove chiedono di essere ascoltati. La protesta ha anche una pagina Facebook “La Brianza che non molla” evocativa della disperazione del settore e della volontà di lavorare, tipica della nostra terra. Una terra colpita duramente dal Covid. Per questo i ristoratori hanno organizzato  un funerale, simbolico, che rappresenta la morte delle loro imprese. E lo hanno fatto creando anche un manifesto funebre per i “Ristoranti italiani” mancati all’affetto dei loro cari. “A darne il triste annuncio, imprenditori, cuochi, camerieri, lavapiatti, baristi, fornitori, musicisti, clienti e amici”.

Funerale dei ristoratori

Il corteo funebre è stato organizzato in automobile proprio per evitare assembramenti. Una provocazione forte. "Siamo in Lombardia, precisamente in Brianza, nella patria del lavorare e del fanaiman, siamo ristoratori, gestori di bar, pub, discoteche e sale da ballo, camerieri, cuochi, pizzaioli e baristi, ambulanti, organizzatori di eventi e operatori di street food, stanchi da come è gestita questa situazione”, spiegano i promotori.

Le motivazioni dei promotori

Situazioni molto simili quelli che stanno vivendo coloro che fanno parte dei settori più colpiti dalla pandemia. “Molti di noi sono in difficoltà, tantissimi non riapriranno mai più, il tutto comporterà perdita di posti di  lavoro con una conseguente crescita della disoccupazione. La situazione è arrivata ad un punto veramente cruciale: siamo in questa situazione da marzo, così non possiamo e non vogliamo andare avanti – le motivazioni che hanno portato al provocatorio funerale – Siamo esausti da questa situazione di “apri e chiudi” settimanale, di zona gialla, arancione e rossa! Le nostre attività hanno bisogno di pianificazione e programmazione, non possiamo permetterci di aprire in modo saltuario. Siamo stanchi di essere catalogati come untori. Ora siamo chiusi dal 26 ottobre e i contagi ci dite che continuano a salire, ma anche se cosi fosse non sarà sicuramente dovuto alla nostra categoria”. Per questo i ristoratori chiedono risposte sui ristori (a loro dire insufficienti), sulle spese fisse che ci sono sempre come  affitti e utenze, su cassa integrazione per i dipendenti e i proprietari ma soprattutto su una riapertura in sicurezza. Perché questo è il vero e grande scopo.

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